A ormai trentuno anni dalla sua uscita, l’iconica copertina di “Nevermind” dei Nirvana ha un valore simbolico ancora più forte rispetto a quando fu pubblicata, per la prima volta, il 24 settembre 1991. Quella che poteva/può sembrare una foto innocente di un bambino sott’acqua in una piscina (idea venuta in mente a Kurt Cobain guardando un documentario sui parti in acqua) è in realtà una critica sferzante al sistema capitalista e alla civiltà consumistica americana, rappresentata dall’amo con la banconota da un dollaro aggiunta alla foto del bambino, che nella cover dell’album sembra agitarsi per afferrare il denaro (gesto profetico, viste le ultime vicende dell’ex bimbo, ormai adulto, che per racimolare soldi ha pensato di intentare, senza successo, causa ai restanti ex membri ed entourage della band, fuori tempo massimo, per “uso improprio di immagini di minorenni senza consenso”. Quella denuncia assume ancora maggiore rilievo oggi, nell’era moderna multimediale, nella quale, almeno a livello di mainstream, questo aspetto fondamentale di accusa al sistema consumistico di industria dello spettacolo è completamente assente negli artisti e nelle band odierne, e la musica è stata ridotta a essere arte performativa e industria dell’intrattenimento, col solo scopo di ottenere i maggiori profitti possibili. Cobain non ragionava in questo modo, combattè anche contro il parere negativo della casa discografica dei Nirvana (contraria alla modifica dell’immagine) perché la copertina di “Nevermind” era animata da uno spirito critico di grida contro l’immondizia morale della società dei consumi (che Kurt rifiutava profondamente) che era un carburante essenziale della sua arte. Un ultimo, disperato tentativo di tenere in vita lo spirito artistico originario rivoluzionario che ha animato il rock ‘n’ roll per quattro decadi, quella volontà di rompere gli schemi e cambiare il mondo attraverso una musica esuberante e testi socialmente impegnati.
Kurt Cobain è stato, probabilmente, una delle ultime autentiche voci controcorrente del rock ‘n’ roll a livello mondiale, prima che il rock ‘n’ roll, dopo quel 1991 in cui “punk broke“, smettesse di essere il principale motore sonoro che infuocava il ribellismo giovanile contro lo status quo e venisse ridotto dal sistema capitalistico totalizzante delle multinazionali (discografiche e non) a essere come un cagnolino assolutamente innocuo, addomesticato dal Potere e indottrinato dal “libero mercato” a pensare soltanto alla logica del fare più soldi possibili, alla prospettiva del guadagno facile, con migliaia di band-fotocopia sfornate a tavolino dagli uffici marketing delle major e dai talent show come prodotti per il consumo di massa, senza coscienza sociale né alcuno spirito di protesta, fosse anche il fomentare forme di rivolta adolescenziale estemporanea. Nulla. Il consumismo spersonalizza l’essere umano e lo riduce a essere un oggetto, una bestia senza ragione, una macchina capace solo di generare denaro, venerare il denaro come unica divinità, produrre e consumare merci finché non tira le cuoia, ed è a questo scenario di morte artistico-emotiva che Cobain intendeva ribellarsi, squarciando il velo di dissenso dalla merda che circonda la società e tentare di far risvegliare dal torpore tante menti dormienti tramite l’iconica immagine dell’incosciente bambino di “Nevermind”, rifiutare il tipo di vita soffocante che gli viene proposto dal sistema capitalistico, lo sprecare tutta l’esistenza per inseguire quei dollari attaccati a quell’amo.
Cobain ha provato a urlare il suo disgusto dopo aver scalato la montagna del “successo”, involontario e inaspettato, arrivato dopo l’uscita di questo album e, una volta arrivato in cima, ha detto al mondo intero che gli faceva schifo ciò che aveva conquistato con la sua musica, e che la fama mondiale, le mode effimere, il gossip, il vendere milioni di copie e i dischi di platino non fanno la felicità e non erano lo scopo della sua vita, così qualche anno più tardi ha deciso di uscire di scena definitivamente. Certo, tutto ciò che è venuto dopo a pubblicazione di questo disco spartiacque ha abbattuto molte barriere, ha segnato per sempre la fine dell’innocenza dell’underground delle sottoculture rock, la fine della verginità dell’indie rock americano e mondiale, che si ritrovò a vendere improvvisamente vagonate di dischi e ad avere i videoclip dei suoi gruppi in heavy rotation continua sul totem benefico/tossico MTV, a seguito dell’onda lunga generata da quel 24 settembre 1991. Inutile e superfluo analizzare il disco in sé, è già stato scritto di tutto e di più, milioni di recensioni, tutti ne conoscono i brani e quasi tutti, almeno una volta nella vita, avranno ascoltato il riff o il ritornello di “Smells Like Teen Spirit” o “Come As You Are“, con tutto il carico dinamitardo di teenage angst e tutto ciò che hanno rappresentato per milioni di giovani, almeno quelli non plagiati dalla moda mainstream del momento. Ho voluto dare un taglio insolito alla narrazione di questo avvenimento, a suo modo, epocale. Ma questo Lp, per chi scrive, è stato e resterà sempre un pezzo di cuore, ascoltato per la prima volta a 14 anni, agli albori di internet (che ai tempi, e parliamo di fine anni Novanta/inizio nuovo Millennio, era una entità lenta e costosissima che sbucava fuori da una caffettiera virtuale chiamata personal computer fisso, niente a che vedere con l’ultravelocità e ultratutto mobile di oggi) ed è stato come scoprire il sesso, con quella svolta rivoluzionaria adolescenziale che, col passare del tempo, si era trasformata in consapevolezza che questo 33 giri sia servito da ariete per scardinare l’influenza deleteria dell’immondizia eurodance ascoltata dai miei coetanei e fare luce su un nuovo mondo di conoscenze sonore goduriose ed estranee alla massa. E anche solo per questo dono, ringrazierò sempre Kurt, Krist e Dave.
1 Comment
leandro
Posted at 11:41h, 20 OttobreArticolo interessante che mi colpisce al cuore perché sono stato un grande fan dei Nirvana. Però l’articolo contiene troppa nostalgia dei bei tempi andati e questo è sempre un rischio perché quando la nostalgia colpisce offusca gli occhi e rischia di farci dimenticare la legge di Douglas Adamshttps://www.douglasadams.com/dna/19990901-00-a.html che pur essendo stata scritta per internet vale tanto anche per il resto:
1) everything that’s already in the world when you’re born is just normal;
2) anything that gets invented between then and before you turn thirty is incredibly exciting and creative and with any luck you can make a career out of it;
3) anything that gets invented after you’re thirty is against the natural order of things and the beginning of the end of civilisation as we know it until it’s been around for about ten years when it gradually turns out to be alright really.