«I Cani sono l’ennesimo gruppo pop romano». Questa è stata l’unica concessione fatta dal gruppo al mondo del web, per tutto il resto solo una fitta rete di supposizioni.
Qualcuno, insospettito dall’imminente partecipazione al Mi Ami 2011, ha ipotizzato che dietro a questo moniker si possa nascondere qualche big della scena musicale (il più quotato, per ora, pare Max Gazzè). Qualcun altro, infastidito dal consistente hype generatosi, li odia già e li ha bollati come l’ennesimo entusiasmo di massa pronto a scemare dopo poco. I più, invece, paiono incuriositi dall’alone di mistero che circonda il gruppo e, da qualche settimana, aspetta con ansia l’inizio della bella stagione per scoprirne qualcosa di più.
Quello che è innegabile è che i due singoli con cui si sono fatti conoscere sul tubo, I pariolini di diciott’anni e Velleità, sono ben più che interessanti. Tutti e due colpiscono, sul lato sonoro, grazie ad una combinazione efficace di sonorità movimentate e una dose massiccia di elettronica e, su quello emotivo, con testi cinici e taglienti (al modo di gruppi come gli Zen Circus). In questi primi due singoli troviamo già tutte le caratteristiche principali del disco e risultano dunque un’ottimo indicatore generale.
Macroscopicamente, infatti, il disco è dominato da una omogenea (quanto voluta) monotonia sonora che si traduce, però, in uno stile distintivo e facilmente riconoscibile (anche dopo i primi ascolti). Le tracce sono infatti tutte molto simili l’una all’altra, con poche variazioni nelle sonorità, ma, malgrado questo, l’ascolto non risulta comunque mai noioso né ripetitivo. In quasi ogni traccia, ad una potente base elettronica si accompagnano un vasto assortimento di synth e una voce che sfiora spesso il falsetto. L’effetto ottenuto è quello di melodie movimentate e coinvolgenti che, oltre alla forza dei testi, colpiscono anche grazie alla propria orecchiabilità.
La caratteristica più vistosa e coinvolgente restano però i testi, veri e propri protagonisti dell’album. Composti in modo arguto e originale, prendono di mira tutto il mondo alternativo della capitale (ma, per estensione, di qualsiasi altra grande città italiana). I Cani sfoggiano un gusto per la critica tagliente (ma, tutto sommato, bonaria) che sembra più un atteggiamento mentale che un intenzionale attacco offensivo. Da questo punto di vista, capolavoro del disco risulta la già citata Velleità: pur facendo un distinguo generazionale (da ‘i nati nell ’69’ si passa, decennio dopo decennio, a ‘i nati nel ’89’), vengono prese di mira le ‘velleità’ che tutti gli intellettuali di ogni leva usano per rendersi più interessanti agli occhi comuni.
Se si escludono i due brani strumentali (Theme from the cameretta, più melodico, e Roma Nord, dalle atmosfere graffiate e inquietate), il disco risulta un insieme di singoli che potrebbero facilmente funzionare anche al di fuori del contesto generale, slegate dalle altre tracce. Sono, in tutto, nove pezzi leggeri e divertenti, per un totale di poco più di mezz’ora di ascolto. Le ‘occasioni’ da cui prendono spunto i brani sono varie: dalla ragazzina hipster che scrive racconti sul suo MacBook Pro e sogna di andare negli states per lavorare da American Apparel (Hipsteria), alle coppie di fidanzati ai concerti e la vita da discoteca vissuta con disagio (Le coppie e Door selection), ad autobiografici spezzati di una storia d’amore ormai finita (Il pranzo di Santo Stefano, Perdona e dimentica), per arrivare infine ai primi passi mossi nel mondo musicale (Post punk). I due brani più interessanti del disco (da sommare alla già citata Velleità) si concentrano invece sui ragazzini figli di papà che, rifacendosi ad ‘un sincero quanto autentico fascismo’, scorazzano su motorini e spacciano cocaina per arrotondare la paghetta (I pariolini di diciot’anni) e su un ironico tributo al regista e fenomeno di massa statunitense Wes Anderson.
Il giudizio su Il sorprendente album d’esordio dei Cani risulta dunque indubbiamente più che positivo. Si assesta solidamente nella lista delle novità più interessanti dell’anno, malgrado questo sia solo nella sua prima metà. La ventata di aria fresca portata nel panorama musicale e l’hype generatosi sono paragonabili a tormentoni del mondo indie come “Canzoni da spiaggia deturpata” di Vasco Brondi (citato pure, non troppo lusinghieramente, in Velleità). Purtroppo, come per il cantante di Ferrara, anche questo progetto sembra peccare di lungimiranza; basato su formule musicali che, se nell’immediato risultano convolgenti, tendono a diventare presto ripetitive nel lungo termine difficilmente si può immaginare un futuro sviluppo per lo stesso. Senza preoccuparsi se siano o no il nuovo ‘one shot’ della scena musicale italiana però, non resta altro che godersi quest’ottimo disco arrivato giusto in tempo per riempire le compilation estive.
01. “Theme From The Cameretta”
02. “Hipsteria”
03. “Door Selection”
04. “Velleità”
05. “Le Coppie”
06. “Il Pranzo Di Santo Stefano”
07. “Post Punk”
08. “Roma Nord” (con Cris X)
09. “I Pariolini Di Diciot’Anni”
10. “Perdona E Dimentica”
11. “Wes Anderson”