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GAZA SURF CHRONICLES Episodio 4

Sono passati oltre 300 giorni dal 7 ottobre. Ogni singolo giorno ci sono morti, feriti, e bugie alternate a scomode verità.

GAZA SURF CHRONICLES Episodio 4

Sono passati oltre 300 giorni dal 7 ottobre.
Ogni singolo giorno ci sono morti, feriti, e bugie alternate a scomode verità. Non riesco più a vedere e nemmeno ascoltare un telegiornale, che sia alla televisione o alla radio. La narrazione usata, i termini e gli stessi eventi raccontati non rappresentano la realtà dei fatti. Non è una questione di opinioni.

“ Togliete la politica dallo Sport! Specialmente dal Surf!”
“Se pensate seriamente che vietare agli atleti di competere sotto la loro bandiera nazionale aiuterà a far cambiare idea ad un governo, vi sbagliate di grosso, lasciateli surfare!”
“I surfisti sono surfisti, i politici sono politici, lasciate in pace i surfisti”
“Disgustoso, questo è antisemitismo”

Sono solo alcuni dei commenti che potete trovare sotto ad un post di Tracks Magazine, una rivista online indipendente dedicata al Surf.
Il post in questione riporta la notizia di una lettera firmata da oltre 200 surfisti e 24 organizzazioni inviata al presidente dell’ISA, International Surfing Association, Fernando Aguerre, chiedendo di vietare ai surfisti israeliani di competere nei loro eventi, incluse le Olimpiadi, a causa del conflitto in corso a Gaza. La lettera, di cui è portavoce la surfista australiana Lucy Small, chiede di applicare lo stesso standard ad Israele usato per la Russia, quando hanno vietato a qualsiasi surfista russo di competere nei loro eventi dopo l’invasione dell’Ucraina da parte del paese nel 2022.

“Le morti civili a Gaza causate da Israele in dieci mesi sono più di tre volte quelle causate dalla Russia in Ucraina in più di due anni. Il numero di bambini palestinesi uccisi da Israele è già quasi dieci volte quello dell’Ucraina. Un divieto di competizione per i surfisti israeliani sarebbe una risposta importante da parte dell’ISA per sostenere il rispetto del diritto internazionale.”
La risposta all’applicazione del divieto alla Russia di partecipare agli eventi è avvenuta dopo 6 giorni dall’invasione Russa, sei giorni.
A conti fatti è l’unica azione oggettiva che può essere applicata.

Nella lettera viene citato l’articolo 2, la dichiarazione della missione, presente nella Costituzione dell’ International Surfing Association: “Promuovere, sviluppare e guidare il surf in tutte le sue forme in tutto il mondo, collegando al tempo stesso la comunità globale del surf e promuovendo l’accessibilità e la partecipazione universale”. Universale, dichiara.. E i surfisti palestinesi?

Il Sud Africa per trent’anni, durante la segregazione razziale, era stato bandito dai principali eventi sportivi e quindi anche dalle Olimpiadi. Ma all’epoca il surf professionistico ignorò queste richieste e continuò ad organizzare eventi. Solo quando un gruppo di surfisti, Tom Carrol, Tom Curren, Martin Potter e Cheyne Horan, i migliori al mondo in quel periodo, boicottarono, il surf se ne accorse. Otto anni dopo questo boicottaggio l’apartheid venne ufficialmente smantellato.
Ricordo bene un’intervista ad una ragazza durante una manifestazione poche settimane prima del G8 di Genova del 2001. “Facciamo politica non appena mettiamo i piedi a terra al mattino, facciamo politica scegliendo i vestiti da indossare e il cibo da cucinare, facciamo politica in ogni singolo gesto e scelta quotidiana”. E a oggi possiamo dire che il surf non è escluso da questo ragionamento. Non deve esserlo vista la sua importanza a livello mondiale, che specialmente negli ultimi anni, ha assunto sia sul piano sportivo che commerciale.

E io continuo a chiedermi chi dei surfisti palestinesi avrebbe potuto partecipare alle Olimpiadi se non ci fosse l’occupazione, se fossero liberi di viaggiare, conoscere altre onde, altri fondali. Perché è un dato di fatto, non si diventa bravi surfisti surfando solo le onde di casa propria, a meno che tu non sia nato e cresciuto alle Hawaii o in Australia. Tutti i surfisti importanti al mondo viaggiano.

E’ così anche la vita della surfista che rappresenta Israele in queste Olimpiadi 2024, Anat Lelior. Una giovane ragazza di 24 anni che viaggia come ogni altra surfista professionista. Come ogni altra atleta ha un coach e un fisioterapista che si prendono cura di lei. Il primo marzo 2024 Aguerre annuncia entusiasta la sua partecipazione alle Olimpiadi: “from Israel, Anat Lelior”, seguono fotografie e video di abbracci e congratulazioni.
Il primo marzo gli Stati Uniti hanno bloccato una dichiarazione presentata dall’Algeria e sostenuta da tutti i 15 membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, tranne dagli Usa, che avrebbe condannato Israele per l’uccisione di 112 palestinesi in attesa di aiuti alimentari nel nord di Gaza. Quel giorno sono continuati i bombardamenti d’artiglieria a Khirbet Al-Adas, ad est di Rafah. Quel giorno sono morti 7 palestinesi uccisi dai proiettili di un cecchino nel quartiere di Al-Zaytoun a Gaza City. Quel giorno è stata attaccata anche l’area Al-Mughraqa a nord di Al-Nuseirat nel centro della Striscia. Ma non solo, la polizia di occupazione ha brutalmente aggredito dei giovani vicino al Lions Gate e al Chain Gate che conducono alla moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme, azioni quotidiane queste, già prima del 7 ottobre.
La neonata Heba Ziyada quel giorno è morta per malnutrizione nel nord di Gaza, aveva bisogno di latte. Latte.

Una volta tornata in patria dopo la qualifica, non sono mancati per Anat gli impegni istituzionali, come l’incontro con il presidente in carica Herzog, un pranzo con l’ambasciatore francese, l’incontro con alcuni parenti degli ostaggi e una visita al monumento in memoria del massacro degli atleti avvenuto durante le Olimpiadi di Monaco del 1972 e quindi l’incontro con alcune delle mogli.

Anat ha prestato servizio come soldato nelle Forze di difesa israeliane per due anni, infatti in Israele il servizio militare è obbligatorio a 18 anni. E’ vero, ma nel paese più “democratico” al mondo si può “scegliere” di non arruolarsi nell’esercito. Fantastico vero? Bene, chi prende questa decisione finisce direttamente in carcere.
Come il diciottenne Tal Mitnik, che a dicembre 2023 è diventato il primo obiettore di coscienza dal 7 ottobre (almeno da quello che sappiamo) o refusenik, come vengono chiamati, finito appunto in carcere. E’ anche la scelta di Itamar Greenberg che ad Agosto 2024 verrà convocato per la leva obbligatoria. Rifiutandosi, ogni mese verrà condotto di fronte al giudice per confermare o meno la sua posizione, quindi in carcere di nuovo, questo “procedimento” durerà dai 6 ai 12 mesi prima del rilascio.
Mitnik dice: “Quello che i terroristi di Hamas hanno fatto il 7 ottobre è orribile. Il dolore e la rabbia sono entrati nelle case di tutti gli israeliani, ma non possiamo permettere che si trasformino in vendetta. Far piangere migliaia di madri a Gaza non ci riporterà indietro i nostri cari uccisi. Bombardare indiscriminatamente la Striscia, compresi gli ospedali, non soltanto produce ulteriore odio, ma mette a rischio anche la vita degli ostaggi”.
Alle mie orecchie queste parole stridono. Devo però ricordare il contesto nel quale questi giovani sono cresciuti, non solo la società che li circonda, ma specialmente l’ambiente famigliare. Molti di questi disertori vengono cacciati da casa, abbandonati completamente dalle famiglie che li ritengono morti. Non vi chiedo di avere compassione per loro, ma di contestualizzare.
Certo, la prima cosa che mi è venuta in mente è che forse non conoscono la direttiva Annibale o Protocollo Annibale. Una procedura utilizzata dalle forze di difesa israeliane per impedire la cattura dei loro soldati da parte di forze nemiche: “un soldato dell’IDF è ‘meglio morto che rapito”. “Il rapimento deve essere fermato con ogni mezzo, anche a costo di colpire e danneggiare le nostre stesse forze”. Considerando che in Israele non ci sono civili, ma tutti sono ex soldati, dato che il servizio militare è obbligatorio per 24 mesi per le donne e 36 per gli uomini, proprio questa direttiva ha portato alla morte di ipotetici ostaggi il 7 ottobre.

Anat poteva scegliere. Aguerre poteva scegliere.
Non lo hanno fatto, per nutrire il proprio ego, la propria posizione sociale e il proprio conto in banca. E io mi chiedo, ma come fanno a guardarsi allo specchio?
Rappresentare Israele in questo momento vuol dire essere portavoce dell’occupazione ad ogni costo, a costo della vita di milioni e milioni di famiglie palestinesi, a Gaza e in West Bank. Vuol dire essere il volto, in un contesto internazionale, delle parole di Daniella Weiss, una sionista colona a capo del movimento di coloni chiamato Nachala: “I coloni vogliono vedere il mare e raggiungerlo, Gaza deve essere completamente rasa al suolo e tutte le sue case devono essere distrutte”, dichiara la Weiss. Vuol dire essere portavoce delle parole del ministro delle finanze Smotrich: “Bloccare gli aiuti a Gaza sarebbe giusto, anche se dovessero morire due milioni di persone”. Vuol dire remare con le mani sporche di sangue, fare take off ed essere complici di una delle tragedie più efferate e violente degli ultimi decenni.

Mahamed Abu Ghanem, fratello di Sabah, nel luglio 2023 ha partecipato alla Asian Surfing Championships, tenutasi alle Maldive. Ha rappresentato la Palestina portando la sua nazione a raggiungere il quattordicesimo posto per la categoria maschile. Per quella femminile non c’era nessuna surfista a rappresentare la Palestina.

Non posso smettere di pensare se le cose fossero potute andate diversamente senza l’occupazione sadica e scellerata di Israele.

Non ho mai chiesto a Mahmed perché fosse tornato a Gaza, poteva scegliere di non farlo, in qualche modo. Ma credo di conoscere già la risposta. Me l’ha data un altro surfista Mhammed Abu Hassira una sera mentre stavamo commentando l’ennesimo massacro vicino a lui. Gli chiesi se avesse avuto la possibilità di uscire, sarebbe mai tornato? La risposta fu immediata. Mi disse che non c’era ragione al mondo per abbandonare Gaza, mi disse che tutta la sua vita è in quella terra e ciò che desidera non è diverso da ciò che desidera qualsiasi altra persona al mondo. Viaggiare con sua moglie e i loro due figli e poi tornare a casa, perché non c’è altro posto dove si immagina se non a Gaza.

La surfista israeliana si è qualificata ai giochi il primo marzo. La lettera dei surfisti inviata al presidente Isa Aguerre è datata al 30 luglio, i giochi Olimpici sono iniziati il 26 luglio.
Al di là di questa azione, sarebbe bello che i surfisti che hanno preso posizione pro Palestina, rischiassero un po’ di più. Sarebbe bello che sfruttassero la loro visibilità per condividere storie, contenuti e raccolte fondi, anche a costo di perdere qualche follower e “sporcare” i loro profili fatti di onde perfette, tramonti e bella vita. Magari si potrebbe ottenere qualcosa in più che una tavola benefit che ha raccolto in tre mesi poco più di 600 euro.

Le Olimpiadi, grazie alle quali un tempo si fermavano le guerre, potevano essere un punto di svolta. Sono un “evento sportivo internazionale con lo scopo di promuovere la cooperazione e l’amicizia tra le nazioni del mondo”. E sì, suona come una battuta, ma personalmente contavo su una presa di posizione rispetto alla partecipazione di Israele, dopo oltre 300 giorni di massacri. Ma nulla. Dal 7 ottobre, secondo il Comitato Olimpico Palestinese, i raid israeliani hanno ucciso 400 persone, tra atleti, lavoratori sportivi e volontari.

Un piccolo spiraglio lo dà il torneo internazionale di frisbee in Belgio dal quale Israele è stato bannato.

Ma anche le non azioni delle Olimpiadi, in qualche modo stanno dimostrando ancora una volta quanto questo nostro mondo abbia necessità di un cambiamento radicale in tutti gli ambiti.
La voce dei potenti che siano nelle notizie, al governo o nel conto in banca, raccontano una realtà che non esiste, dove i buoni sono gli arrivisti, i ricchi, i più bravi, i più forti, quelli che mangiano la testa all’avversario vomitandole addosso tutta la propria frustrazione o quelli che la testa la fanno saltare. Se sei felice per un quarto posto sei pazza, se lotti per la liberazione del tuo paese sei un terrorista.

Qui trovi il link del fondo di soccorso per i surfisti gestito da Explore Corps: https://gazasurfclub.com/support#a2dcc7e5-1831-4b54-992b-b528b546d171

Qui trovi i link delle raccolte fondi create dai surfisti di Gaza: https://linktr.ee/summerkahlo

 

LEGGI I PRECEDENTI EPISODI

 

- Gaza Surf Chronicles Episodio 4

- Gaza Surf Chronicles Episodio 4

- Gaza Surf Chronicles Episodio 4

- Gaza Surf Chronicles Episodio 4

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