Sei anni hanno impiegato i Goat per dar vita a Oh Death, il loro quarto lavoro in studio, che arriva a distanza di due mesi dalla ristampa per audiofili del primo lavoro, apparentemente inarrivabile e di certo fin qui ineguagliato, World Music. Sei anni che sono un secolo eppure sembrano non essere passati: così sembrano dirci le dieci tracce che solcano il vinile, ed è un bene e un male al tempo stesso. Ascoltare i Goat nel 2022 è più riconoscere che scoprire, ma il fascino che emana dalla musica del collettivo svedese è ancora tutto lì, e a tratti mette ancora paura.
Oh Death riparte da dove Commune aveva messo il punto, abbandonando le tempere folk del successivo Requiem e recuperando movenze afro, funk e heavy psichedeliche.
Il pezzo che apre il sabba, You Soon Die, è una delle tracce più pesanti dell’intero catalogo della band, e fa subito centro pieno con un groove e una distorsione che possiamo dire da manuale.
Under No Nation, il singolo di lancio del disco, è un capolavoro di funk psichedelico colpito da folate free jazz, e Do the Dance è a un passo dal diventare la danza afroheavy definitiva.
Goatmilk ha i colori sgargianti dell’incontro tra rock, free jazz e afrobeat, e la bellezza è persino accecante a tratti. Chiude Blow the Horns, che parte con calda elettricità sahariana per poi tuffarsi in un riff memorabile che alza fiamme tutto intorno.
Non chiude Blow the Horns, in realtà, ma è qui che la soglia di attenzione si abbassa, lo stupore si stempera, e ci restano tre pezzi più interessanti che belli, di quelli che ti chiedi il perché, cosa avranno mai voluto dirci, cosa avranno in mente per dopo – tutte domande alle quali non sai rispondere, e speri solo di non dover aspettare altri sei lunghi anni per trovare la risposta.
Tracklist:
1. Soon You Die
2. Chukua Pesa
3. Under No Nation
4. Do the Dance
5. Apegoat
6. Goatmilk
7. Blow the Horns
8. Remind Yourself
9. Blessings
10. Passes Like Clouds
Goat – Oh Death