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Recensione : Franz Krauspenhaar – Grandi Momenti

Krauspenhaar è scrittore ipocondriaco, viscerale, sentimentale, malinconico, demolitore. Ti acchiappa per i capelli e ti porta nel suo mondo, nella sua scrittura asciutta ma ben carica. E non è carica a salve, tutt’altro…

Krauspenhaar è scrittore ipocondriaco, viscerale, sentimentale, malinconico, demolitore. Ti acchiappa per i capelli e ti porta nel suo mondo, nella sua scrittura asciutta ma ben carica. E non è carica a salve, tutt’altro…

Il suo ultimo romanzo, quasi fresco di stampa, è Grandi momenti, edito da Neo Edizioni – un’agguerrita casa editrice abruzzese che negli ultimi anni a suon di libri di qualità sta dando spallate in giro, facendosi notare. Questo sodalizio non poteva che farmi pensare che la nuova creatura libresca dei tipi Neo e dello scrittore milanese sarebbe stato qualcosa di particolare, di guerrigliero, un libro da ingurgitare.
L’alter-ego dell’autore in Grandi momenti, Franco Scelsit, scorrazza per una Milano paranoica tra ospedali, pizzate con i sopravvissuti all’infarto che come lui cercano di aggrapparsi in qualche modo, di nuovo, alla vita, tra auto sportive che nel suo caso sono prolungamenti dell’ossessione di esistere, di evadere, ma anche minacciose lamiere che forse lo schiacciano ancora più indissolubilmente negli incastri della terra. Scelsit si muove nella Milano dei ’90 ma ci trasporta nella sua giovinezza della Milano da bare del ‘70 e poi degli anni della Milano da bere degli anni ‘80. Ostinatamente contro, Scelsit vive la schizofrenia del suo successo editoriale con il falso nome di Rodolfo Simonetti pubblicando libri d’azione spazzatura, mentre la sua letteratura vera, incontaminata, ostica e celiniana non trova lo spazio che deve, in quel tritacarne editoriale che tutto stardandizza, omologa, che si autoincula come prodotto del prodotto del prodotto.
Scelsit vive con la madre, ha un fratello pittore dal fare psicanalitico, tante donne e nessuna, beve birra la mattina, fa tanta palestra e deve fare i conti con la riabilitazione da un infarto improvviso che lo catapulta forse ancora di più in una fase introspettiva in qualche modo caotica, e i dubbi esistenziali che di conseguenza sul groppone gli si consegnano. Oltre a questo la proiezione fantasmatica del padre morto vent’anni prima gli si presenta sotto forma di lepre quando meno se lo aspetta.
Krauspenhaar è un autore versatile, bizzarro ed eclettico, ogni tanto sopra le righe, uomo che sa in maniera quasi crudele mischiare la poesia con la beffa.
Nel mentre leggiamo Grandi momenti mi pervade una specie di caustica leggerezza mentre mi viene sventagliato il malessere intrinseco del protagonista, così pieno di voglia ancora di vivere ma così ancorato in certi suoi personalissimi rituali autodistruttivi, di ricerca e insieme di cinica rassegnazione.
Quanto c’è di Scelsit in Krauspenhaar? Per me molto, e vale la pena di scoprirlo, in primis acquistando il libro, che vale, perché è un libro sincero, senza fronzoli, ma che sa appassionare, un libro che è sangue, testicoli, polmoni, cuori al collasso. E poi perché sicuramente ci renderà ancora più cara la letteratura, quella nostrana, che in fondo, anche da Grandi momenti si capisce che vive, il cuore pulsa, forse aspettando il prossimo infarto.

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