Horre è un progetto funeral doom nato alla fine dello scorso decennio che seguo con un certo interesse fin dai suoi primi passi; questo ha consentito di apprezzare meglio i progressi e lo sviluppo stilistico messo in atto in questi anni dal musicista finlandese Jesse Laatikainen.
Mass of the Churchyard’s Folk è il quarto full length e, come era facile prevedere, mostra un ulteriore passo avanti per quanto attiene la maturità compositiva e la padronanza della materia, che comunque era notevole anche nei lavori precedenti, particolarmente in Kuumet (2023). Se il funeral degli Horre è sempre stato piuttosto minimale ma ugualmente capace di evocare sensazioni più malinconiche che luttuose, con questo ultimo album il sound acquisisce ulteriori sfaccettature, pur mantenendo ben saldo il marchio di fabbrica che il bravo Jesse si è costruito nella sua ancor giovane carriera.
Così l’album si snoda lungo tre coppie di brani che mostrano di volta in volta particolari caratteristiche; infatti, se Tomb of Old e The Lake paiono essere la logica prosecuzione di quanto efficacemente offerto in Kuumet, le due tracce dal titolo in lingua madre, Talwen ilma taiwaellek e Tie Pohjolaan, denotano un approccio più rarefatto e in alcuni frangenti quasi sognante, mentre le conclusive Churchyard’s Folk’s Mass e Death Anxiety si ammantano di una magnifica aura atmosferica e melodica consentendo agli Horre, specialmente con l’ultima canzone, di raggiungere picchi emotivi invero molto elevati.
Personalmente non avevo dubbi nemmeno prima, ma con questa ultima opera Laatikainen si propone in prospettiva come uno dei più degni eredi della consolidata tradizione funeral doom della sua nazione.
2024 – Autoproduzione