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Recensione : Il figlio del dio del tuono di Arto Paasilinna

Un tempo, quando il mondo era abitato solo dai Finnici, il dio del Tuono regnava su tutti gli esseri viventi. Ma poi i Finnici abbandonano la fede ancestrale, lasciandosi fuorviare da religioni straniere e falsi idoli. “Il figlio del dio del tuono” di Arto Paasilinna, edito da Iperborea

“Il figlio del dio del tuono” di Arto Paasilinna, edito da Iperborea

Un tempo, quando il mondo era abitato solo dai Finnici, il dio del Tuono regnava su tutti gli esseri viventi. Ma poi i Finnici abbandonano la fede ancestrale, lasciandosi fuorviare da religioni straniere e falsi idoli.

Costernati dalla scoperta che alle soglie del Duemila non hanno che pochi seguaci, gli dèi dell’Olimpo decidono di giocare un’ultima carta: inviare sulla terra Rutja, figlio del dio del Tuono, sotto le sembianze di un mortale adulto. Si può immaginare quale subbuglio susciterà a Helsinki l’arrivo di un dio a cavallo di un fulmine.

Ne “Il figlio del dio del Tuono” (1984), edito per la prima volta in Italia nel ’98, Paasilinna punta il dito contro una società troppo ricca per accontentarsi di moltiplicazioni di pani e pesci, troppo cinica e soddisfatta per qualsiasi religione, con l’unica eccezione dei suoi isterici e dei suoi pazzi. E di quelli, per fortuna di Rutja, la Finlandia abbonda.

 

Potrete leggere passaggi come questi:

 

  • Paara, il genio delle Banche, è una strana creatura che un tempo, con l’aiuto delle streghe, andava a succhiare il latte dalle mucche dei vicini. Il latte rubato si trasformava nella pancia di questo singolare spirito in buon burro, che Paara evacuava nella zangola della sua padrona. Oggi Paara pratica l’usura, gioca in borsa, sfratta gli inquilini degli appartamenti messi in vendita e versa il ricavato di queste operazioni sul conto in banca spesso segreto dei suoi padroni. Prima si diceva che “la merda di Paara è bianca”, ora si constata che è “moneta sonante”.
  • (…) al diavolo tutte le chiese…
  • (…) l’adorazione del dio straniero aveva preso in Finlandia una dimensione quasi demenziale. Ogni villaggio un po’ importante aveva la sua chiesa, nelle città ce n’erano addirittura parecchi di questi luoghi di culto, imponenti costruzioni costate moltissimo e dotate di organi dal suono cupo, circondate da vasti cimiteri. I villaggi non erano villaggi se non erano costruiti attorno a una chiesa, una vera vergogna! Il peggio era che i Finnici volevano sulle tombe una testimonianza della loro falsa fede, una croce, simbolo di quella religione straniera divulgatasi dappertutto. E se non si erigeva una croce, si metteva sulla tomba una pesante pietra sulla quale si incideva questo simbolo a perenne testimonianza della profondità della loro credenza. Ilmarinen parlò dello smisurato entusiasmo dei Finnici per la religione straniera imposta loro ben confezionata da solo sette-ottocento anni. In così breve tempo, i Finnici avevano rinnegato la propria, sola vera religione per la nuova. Erano arrivati a tal punto che in Finlandia si cantavano dei cosiddetti salmi per glorificare la falsa religione. Si pregava il falso Dio e suo figlio Gesù, si scrivevano libri in materia e c’erano perfino cattedre universitarie dove si studiava molto seriamente e con falso rigore scientifico questa religione straniera e le sue bizzarrie.
  • Attualmente (…) le religioni si propagavano nel mondo con la forza della spada. I cristiani, specialmente, erano sempre disposti a prendere le armi per sottomettere gli altri popoli e diffondere la propria religione negli altri paesi. (…) era meglio che la religione si estinguesse completamente piuttosto che vederla salvaguardata con le armi.
  • (…) i credenti erano sempre pronti a uccidere.
  • (…) i cristiani consideravano peccato tutto ciò che era piacevole. Evidentemente doveva essere peccato andare al gabinetto, visto il sollievo che se ne traeva.
  • Gli uomini sono bizzarri: prima uccidono il figlio di Dio, poi sono presi dai rimorsi e dipingono un’immagine grottesca del suo corpo. Infine, il cruento ritratto viene esposto alla vista di tutti nel posto più sacro della chiesa.
  • Migliaia di volte, nel corso del suo ministero, il pastore Salonen aveva avuto colloqui coi parrocchiani, per un motivo o per l’altro. Gli uni erano stati paternamente richiamati per la loro incallita dissolutezza, altri per le continue offese a Dio, parecchi per l’abuso di alcol, e non era raro che occorressero tutte le sagge parole del pastore per ricondurre sulla retta via delle anime tormentate. Si doveva parlare alle persone venute a fare la comunione, ai catecumeni, ai malati e infine ai moribondi. Qualche volta era stato anche difficile, ma mai come oggi il pastore aveva avuto paura del colloquio che l’attendeva. Neppure nel 1949, quando era stato convocato davanti al capitolo per supposta dissolutezza su denuncia della diaconessa responsabile dell’aiuto ai bisognosi della parrocchia. Qualche tempo dopo, la stessa delatrice era morta dopo aver partorito un figlio illegittimo. Pace all’anima sua, pensò soddisfatto il pastore.
  • Aveva sentito dire che i comunisti erano essenzialmente dei lavoratori poveri che sostenevano il principio della giusta spartizione della ricchezza. Secondo loro, ciascuno doveva ricevere in base ai suoi bisogni e non in base a quanto riusciva a carpire in denaro agli altri. Anche gli strumenti di lavoro dovevano essere di proprietà comune, affinché nessuno potesse trarne indebitamente profitto. Idee assolutamente ragionevoli (…).
  • Entrambi gli uomini erano comunisti puri e duri, membri attivi del sindacato degli edili. Promisero di eseguire i lavori richiesti in nero, come al solito. (…) Gli uomini spiegarono (…) che il giorno in cui fossero riusciti a mobilitare le loro forze, non avrebbero più dovuto sacrificarsi tanto per costruire dei fottuti camini per i borghesi. Il signor Ronkainen avrebbe potuto prendere lui stesso cazzuola e tronchese, loro sarebbero rimasti a guardare. Ma siccome i socialdemocratici, avidi di potere, avevano stipulato un patto sociale criminale coi reazionari, bisognava per il momento continuare nel vecchio stile.
  • Rutja mostrò interesse per gli ideali marxisti esposti dagli uomini. Sapeva che si trattava di un principio di spartizione del potere economico. Il capitale e i mezzi di produzione, secondo tale concezione, dovevano passare nelle mani della società. Era l’unico modo per porre fine alle disuguaglianze tra gli uomini. Così era avvenuto nell’Unione Sovietica (…) Nell’Unione Sovietica erano tutti ugualmente poveri. In Finlandia, solo gli operai e gli altri disperati erano poveri. Lì stava la grande differenza.
  • (…) si ritrovò lungo e disteso per terra, quasi in cattivo stato quanto i comunisti degli anni ’30 nelle celle della polizia di Stato dopo un energico interrogatorio.
  • (…) la storia era fatta più di guerre di religione che di guerre cosiddette normali.

 

Il figlio del dio del tuono di Arto Paasilinna

Cos’altro aggiungere? Ex guardaboschi ed ex giornalista, Paasilinna è diventato un autore di culto in Finlandia e all’estero per l’humour e la capacità di raccontare ridendo anche le storie più tragiche.

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