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Fenster: Un grazie gigante va a Davide Cedolin che, facendo da traduttore/interprete per tutta la durata dell'intervista, ha perm...

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Un grazie gigante va a Davide Cedolin che, facendo da traduttore/interprete per tutta la durata dell’intervista, ha permesso a una vecchia ciabatta come me (negata per le lingue) di poter comunicare con i Fenster (nello specifico con Jonathan, Lucas e JJ).

IYE Già con la prima domanda parto con le cose complicate: ascoltando i dischi e vedendovi suonare, ho notato che le vostre canzoni si basano su un fragile (ma essenziale) equilibrio, per cui non c’è tanto uno strumento che guida gli altri, ma un combinare le parti in modo tale da dare vita e struttura all’insieme stesso. Come nascono i vostri pezzi?

Jonathan: Di solito siamo io e JJ a portare le melodie su cui lavorare. Funziona che, partendo dalle idee portate, ci si concentri tutti assieme su come svilupparle, costruendo pian piano tutte le varie parti della canzone. E’ un po’ come progettare una casa: sai qual’è il tetto e come sarà alla fine, ma non hai ancora tutta l’impalcatura sottostante. Pian piano costruiamo quello che manca, fino a dare una forma ben definita al tutto. Insomma, abbiamo le melodie iniziali su cui lavorare e un’idea di suono verso cui tendere, tutto ciò che sta nel mezzo è il provare a suonare e a costruire qualcosa.

IYE Ascoltando il vostro secondo disco ho notato che, rispetto al precedente, c’è una maggior cura per quanto riguarda gli arrangiamenti e il rendere meno essenziali e scheletrici i vari pezzi. E’ cambiato qualcosa nel vostro modo di suonare? Come è cambiato il vostro modo di suonarli dal vivo?

Jonathan : Per il primo disco componevamo in maniera molto separata (io e JJ abitavamo entrambi a Berlino, ma in zone diverse e, quindi, era raro vedersi per suonare effettivamente insieme). Per il secondo lavoro, invece, grazie anche all’aver girato in tour insieme e all’aver passato molto tempo fra di noi, i pezzi sono nati più con la mentalità “da band”, nel senso che ora ha grande importanza anche il contributo diretto ed immediato degli altri membri. Proviamo molto di più assieme. Potremmo dire che se prima portavamo idee grosse su cui c’era poi poco da lavorarci sopra, ora invece è il contrario, partiamo da idee piccole e poi cerchiamo di svilupparle il più possibile suonando tra di noi. Potremmo dire che la direzione verso cui tendiamo è quella del rendere sempre più strutturate le canzoni, quella dell’avere più una visione collettiva e “da band”. Per quanto riguarda il live, credo che ciò emerga anche in quella situazione. Una volta forse eravamo più rigidi e schematici, ora molto più sciolti, interscambiabili e alla ricerca di un suono d’insieme.

IYE Come sta andando il tour? Cosa farete dopo? Come mai siete finiti sotto Morr Music?

Jonathan :Il tour sta andando piuttosto bene. Dall’uscita del disco ad ora siamo riusciti a fare un paio di date negli Stati Uniti e un buon tour qui in Europa (che finirà fra alcune settimane). Poi nell’Estate abbiamo in progetto di cominciare a lavorare su nuovi brani e, quindi, sul nuovo disco. Per quanto riguarda Morr Music, c’è da dire che, dopo un passato incentrato prevalentemente sull’elettronica e un periodo, diciamo, di latenza, l’etichetta ha deciso di provare ad esplorare nuove sonorità e nuove possibilità. Noi rientriamo in questa nuova fase della sua storia. Ci troviamo molto bene con il loro modo di lavorare e condividiamo molte delle loro idee. Anche il nostro prossimo disco uscirà per Morr.

IYE A questo punto mi è venuta la curiosità: come sarà il prossimo lavoro?

Jonathan : Onestamente non saprei dirti come sarà e cosa conterrà il terzo disco. Di certo c’è che sono convinto che sarà diverso dai precedenti. Abbiamo delle idee, ma non sappiamo ancora come le elaboreremo e a cosa porteranno. Per noi fare dischi vuol dire, per prima cosa, bloccare quel determinato attimo, come se volessimo fotografare un determinato periodo.

IYE Sempre legato al vostro modo di scrivere canzoni, mi viene spontaneo chiedere quali siano le vostre influenze musicali e a quale suono vi sentite più vicini?

Jonathan: In realtà non ci sentiamo vicini a nessun suono in particolare. Le nostre canzoni, per come la penso io, rispecchiano tutte le nostre influenze passate (da quando a quattordici anni ascoltavamo punk rock ad adesso che magari ci dedichiamo a cose più ricercate e particolari). Io personalmente, al momento, sono decisamente affascinato dai Fleetwood Mac, ma non mi sento di dire che il mio modo di suonare rispecchi le loro sonorità. A volte mi capita che, suonando, mi accorga che in quello che faccio c’è un qualcosa che ricorda altro, ma è una cosa che avviene in modo naturale e inconscia, non di certo voluta.

IYE Per quanto riguarda i testi, invece, mi affascina molto il vostro modo di giocare con il tema della morte. Il vostro accostare un tema così grosso e profondo a melodie spesso così solari e leggere.

Jonathan: Il tema della morte è un argomento che ci affascina molto. Siamo sempre stati molto colpiti dal fatto che improvvisamente tutte le cose finiranno. Ci piace affrontarla con serietà e ironia allo stesso tempo. E’ un modo per sdrammatizzare un qualcosa di decisamente forte e complicato.

Lucas: Per noi è anche una sorta di paradosso. La morte è dolorosa, ma dipende dal punto di vista. Se si sta vivendo, ovviamente rappresenterà l’inevitabile fine di un qualcosa, ma se si è già morti, la si vivrà come un qualcosa di neutro, come un evento che accade e che fa parte di un disegno ben più grande. Ci viene naturale parlare della morte perché è sicuramente uno dei grandi temi dell’umanità. E’ un qualcosa che tocca tutti (potremmo definirla come “molto democratica”) e che, di per sé non ha un valore preciso. Sta alle persone vedere come affrontarla e quale significato darle. Noi siamo convinti che sia importante affrontarla con positività: è un evento che porta con sé del dolore, ma che aiuta a crescere.

IYE Ultima domanda, chi scrive i testi?

JJ: Sono io che scrivo la maggior parte dei testi. Di solito poi c’è la partecipazione di Jonathan.

Jonathan: Si, è lei che si occupa maggiormente della parte di scrittura. Diciamo che il mio contributo, quasi sempre, è legato più che altro al riadattare i suoi contenuti alla canzone su cui vogliamo inserirli. Spesso scrive cose fighissime, ma bisogna sempre trovare il modo di incastrarle all’interno delle canzoni che stiamo sviluppando. Diciamo che mi occupo più della parte tecnica.

 

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