Ho studiato tedesco per cinque anni e adesso, che son passati più di vent’anni da quando ho chiuso per l’ultima volta il libro di testo, mi ricordo poco o nulla.
Sheisse, ma poco importa: mi serve veramente poco per comprendere Furstwut, mi basta ascoltare la sua musica, la sua voce, la sua capacità di fare convivere vari umori in pezzi che, verrebbe da dire, sono Punk Rock ma, Punk Rock, non sono mai fino in fondo.
In prima battuta c’è la direzione stilistica: se nel precedente Ep lo si poteva ammirare esibirsi in episodi separati di Punk Hardcore, Black Metal e NDW, ora lo si può apprezzare fondere insieme i tre generi sopracitati e raggiungere lo status di autore maturo in quanto capace di una scrittura non più frammentaria ma completamente capace di gestire l’insieme ed equilibrarlo facendone un unicum
A fare da collante la voce: non urlata e neanche pulita, ma semplicemente disperata: un rauco che sembra un soffocato, strozzato, strangolato; il grido d’aiuto di un uomo che affonda su di una zattera persa nel mare in tempesta; tanto è vero, sentito, ispirato, tanto mi pare di comprendere quello che i confini linguistici dovrebbero interdirmi all’intelletto.
Scrivo a Frustwut per chiedere una conferma:
“Cerco solo di scrivere musica un po’ come mi viene; qualche volta sono di umore Metal altre volte rappresento il mio mondo Post Punk (…) vedo il mondo andare a capofitto e mi sento frustrato per questo, altre volte parlo solo dei miei problemi personali…”
La cosa mi conforta e, al contempo, mi esalta: Frustwut riesce, tra musica e cantato, a creare una rappresentazione più che credibile del mondo che ci circonda descrivendolo in maniera emotiva e facendo leva su di una sensibilità fuori dal comune;
riesce quindi a trasmettere opinioni e a inocularle al di là dei confini linguistici e del gusto personale: ascoltando pezzi come
• Wütend (un inizio rigoroso, rigido, roccioso, per poi finire travolti da una fuga Punk Hardcore e concludere con un delirio di Synth e Breakdown)
• Kein Geld (una paranoia retta su di un’armonia Post Punk ed una ritmica Punk ed ossessiva, la voce sembra raccontare con tutta l’ enfasi necessaria, una vita che va a pezzi avendo mancato l’ adesione ai parametri di vita attuali)
• Absturz (un attacco alla New Model Army, Punk Rock enfatico, una canzone cantata da una strada a fondo chiuso)
• Piss Dich Ein (un inno disperato, cantato con l’ urgenza di un condannato a morte, dire tutto il possibile e il prima possibile: concessioni Noise per aumentare la tragicità, assolo di chitarra per stemperare il dolore)
• Kernige Koabhängigkeit (Punk è Punk, non c’è dubbio, ma il senso di thanatos si fa largo col Synth, l’ incapacità di comunicare)
• Zustand (il sipario non si chiude, entra la nebbia: la recita si chiude su un tappeto di Cure ed un cantato che un cantato che non è cantato ma è disperazione, solitudine, assenza. Partono gli applausi, esplode la bomba. Semplicemente il pezzo più commovente degli ultimi mesi su questo pianeta)
è impossibile non avvertire quanto descritto dall’ autore stesso e sentirlo, riconoscercisi e applaudire al suo talento comunicativo.
Chi non ci riesce è per che ha dei seri problemi empatici ed analitici con l’ umanità che lo circonda.
Dischi come questo sono rari: decodificano linguaggi e li ricompongono secondo una volontà personale di rappresentazione; verrebbe da dire quasi che Frustwut, passando da ritmiche e saturazioni Punk Rock/Punk Hardcore, inquinandole con inserti di Synth NDW e facendo esplodere in tormento Post Hardcore e disperazione Black Metal, abbia quasi inventato un genere ma, forse, nessuno se non lui stesso potrebbe mai tentare di raggiungere queste vette, tanto sanno di personale e di vissuto suo esclusivo.
Più che un genere, quindi, sarebbe più giusto auspicare ad una sempre più convincente produzione di dischi: guardare come reagisce, nei futuri sviluppi, Frustwut a se stesso e non tanto chi lo ascolta; uno straordinario diario personale che, mi auguro, non si interrompa qui ma vada oltre, tra sprofondi di sconfitte e cime di invidiabile serenità dopo la battaglia di tutti i giorni.
Recensione: Frustwut – omonino
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Bene!