Grazie a Trevor di Nadir Music Promotion ha risposto a qualche nostra domanda il chitarrista della band genovese No Man Eyes Spane, che ci spiega la genesi del loro ultimo ottimo disco “Harness the sun” e di tanto altro.
– Ciao, come nasce la storia narrata in “ Harness the sun” ? –
Ciao a tutti da Spane, chitarrista della band! Innanzi tutto ho sempre avuto in testa l’idea di scrivere un concept, fondamentalmente perché credo che un disco di questo tipo sia “più della somma delle sue parti”: se riesci ad arrivare in fondo in maniera coerente per la storia e soddisfacente per la musica, hai fatto un lavoro profondo e articolato che a mio avviso acquista valore rispetto a produzioni meno strutturate. Senza togliere niente ai nostri precedenti lavori, dove c’è stato ugualmente tantissimo lavoro, semplicemente qui abbiamo migliorato il songwriting dando un filo conduttore più marcato a tutta l’opera.
Già che ci siamo vi ricapitolo brevemente la storia. La Terra del futuro è un pianeta impoverito e inquinato, in costante bisogno di risorse energetiche, indispensabili per la riduzione dell’inquinamento e per la sua stessa sopravvivenza. Viene costruita e disposta intorno al Sole una “Sfera di Dyson” (una struttura in grado di assorbire l’energia della stella direttamente alla fonte) che però presenta continui malfunzionamenti apparentemente inspiegabili. Entra quindi in gioco William (interpretato dal nostro singer Fabio Carmotti), uno scienziato che viene incaricato di recarsi sulla struttura e renderla finalmente funzionante. William parte quindi alla volta del centro del sistema solare in compagnia di un androide umanoide di nome ISAAC (Claudio Canovi, Aurea), ma una volta giunti sul posto avviene un incidente che causa la perdita di contatto tra William e la nave, e il nostro protagonista si trova a fluttuare nello spazio, attratto dal Sole, immerso nelle radiazioni solari e in attesa di essere vaporizzato.
La fine però non giunge, e William viene trascinato all’interno della stella dove riceverà una sorta di illuminazione, placando la sua “ricerca del divino” quando farà la conoscenza di Viracocha (Silvia Criscenzo, Guzuta), un’entità cosmica che farà importanti rivelazioni sul futuro dell’intero sistema solare. Si scoprirà poi che anche ISAAC ha un complesso piano in mente, ma le relazioni tra i tre personaggi li porteranno a un cambiamento, una presa di coscienza… giungendo a realizzare che ogni vivente ha una scintilla di divinità in sé.
– Si sente e si vede molto chiaramente che c’è tantissimo lavoro e passione dietro questo disco, cosa vi aspettate da questo lavoro ? –
Penso che il miglioramento di sé e delle proprie capacità debba essere perseguito sempre, mettendosi alla prova e cercando continuamente di imparare cose nuove, in questo aver scritto un concept ci ha insegnato davvero tanto e un primo obiettivo lo abbiamo già raggiunto. A questo punto ci interessa portare la nostra musica ovunque sia possibile, per fare ciò stiamo lavorando su due fronti, in primis stiamo preparando uno show con cui vogliamo riproporre fedelmente l’intero disco, con tre cantanti sul palco e l’inclusione in pianta stabile di un tastierista, il cui nome speriamo di poter ufficializzare a breve. Avere su “Harness the Sun” due grandissimi ospiti come Gabriele ‘Gabriels’ Crisafulli e Dave Garbarino (Mindlight) ci ha fatto venire voglia di fare questo passo e l’impatto in sede live sarà di sicuro più sofisticato e solido.
Inoltre, stiamo lavorando alla realizzazione di materiale video con cui speriamo di riuscire a “illustrare” adeguatamente quello che ad oggi è il nostro lavoro più maturo.
Infine, parallelamente alla realizzazione del disco ho scritto anche una sorta di “racconto lungo” per meglio dettagliare la storia, se tutto va bene inizieremo tra non molto a condividere capitolo per capitolo sui nostri social. Un bel pò di carne al fuoco quindi!
– La vostra musica è molto elegante e si basa di un concetto di prog metal che non è facile incontrare spesso, a quale pubblico vi rivolgete? –
Direi sicuramente agli amanti del power-prog, io e specialmente Alessandro (bassista) siamo appassionati del genere e tanti tratti caratteristici si ritrovano nella nostra musica. Penso in particolare a Symphony X, Adagio, il power tedesco e tante altre band che indirettamente hanno influenzato molte scelte e atmosfere che si trovano in “Harness the Sun”. Inoltre c’è un certo sapore neoclassico che traspare sia dagli assoli che dalle progressioni armoniche: abbiamo sempre ammirato il Maestro e le sonorità oramai sono parte del nostro DNA. Altro pubblico che potrebbe apprezzare la nostra proposta è quello del cosiddetto modern metal, che spesso ha tratti più pesanti rispetto alle altre influenze citate. Qui mi riferisco a band come Soilwork, The Agonist, Nevermore: ascolti che hanno inevitabilmente influenzato questo disco sia per l’impostazione generale dei brani (strutture, BPM, linee vocali) che per la produzione, anche se spero sempre che il nostro lavoro suoni comunque originale e che non sia considerato derivativo.
– Come descrivereste il fare musica dopo la pandemia ? –
Personalmente mi ha sempre appassionato di più il lavoro in studio piuttosto che la dimensione live, per cui posso dirvi che la pandemia mi ha dato la possibilità di approfondire una serie di aspetti legati alla produzione e mi ha donato quella concentrazione e quell’isolamento che si sono rivelati preziosi per comporre brani migliori. Al netto di tutti i fastidi e i problemi patiti da molti, la pandemia mi ha consentito quindi di mettere da parte un bagaglio di esperienze che considero preziose, e come me tanti altri hanno fatto lo stesso. Allo stesso tempo il pubblico è sempre più attivo online e si aspetta di fruire di contenuti ben confezionati e validi, cosa particolarmente sfidante in quanto la qualità generale si è alzata negli ultimi anni. Insomma, riuscire a farsi notare mi sembra sempre più difficile, per cui è indispensabile essere attenti e ‘leggere’ questi cambiamenti agendo di conseguenza. L’anno scorso proprio per questi motivi ho iniziato un percorso per imparare un po’ dell’arte del video making, non è semplice ma è una tappa obbligata, peraltro particolarmente divertente!
– Vi piace unire la fantascienza ed il metal, continuerete a farlo o guarderete anche altrove come tematiche ? –
Se continuo a scrivere i testi io si 🙂 la fantascienza è una delle mie grandi passioni che mi porto dietro dall’infanzia quando mi ero appassionato alle teorie degli ‘antichi astronauti’, vedendo nascere in me la curiosità per questo mondo fantastico. Ad ogni modo credo che la fantascienza, e gli autori che preferisco (Asimov, Gibson, Dick, Scott Card…) hanno questa impostazione, sia spesso poco più che un pretesto per parlare della condizione umana, di cosa ci manca, dei nostri dubbi esistenziali più forti. Prendiamo William (il protagonista di Harness the Sun): è un uomo nato in una società votata alla scienza ma ha un bisogno interiore di spiritualità, che placherà solo nel momento in cui incontrerà una vera divinità come Viracocha, diversa dagli dei delle religioni in quanto non onnipotente e pertanto più comprensibile in quanto non perfetta. Ecco, all’80% per me la fantascienza è il pretesto per approfondire temi che sono essenzialmente spirituali, e ovviamente su William ho proiettato tanti pensieri e domande che mi appartengono…
– Dopo tanti anni che siete in giro e che suonate per voi quale è la mancanza più grossa della scena underground metal italiana ?-
Se parliamo di produzioni la scena underground mi sembra essere abbastanza viva, lo vediamo in primis nella nostra città (Genova) e più in generale in Liguria, dove c’è parecchio fermento e in tanti casi ho constatato l’ottima qualità dei lavori. La cosa non mi stupisce, siamo pieni di musicisti validi e rispetto ad anni fa è inevitabile che ci sia stata una maturazione generale… per cui per questo aspetto direi che va bene così.
Ciò che forse si potrebbe migliorare è relativo all’aspetto live della musica, in quanto rispetto al passato il pubblico mi sembra meno interessato a seguire la musica originale dal vivo. Dobbiamo quindi tenere presente che è responsabilità nostra confezionare show validi e, se si vuole piacere, proporre musica che incontri i gusti del pubblico. Personalmente ho sempre composto brani in primis per me stesso e non mi sono mai posto particolarmente il problema di quanto fosse ‘vendibile’ la musica dei No Man Eyes, vedremo con le prime uscite live quale sarà la risposta del pubblico e come sempre faremo tesoro delle esperienze.
-Ciao e grazie mille per la vostra disponibilità.
–Grazie a voi! E grazie alla nostra label Buil2Kill Records, a Trevor e Federico Gasperi che stanno curando la promozione di “Harness the Sun” e a tutti coloro che hanno ascoltato il nostro ultimo CD, che vi ricordiamo essere in vendita anche in copia fisica (chi è interessato può scriverci all’indirizzo nomaneyes@gmail.com o sulle nostre pagine social). Grazie ancora e alla prossima!