Ferragosto, strade deserte e caldo soffocante, in una Bologna piegata dall’afa 3 sconosciuti percorrono la stessa via per incontrarsi e incrociare i propri destini nell’atrio di un palazzone di periferia. Oltre al fatto di avere un appartamento nello stabile ciò da cui scaturisce l’intreccio è l’essere obbligati a prendere la stessa ascensore per un viaggio che si rivelerà più lungo del previsto.
Thomas, giovane adolescente in procinto di cambiare vita deve assolutamente prendere un treno che lo porterà prima dalla sua fidanzata e poi ad Amsterdam dove scappare con lei. In apparenza il personaggio più debole, vittima innocente dei tragici eventi, mostra invece una consapevolezza che gli permetterà di superare le difficoltà senza perdere del tutto la bussola.
Claudia, studentessa universitaria lesbica, cameriera per pagarsi gli studi, attende il ritorno di Bea e conta i giorni. Nauseata dai maschi e dalla loro grettezza è costretta a sopportare quotidianamente i commenti laidi e viscidi del suo principale. Durante lo svolgersi della trama la donna mostra di saper mantenere intatta quella lucidità e quel legame con la realtà fondamentali per la propria sopravvivenza anche se alla fine gli avvenimenti si mostreranno più forti della sua coscienza.
Ferro, padre di famiglia ricco e brillante (in apparenza), è in realtà un assassino sadico e maniaco sessuale che sevizia e uccide le sue vittime filmandole. Sarà la sua pazzia una volta venuta del tutto a galla che trasformerà l’imprevisto da spiacevole inconveniente a tragedia pura. Ferro è il personaggio più ignobile e laido della storia, quello la cui patinata immagine di uomo d’affari lo obbliga a vivere e a gestire i fili della sua vita attraverso una prospettiva schizofrenica e dissociata.
Se la prima parte tratteggia la trama e colora i personaggi con tinte vivaci e buon ritmo (Ferro che abbandona il pranzo di Ferragosto con la famiglia per “finire” il suo snuff movie prima di sera, Thomas che non sa se portarsi un maglione prima di scappare di casa che ad Amsterdam ci sarà freddo), la seconda si impantana un po’ troppo nella lentezza dell’attesa e nei dialoghi un po’ prevedibili e privi di immaginazione. La lunga attesa di un aiuto che non arriva e l’ansia che lentamente monta senza esplodere non danno esiti significativi. Alla fine il libro termina invece con il classico colpo di scena che mischia le carte in maniera imprevedibile sbaragliando qualsiasi tipo di previsione, dando cosi un taglio decisamente orwelliano alla vicenda apparentemente circoscritta al solo svolgimento della narrazione.
Viene fuori quindi una riflessione tagliente e lacerante sulla società nostrana di oggi, dove se ci hanno sempre detto che nella difficoltà noi italiani riusciamo a dare il meglio sembra che nell’opportunismo e nel raggiro rimaniamo sempre i più bravi. Blackout, pubblicato nel 2007 da Tea, non è solo il temporaneo sospendersi del collegamento elettrico che blocca l’ascensore, ma qualcosa di più significativo che rappresenta l’apatia di una società ormai completamente anestetizzata.
Giovanni Sciuto – giobattabis@hotmail.com
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