Questo romanzo inizia con il vento. E un nome, sussurrato, che si disperde nell’aria attraverso le folate.
Una strana aria tira sulla città sarda in cui è ambientato questo racconto. Un’aria tetra, triste, specchio di un’Italia degenerata e piena di problematiche. I cittadini sono per lo più finti perbenisti, ladri, mentitori: raccontano bugie, una marea di bugie, a sé stessi e al mondo, sino a quando non restano incagliati nella rete di menzogne, sino a quando non ne rimangono soffocati. “Viviamo in questa illusione. A nessuno viene in mente che i cattivi siamo noi. A me è venuto in mente. Abbiamo rubato tutto. Distrutto ogni cosa. Pure ammazzato abbiamo.”
Grande nudo è un romanzo che condensa tutte le negatività del carattere dell’italiano medio. Rappresenta un vero e proprio campo di studi di un’umanità vicina alla fine, di una società piena di problemi che non ha nessuna speranza di futuro. “Una società senza padroni né servi era alla lunga condannata a estinguersi. Scatenare una bella guerra per rimettere le cose a posto in Europa non era più un piano realizzabile; si poteva tenere in pugno la massa spaventando la gente, distruggendo le certezze che avevano faticosamente acquisito, oppure dare loro un dio in cui poter riporre la propria fiducia. Combinando le tre opzioni si otteneva la maggiore probabilità di successo.”
Ed è ciò che succede in questo romanzo: il terrore cieco, la distruzione di ogni certezza, la mancanza di fiducia negli altri e la violenza nella sua accezione più pura sono gli elementi che costituiscono lo scheletro di questa storia.
Il vento che s’alza dal mare porta novità, ma per questa volta nessuno dei cittadini sarà desideroso di accoglierle. Il vento soffia forte e, invece di contribuire a far rinascere la speranza, invece di ricordarci la forza della natura e la sua sconfinata bellezza, si abbatte sulla città dimostrando quanto il mondo desideri ospitare il genere umano.
Il vento è un pericolo, in questa piccola cittadina sarda, diventa pericolo da quando strani avvenimenti mettono in allerta i cittadini. Una serie di attentati terrorizza la popolazione, l’esercito non riesce a contrastare i terroristi, nascosti nell’ombra fin quasi a diventare irreali, invisibili, inesistenti. I comandanti dell’esercito impazziscono, uno dopo l’altro. I cittadini sono allo sbando, incapaci di comprendere un ignoto talmente mostruoso da non poter essere accettabile. Il vento soffia sempre più forte, il vento che sembra confondere tutti, portare a galla e potenziare i difetti di ognuno dei cittadini, sino a farli impazzire, sino a fargli perdere la ragione.
Il processo non è breve e semplice: trattasi di una goccia che, lentamente, una alla volta, scava la pietra con infinita pazienza e forza. Così, le menti dei cittadini vengono aggredite da un virus sconosciuto e inimmaginabile, che sembra essersi diffuso da quando quel vento ha preso a soffiare sulla città. Portando con sé un solo nome, il nome dell’unica persona che può salvare tutti e cambiare la direzione alle cose.
Inizia così l’escalation di orrori che scuote la tranquilla cittadina sarda. Prima il vento, gli attentati, i generali impazziti. E infine, i cani. I cani spariscono. Uno per volta, silenziosamente, scappano dalle loro case e non tornano mai più. Prima uno per volta, poi sempre di più, finché in città non rimane neanche più un cane. E quando tornano, quando i cittadini li vedono apparire da lontano, sanno che i loro cani sono cambiati: sono diventati un branco gigantesco, orrendamente feroce, guidati da un uomo che sembra non avere nessuna pietà. Qualcuno, al riguardo, sostiene che “sono rimasti i cattivi e i vigliacchi. I cattivi hanno ucciso. I vigliacchi si sono nascosti e hanno lasciato morire i figli pur di scamparla. I coraggiosi prima o poi sono morti o hanno smesso di essere coraggiosi. E sono rimaste le bestie col loro istinto. Alle bestie non puoi rimproverare niente. Non si fidano più di noi. Ed è meglio per noi se non ci fidiamo più di loro.”
Nessuno è pronto a capire la portata dell’evento, nessuno è pronto alla devastazione che sta per distruggere la città. C’è qualcuno, un lungimirante o semplicemente un disilluso, il quale capisce che “la morte sta galleggiando da queste parti. Sono ore che galleggia. Ha già capito dove mettere mano. Pescherà. La terra che vivono questi disperati è un luogo inospitale, aperto alle bombe, inquinato dalle bombe, inquinato dalle polveri di queste bombe, decimato dai tumori. Il mare che navigano questi disperati è una tomba.”
Non è pronto ad accettare questa nuova realtà Don Casu, il prete che da mesi visita le abitazioni dei cittadini richiedendo offerte per i bimbi poveri, vendendo biglietti di una lotteria inesistente, solo per racimolare i soldi che gli servono per acquistare Camille, la bambola gonfiabile extra realistica di produzione giapponese che desidera come compagna di vita. Se solo non ci fossero le suore impiccione, se solo i cittadini non sospettassero di lui, si sentirebbe sicuramente più umano, più accettato dalla comunità nonostante il suo bisogno di una partner sessuale.
Non è pronto neanche l’esercito, sotto sopra per i continui cambiamenti dovuti ai suicidi o alle follie dei colonnelli. Non è pronto neanche Corvo Rosso, il caposquadra dell’esercito dai capelli rossi.
Non è pronta Candida, costretta a letto da una terribile malattia, che odia tutti e tutto, soprattutto la sua famiglia che la tratta come una malata, e il ragazzo che viene ogni settimana per soddisfare i suoi desideri sessuali, ben pagato dalla madre di Candida.
Non è pronto il signor Mario, che nasconde un segreto orribile dentro casa sua, e che a un certo punto sarà costretto a fare i conti con tutto il male che ha causato.
Nessuno, né Gianfranco il barista, né Casino, Clozo e Leontino, nessuno dei cittadini, nessuno è pronto a resistere all’avanzata degli infetti e dei cani. Sono tutti destinati a soccombere, mesi e mesi senza provviste e senza acqua, mesi e mesi di vento che infuria, mesi e mesi di attentati e scosse di terremoto.
Uno scenario apocalittico all’interno del quale l’autore di questo romanzo descrive la follia che potrebbe generarsi in situazioni del genere. “I casini vengono fuori in questo modo. Un effetto domino in cui tutto crolla, un tassello dopo l’altro. Poi ti guardi indietro e non riesci a capire da dove sei partito per arrivare a quel punto. Osservi atterrito le macerie. A malapena hai la forza di levarti la polvere di dosso. Quello che capisci è che non tornerai indietro. Non perché non vuoi. È che non puoi.”
È proprio di apocalisse che si tratta? O è un evento lontano, del quale si può solo parlare e fare congetture? Uno dei personaggi esprime un’opinione inquietante, ma forse veritiera: “quarant’anni fa ero convinto che la fine stesse per arrivare. Ero giovane e non vedevo l’ora di un’apocalisse. Anche tu, vero? Siamo tutti così. È la fede. Più hai fede e più aneli al trascendente. E più vuoi giustizia. E cosa c’è di più giusto di un’apocalisse?”
Scandagliando l’animo umano, Gianni Tetti immagina la fine di un mondo già devastato dalle guerre, dalle disgrazie, dalle cattive politiche e dall’ingiustizia, mettendoci il peso da novanta: cittadini in preda al panico, totalmente fuori di testa, imprevedibili e soprattutto, privi di umanità. “E poi succede quasi a tutti di scoprire che aspettavano la morte. Era lei che aspettavano. Arriva senza entusiasmo. Non ama prendersela con i deboli, anche se deve.”
Gianni Tetti scrive un romanzo lucidissimo, partendo da una strana congiura di disgrazie, alcune irrealistiche e altre particolari, per raccontare un’umanità allo sbando. “Siamo tutti superstiti. Siamo quello che è rimasto. Dopo le guerre, dopo gli attentati. Dopo i virus. Dopo la grande depressione. Dopo la grande ripresa che ne ha ammazzato più di tutti. Se qualcuno è convinto che da una crisi nasca un mondo migliore, sbaglia. È peggio di quello che c’era prima. Perché siamo gli stessi, solo più soli, più impauriti.”
Grande nudo, pubblicato da Neo Edizioni, è una prova narrativa di una potenza travolgente, in cui la realtà viene trasformata in incubo, un incubo che insinua dubbi e che spinge a riflettere.
“Non può arrivare niente di brutto da un libro. Perché un libro è solo un libro, anche se lo scrive un nemico. Un libro non agisce. Sono le persone che agiscono. Un libro non pensa al posto tuo. Sei tu che pensi, sempre tu. Un libro dice delle cose e basta. Poi tocca a te vivere.”