Malinconia. Se dovessi cercare una sola parola per descrivere il nuovo lavoro dei Fast Animals and Slow Kids userei questa: Alaska è quasi il seguito necessario di quello che era stato il precedente “Hybris”, e potremmo pensare che con questo nuovo lavoro abbiano voluto precisare ed esternare il messaggio dell’ album precedente dal titolo così enigmatico e polivalente.
Overture, questo è il titolo della canzone d’ introduzione che ci permette di addentrarci in quella che si potrebbe definire una selva dantesca, pervasa da suoni che vanno dal ronzio lontano al grido di fiere che si avvicinano minacciose, un composto di batteria, archi e pianoforte.
Scusa è la prima parola del disco, anzi “Scusa, mi lascio andare un po’ ora, dopo ritornerò” e lascia intuire tutto il programma.
Purtroppo non sono amante del genere e ogni volta che sento una canzone andare oltre al mio limite di tristezza la paragono immancabilmente a Vasco Brondi, che sulla tristezza ci ha creato un impero.
Ma a parte questo, che è un parere mio personale, trovo la mescolanza tra tutti gli strumenti musicali impeccabile, alternando momenti di quiete e tranquillità ad altri di suono vivo, pericolo, tensione e overdrive a palla.
Lascia presagire un ottimo prodotto questa canzone, il quartetto perugino se l’ è giocata molto bene la scelta della intro, le cui parole metterebbero i brividi a chiunque: il tema dell’ abbandono del vecchio in favore del nuovo, della scoperta, dello sbaglio e del rischio che fanno da cornice a tutto il disco.
Dopo questa doccia fredda, anzi ghiacciata, questo rispolvero delle emozioni più recondite della nostra persona nella seconda traccia Il Mare Davanti, che fa da trampolino alle altre, entra in gioco la disperazione, l’ “Aiuto”: Aimone esprime perfettamente la solitudine caratteristica del tempo moderno e dei nostri anni, soprattutto in un Italia come quella odierna; Aimone non ha più speranza.
Questo viene esorcizzato nella terza traccia, Come Reagire al Presente, dove a mio parere assistiamo ad una danza, voglio immaginarmela così, tra basso e chitarra elettrica, un’ alternanza tra una donna e un uomo che si amano. Il tema ormai è inquadrato.
Nella seconda metà del disco assistiamo ad un’ esplosione di emozione in senso inverso, un cambio di tendenza: “non avrò più paura”, questo è l’ imperativo della sesta traccia Calci in faccia che apre alla mia preferita, la settima, Con chi credi di parlare, nella quale tutto il malessere iniziale viene sublimato attraverso la musica.
Abbiamo attuato una introspezione che ci ha condotti ad una consapevolezza di noi stessi in una chiave completamente antitetica rispetto a quella che si percepiva nelle prime cinque tracce. Odio suonare è un intermezzo comico, ci fa staccare la mente un secondo soltanto da quello che abbiamo provato precedentemente.
Giungiamo alla fine del nostro viaggio, mancano due fermate: Il Vincente, titolo della nona traccia, è colui che vince nel gioco a premi della vita.
Torniamo all’ atmosfera precedente, per concludere, un pensiero, una riflessione che ha massima espressione nel Gran Finale, una disperata richiesta d’ aiuto, verso la famiglia, una preghiera perché arrivi una nuova alba, ma in Alaska non troveremo mai questa tanto desiderata alba, tra il freddo e il gelo.
Noi siamo persone in carne, ossa e sentimenti. Il silenzio ci aiuta a trovare noi stessi, l’ Alaska ci aiuta trovare noi stessi perché ci spegne come sigarette. Noi fuggiamo dall’ Alaska.
Tracklist:
1. Ouverture
2. Il mare davanti
3. Come reagire al presente
4. Coperta
5. Te lo prometto
6. Calci in faccia
7. Con chi pensi di parlare
8. Odio suonare
9. Il vincente
10. Grand Final
Line-up:
Aimone Romizi – chitarra, voce, percussioni
Alessandro Guercini – chitarra
Jacopo Gigliotti – basso
Alessio Mingoli – batteria