Il museo delle Civiltà Nere, uno strumento per la riabilitazione della dignità dell’uomo nero
Il presidente senegalese ha inaugurato il 6 dicembre 2018 il Museo Delle Civiltà Nere (MCM), un progetto nato più di 52 anni fa e che ha tra i suoi obiettivi quello di riabilitare la dignità dell’uomo nero in Africa e ovunque nel mondo (la “diaspora”)
Costruito grazie alla collaborazione cinese, l’edificio culturale si sviluppa su una superficie totale di 15 000 metri quadri, organizzati su 4 livelli, e di cui circa 5000 metri quadri di spazi espositivi. È completato da un auditorium di 150 posti attrezzato per ospitare conferenze, seminari e altri eventi.
Situato nel centro della capitale senegalese, è dotato anche di uno spazio denominato “Agora” o “Pencc”, destinato a eventi conviviali e a ricevere spettacoli ed eventi artistici. Di forma circolare, il Museo delle Civiltà Nere si ispira dell’architettura caratteristica delle case a impluvio della Bassa Casamance, nel sud del Senegal.
La sua forma evoca la storia profonda dell’architettura dei popoli Diola e Baynunck di Ziguinchor e dintorni. I diolas sono dei vei architetti !! Rotonde e immense, coperte da tetti di paglia leggermente inclinati, le capanne a impluvio sono tipiche della Casamance.
Pratiche e magiche, la porta di paglia intrecciata che permette di anticipare l’arrivo di un ospite, la « gassourma » ( a forma di imbuto) per espellere il fumo, raccogliere l’acqua piovana ( a uso domestico) e fare entrare la luce, il canale di scolo per l’acqua, le travi a vista, la soffitta, il feticcio che protegge e serve agli anziani per parlare con il vento, gli odori ddl « gatos », piatto tipico a base di olio di palma, due stanze per gli animali : tutto e’ previsto !
Le famiglie Diolas ci vivono, protette dagli animali feroci e dalle guerre !! Le capanne servono ancora come abitazione a Eloubaline o Erama, in altri casi sono state riconvertite in campamenti temporanei, come a Enampore. Queste capanne a impluvio si ritrovano un po dappertutto, in particolare nella bassa e media Casamance (nelle regioni di Ziguinchor e Sedhiou). Bisogna anche ricordare che i popoli della Casamance, in particolare i Diolas, Baynunck, Manjacques, Pepels… sono molto attaccati alla loro storia e tradizioni. La divinita suprema del popolo Diola si chiama « Ata Emit », o « Emitai ». Questo ha portato molti ricercatori a chiedersi le popolazioni dell’Africa Nera fossero davvero politeiste. Oltre ai Diolas, altri popoli come i Peuls, i Sereres del Senegal e i Dogons del Mali avevano rispettivamente Gueno, Roog Séne et Ama come divinita supreme. Tra la gente comune e queste divinita principale esistevano una serie di dei intermedi.
L’idea originale del museo delle Civiltà Nere nasce nel 1966, dalle parole del presidente Léopold Sedar Senghor pronunciate a margine del primo festival mondiale delle Arti Negre, a Dakar.
I congressi di Roma e di Manchester, in seguito alla convocazione di Marcus Garvey e William du Bois, avevano l’ambizione, nel contesto coloniale, di lottare contro il razzismo e tutte le forme di oppressione di cui erano vittime le popolazioni nere d’Africa e d’America, schiacciate da secoli di schiavismo e colonizzazione.
A causa di questi due flagelli, l’Africa ha visto il meglio della sua popolazione (giovani che potevano assicurarne lo sviluppo) strappato e venduto in America, nelle piantagioni di caffè, canna da zucchero e cotone. La tratta degli schiavi e la colonizzazione hanno completamente spopolato l’Africa, indebolito le sue risorse e portato alla disgregazione della sua società. La violenza coloniale e stata estrema e disumana.
Popoli interi come gli Hereros furono massacrati dall’invasore tedesco. Le opere d’arte del continente sono state saccheggiate e rubate all’Africa per ritrovarsi nei musei francesi, tedeschi, italiani, americani etc… al punto che i giovani ricercatori africani sono obbligati di viaggiare in Occidente per potere riscoprire la loro cultura e il loro passato. La concretizzazione di questo progetto, vecchio di 50 anni, si accompagna alla ormai irreversibile marcia verso la realizzazione di un mondo nero riconciliato con la propria storia.
Questo museo, cosi come tutti i congressi su questo soggetto tenutisi nel passato, tende al « riarmo » morale degli Africani, bullizzati, umiliati e sfruttati durante secoli di schiavismo e colonialismo. L’uomo africano è stato toccato molto profondamente nella sua carne e dignità di uomo, in quanto reso oggetto e presentato come un selvaggio da evangelizzare dall’imperialismo europeo, che, uscito dall’Illuminismo, si credeva investito di una missione di civiltà, il cosidetto « fardello dell’uomo bianco » (convertire questi primitivi insegnando loro a leggere, scrivere e il Vangelo di Cristo in modo da salvarne le anime ; umanizzare questi selvaggi e sviluppare l’Africa secondo una visione occidentale)
Il progetto di costruzione di un museo delle civiltà Nere è stato proposto per la primissima volta nel 1925, dal senegalese Lamine Senghor e da un gruppo di intellettuali africani, la cui ambizione era di riabilitare attraverso questa opera “la dignità dell’uomo nero”, ha d’ altronde precisato il ministro senegalese della Cultura, Abdou Latif Coulibaly.
Per la posa della prima pietra del MCN si è dovuto attendere il governo dell’ex presidente Abdoulaye Waze, nel dicembre 2011, per un successivo inizio lavori nell’aprile 2012
Il presidente Macky Sall ha sottolineato come “il museo delle Civilta Nere trasmette il nostro attaccamento al rispetto dell’eguale dignità tra differenti culture e civiltà, così come alla salvaguardia della diversità culturale del mondo”
Secondo il presidente Sall, questo museo è aperto a tutta l’Africa e alla sua diaspora, “a tutti i popoli guidati dalla pace e dall’idea della condivisione e convivenza”. Ha d’altronde invitato a ricordarsi “dei precursori del panafricanismo e pionieri della rivendicazioni dell’identità culturale negro-africana”, tra i quali il guyanese Léon Gontran Damas e i senegalesi Léopold Sédar Senghor e Alioune Diop.
Il museo può accogliere 18000 opere, dalle vestigia dei primi ominidi fino alle creazioni contemporanee, ha sottolineato il direttore, professor Harmady Bocoum, citando per esempio
Scoperte archeologiche che ci ricordano ancora oggi come l’Africa sia la culla dell’umanità e che é proprio a partire dall’Africa che l’uomo é partito per popolare il pianeta Terra. Dall’Africa iniziano le prime grandi migrazioni : Africa →Europa ; Africa→Asia ; Africa→America.
Secondo gli storici l’uomo africano é uscito dallo stretto di Gibilterra per trasformarsi nell’uomo bianco che é andato a popolare l’Europa. É passato attraverso il Mar Rosso per arrivare in Asia e diventare l’uomo giallo. Dall’ Asia, attraverso lo stretto di Bering é diventato l’uomo rosso che ha preso possesso delle Americhe.
Di conseguenza le migrazioni hanno sempre fatto parte del quotidiano dei popoli in generali e dei popoli africani in particolare. Dall’Africa, le popolazioni enre sono andate a conquistare le terre selvagge d’Europa, Asia e America per ragioni umanitarie, di sopravvivenza legate alla ricerca di nuovi spazi e cibo, alla carestia dei cinghiali e per curiosità.
Con la tratta degli schiavi e il colonialismo, gli Europei si sono lanciati alla conquista del mondo per delle ragioni essenzialmente ideologiche ed economiche : é la nascita del capitalismo selvaggio, che non esita a frantumare civiltà’ e popoli africani. L’europa ha derubato e saccheggiato l’Africa. E continua ancora oggi, con la complicità delle elites politiche del continente. E’ questo che spiega le ondate continue du giovani africani che cercano di attraversare gli oceani e il mediterraneo per andare in Italia, in Francia, in Inghilterra…
Il progetto del Presidente Francese Emmanuel MACRON di rimpatriare le opere d’arte rubate durante il periodo coloniale permetterà agli africani di riappropriarsi di parte della loro memoria. In Senegal ad esempio si attende con impazienza il ritorno del bastone di Elhadji Omar TALL, un valoroso resistente musulmano al colonialismo
L’edificio culturale presenta le “qualità di un museo all’avanguardia dove la temperatura e l’umidità sono controllate e regolabili in ogni singola sala”, ha rivendicato il Pr Bocoum, aggiungendo che il museo punta a mettere in valore “il contributo dell’Africa al patrimonio culturale e scientifico”
Inoltre questo museo e’ destinato ad avere un ruolo nella riscoperta culturale dei giovani studenti senegalesi e africani, poiché’ le sale espositive avranno opere che spaziano dalla preistoria all’era contemporanea. Ci saranno elementi rappresentativi della tratta degli schiavi, del colonialismo, le resistenze africane all’imperialismo europeo, le pitture degli artisti…
Questo museo contemporaneo deve essere, innanzitutto, “un operatore che lega i mondi dell’università e della cultura, in modo da poter realizzare i progetti suscettibili di trasformare questa istituzione in uno strumento di sviluppo scientifico, culturale, economico e sociale”, ha completato il Pr Ibrahima Thionville, rettore dell’università Cheikh Anta Diop de Dakar (UCAD) e presidente del comitato scientifico del Museo.
Mamadou Woury DIALLO, Formateur en Histoire-Géographie et doctorant en Histoire à l’Université Cheikh Anta DIOP de DAKAR
Amadou Sarra BA, Journaliste à l’Agence de Presse Sénégalaise(APS) et Doctorant en Histoire à l’Université Cheikh Anta DIOP de Dakar