Quando si parla di musica ambient, diviene pressoché automatico pensare ad un placido sviluppo di note liquide, talvolta carezzevoli, con la caratteristica di palesarsi in maniera quasi rispettosa dell’udito dell’ascoltatore, sulla falsariga di chi a questo filone diede negli anni ’70 un impulso deciso, ovvero Brian Eno.
Poi ci si imbatte in Can’t You Wait, esordio dei GlerAkur, creatura del musicista islandese Elvar Geir Sævarsson, e si capisce subito che questo meccanismo mentale è destinato a finire a gambe all’aria.
Qui l’ambient acquisisce un’intensità di norma sconosciuta al genere, trasformandosi di fatto in una colonna sonora dalle parvenze oscure, come ben esplicitato dai sei minuti della title track che, dopo una partenza canonica, si snoda in un crescendo stupefacente, supportato da una ritmica che ricorda la Intruder gabrieliana.
In Polycide è invece la chitarra acustica che si incarica di raffigurare scenari inizialmente più rassicuranti, prima che il sintetizzatore traporti il tutto su un piano più spaziale e disturbante, mentre in Willocide questo meccanismo di costruzione dei brani trova il suo climax, laddove il crescendo diviene ossessivo rendendone il distacco finale quasi doloroso.
Non sembri azzardato il riferimento a Peter Gabriel fatto in precedenza, visto che in più di un passaggio la memoria mi ha riportato ad opere come Birdy o Passion, considerate per lo più marginali nel contesto della carriera del grande musicista inglese, ma emblematiche invece della sua sensibilità musicale; Sævarsson, oltre alla sua abilità strumentale e compositiva, ci aggiunge anche quella cupa drammaticità che ben si sposa con gli scenari paesaggistici “alieni” della sua terra d’origine, oltre ad un approccio dal quale sembra trasparire un background estremo che, invece, non si evince dalle note biografiche.
La peculiarità di quest’opera prima a nome GlerAkur è, sostanzialmente, quella di rappresentare in ogni traccia la progressiva deformazione di uno stato d’animo, che passa da una sorta di sospensione iniziale fino ad evocare un senso di minaccia, magari non ben definita nella sua forma e nella sua identità e per questo ancor più insidiosa. Can’t You Wait è una prova magnifica, arricchita ulteriormente da una cover notevole, e costituisce l’ennesimo eccitante cadeau di un’etichetta come la Prophecy, che non finisce mai di stupire per la varietà e la qualità delle sue uscite.
Tracklist:
1.Can’t You Wait
2.Polycide
3.Willocide
Line-up:
Elvar Geir Sævarsson