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Recensione : Holy shoes di Luigi Di Capua

Holy shoes: pone una domanda interessante che ben si colloca in questa nostra Società dei consumi: cosa cerchiamo di ottenere attraverso gli oggetti? 

Holy shoes di Luigi Di Capua

Titolo: Holy shoes 

Regia: Luigi Di Capua

Produzione: Italia

Anno: 2023

Nella periferia romana, le vite di alcuni personaggi raccontate in quattro storie, ruotano attorno a un paio di scarpe.

Dice lo stesso regista: “Dal dopoguerra in poi le scarpe sono lentamente diventate il feticcio che più di tutti si è allontanato dalla propria funzione primaria. Con l’esplosione del fenomeno delle sneakers, delle Nike negli anni ‘80, abbiamo assistito a una parabola esponenziale che ha trasformato la passione per le scarpe sportive in un mercato da 95 miliardi di dollari. Questo perché le scarpe vengono vendute come fossero un sogno, uno strumento per viverlo. È il materialismo magico. E in un mondo in cui esiste solo quel sogno, le persone sono disposte a tutto per ottenerlo.”

Un film su: 

  • la tirannia del desiderio;
  • il consumismo e la globalizzazione;
  • la ricerca dell’identità;
  • il confine (ormai sottilissimo) tra realtà e finzione;
  • l’incapacità di comunicare, il non ascoltarsi;
  • l’essere nel posto sbagliato;
  • la necessità di apparire.

Da vedere perché questo film – opera prima di Luigi Di Capua – pone una domanda interessante che ben si colloca in questa nostra Società dei consumi: cosa cerchiamo di ottenere attraverso gli oggetti? 

Se ci interessano il potere, la sicurezza o l’amore, la strada per ottenere tutto questo non passa attraverso il possesso delle cose, anzi, la ricerca spasmodica di un oggetto può portare a conseguenze difficilmente immaginabili e spesso disastrose.

Dedicato a chi troppo spesso si ferma davanti a una vetrina.

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