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Recensione : Golden Void – Rise To The Out Of Reach

La sbornia heavy-prog dell'album d'esordio non è ancora passata, che i Golden Void tornano a riempirci il bicchiere in occasione del Record Store Day (che è passato da un pezzo, ma a noi i dischi interessano tutto l'anno) con il loro buon vino d'annata, frutto dell'amore smodato per la psichedelia space degli Hawkwind e dell'heavy-prog made in England.

Mentre Golden Void bruciava matasse di riff heavy e testosterone, lasciando le influenze space a ronzare sullo sfondo, Rise To The Out Of Reach parte proprio da qui, da quel nome rubato ad una canzone degli Hawkwind e dalla voglia di percorrere fino in fondo le immense praterie dello space rock attraverso la propria specifica sensibilità progressive.
La title-track è davvero un bell’esempio di questo connubio tra atmosfere psichedeliche e rockeggiamenti progressivi: un basso profondo, un arpeggio in minore e una batteria epilettica formano l’architettura di un pezzo non male, che si snoda leggero lungo i suoi 4 minuti, aiutato da una gustosa melodia pop-prog. Manca un po’ di quella ruvida spocchiosità hard che ci aveva fatto amare l’esordio, ma il pezzo si fa comunque ascoltare e riascoltare senza che la noia venga a mettere i bastoni tra le ruote.
Non va così bene con Smiling Raven che, al contrario, si presenta come il trionfo assoluto dello space-rock, correndo a capofitto lungo linee costantemente divergenti tenute assieme solo dai virtuosismi chitarristici di Isaiah Mitchell. Un pezzo liquido, che sembra non avere una struttura definita, e che fa fatica a rimanere impresso.
E allora a me la domanda sorge spontanea: non era forse meglio aspettare un pochino, senza farsi prendere dalla frenesia del Record Store Day, e tentare di mettere insieme un 7 pollici degno di questo nome?

Tracklist:
1. Rise To The Out Of Reach
2. Smiling Raven

Line-up:
Isaiah Mitchell – chitarra, voce
Aaron Morgan – basso
Justin Pinkerton – batteria

GOLDEN VOID – pagina Facebook

Thrill Jockey

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