iye-logo-light-1-250x250
Webzine dal 1999

Recensione : FASTBACKS – FOR WHAT REASON

Mentre la comunità musicale si affanna da giorni a dibattere, sui social network, della reunion degli Oasis (un segreto di Pulcinella durato quindici anni, e comunque ogni commento sui fratelli Gallagher sarebbe superfluo, basta solo citare la definizione che il compianto Nikki Sudden diede di loro: “Thick Mancs who somehow struck luck“) e del nuovo album di Nick Cave (che, tra partecipazioni a imbrillantinate passerelle glamour per l’incoronazione del re in UK e la voglia di fare concerti in Stati guerrafondai e genocidi che andrebbero boicottati, trova anche il tempo per registrare nuova, discutibile, musica) quasi nessuno ha dato risalto e importanza a un graditissimo ritorno sulle scene passato totalmente in sordina: quello dei Fastbacks.

Veterani della scena rock ‘n’ roll di Seattle, da sempre fautori di un punk rock imbevuto di melodie e fragranze pop, adorati da Kurt Cobain e tra i veri precursori e prime mover (insieme a U-Men, Skin Yard/Jack Endino, Young Fresh Fellows, i primi Soundgarden, i Malfunkshun, i Melvins dalla vicina Aberdeen, i Girl Trouble di Tacoma, gli Screaming Trees da Ellensburg, i Beat Happening e la lezione della K Records di Olympia, i TAD e i Green River, dalla cui dissoluzione nacquero i Mudhoney) del “Seattle sound” che sarebbe poi esploso a livello globale agli inizi dei Nineties col boom commerciale di Nirvana, Pearl Jam, Alice in Chains e Soundgarden, e che sarebbe stato etichettato dal mainstream come “grunge”. Un percorso che, tra scioglimenti e reunion, va avanti da lontano 1979, anno in cui furono fondati, tra i banchi della high school, dal chitarrista/songwriter Kurt Bloch insieme a Kim Warnick (basso e voce) e Lulu Gargiulo (chitarra e voce) e tantissimi batteristi provati per un breve periodo (tra questi ci sono stati anche Dan Peters dei Mudhoney, Tad Hutchison dei Young Fresh Fellows e un Duff McKagan pre-Guns ‘n’ Roses) con Mike Musburger a essere il membro più costante presente dietro le pelli.

Quest’anno i nostri si sono riuniti per registrare e pubblicare il loro settimo lavoro sulla lunga distanza, “For WHAT reason!“, uscito il 28 agosto sulla label di Olympia (WA) No Threes Records, e arrivato a ben venticinque anni di distanza dall’ultimo studio album “The day that didn’t exist“. Registrato da Joe Reineke e prodotto dallo stesso Bloch, il long playing è composto da undici brani fun, loud and proud, caratterizzati da riff energici e armonie catchy, tra l’esuberanza ramonesiana di “The end of the day“, “Come on“, “Nothing to do” e “A new boredom“, la cover dei Seekers/Tom Springfield “I’ll never find another you“, il power pop rinforzato di “So you now“, “In my own way” e “Distant past“, la gioiosa esuberanza di “A quiet night” e “The answer is in gray” e la conclusiva e sorprendentemente lunga e articolata “The world inside“.

Nessun featuring con altri musicisti ospiti famosi e nessun cambio di direzione musicale“, tengono a farci sapere i Fastbacks: del resto, perché farlo quando, dopo quattro decenni, si divertono ancora a suonare la propria musica, a dispetto del tempo che passa (e che li rende inesorabilmente “boomer”, ma anche una tra le pochissime formazioni R’N’R seattleite a essere sopravvissute al ciclone mediatico del “grunge”, pur non essendo mai state parte integrante del carrozzone modaiolo e gossipparo del “movimento”) e il pubblico li apprezza come sempre? La “reason” del titolo, fondamentalmente, sta tutta lì, e “For WHAT reason!” è un disco che rallegra l’anima e ci fa sentire eternamente giovani. It’s good to have you back (and fast)!

Get The Latest Updates

Subscribe To Our Weekly Newsletter

No spam, notifications only about new products, updates.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE

The Dictators – s/t

The Dictators: col loro proto-punk del debut album “Go girl crazy!” e dischi come “Manifest destiny” e “Bloodbrothers”, e capeggiati dal frontman Handsome Dick Manitoba, sono stati tra le band che, nella prima metà dei Seventies, hanno inaugurato (e anche chiuso, trent’anni più tardi)

INTERVISTA A MASSIMO DEL POZZO

Ci sono persone che, in un mondo ideale, andrebbero tutelate come patrimoni dell’Unesco perché, con la loro decennale opera meritoria ed encomiabile – in Italia

RIMANI IN CONTATTO

CANALE TELEGRAM
GRUPPO WHATSUP