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Recensione : Free Nelson Mandoom Jazz – The Shape Of Doomjazz To Come / Saxophonus Giganticus

I Free Nelson Mandoom Jazz propongono un'inedita forma di jazz doom con robuste dosi di be bop.

Solo dei pazzi potrebbero aver l’idea di coniugare il jazz e il be bop con il doom metal. Solo dei pazzi potrebbero riuscirci e il nome di questo gruppo di matti è Free Nelson Mandoom Jazz.

I tre ragazzi di Glasgow (in realtà una ragazza e due ragazzi, poiché al sax c’è la bravissima Rebecca Sneddon) propongono un’inedita forma di jazz doom con robuste dosi di be bop; il risultato è davvero bello e spiazzante: la sezione ritmica è fortemente doom, con un basso spesso distorto e la batteria che fa le sue ipnotiche evoluzioni, mentre il sax viaggia libero, ora dolce, ora violento, sempre sinuoso.
Questo disco contiene due ep, The Shape Of Doomjazz To Come chiaro e doveroso tributo ad una grande mente aperta del jazz, ovvero Ornette Coleman, e Saxophonus Giganticus, in riferimento a Sonny Rollins; i pezzi sanno fortemente di improvvisazione, di libertà musicale e di grande padronanza dei mezzi.
I Free Nelson Mandoom Jazz sono stati scoperti nel 2013 da Eraldo Bernocchi, musicista elettronico e sperimentatore, ed entrano nello stesso anno in studio per reincidere questi due ep.
La loro musica è davvero nuova, i tempi doom entrano nella libera repubblica del jazz e del be bop, e si creano universi nuovi e mai ascoltati prima; si potrebbe pensare che sia di difficile fruizione come musica, invece è davvero bello ascoltare e godere di una forma musicale inedita e davvero ottima.
Gli adepti del doom qui troveranno qualcosa di buono, e quelli del jazz un’ulteriore confine abbattuto: l’ultima traccia Black Sabbath ci sarebbe stata benissimo sull’omonimo album.
Un’esperienza veramente unica e interessantissima.

Tracklist:
1. Where My Soul Can Be Free
2. Into the sky
3. The Mask Of The Red Death
4. Nobody Fucking Posts To The Uae
5. K54
6. Saxophone Giganticus
7. Black Sabbath

Line–up
Rebecca Sneddon : sassofono
Colin Stewart : basso
Paul Archibald : batteria

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