iye-logo-light-1-250x250
Webzine dal 1999
Cerca
Close this search box.

Recensione : Ivenus – Dasvidanija

Synth, pop e disagio, la formula magica de iVenus tenta a tutti i costi di piacere e ci riesce, sempre si riesca ad abbandonare ogni velleità.

Scrivere una recensione è già più difficile di quel che possa sembrare, tutto si complica poi se nel mirino finisce un gruppo con cui condividi la stessa città d’origine. Voci, note e rumori diventano volti, caratteri e sagome che hai visto calpestare le tue stesse strade per anni. Separare il livello di giudizio dell’ascoltatore nativo dall’ottica in scala nazionale non è semplice, soprattutto se si parla di un gruppo, come iVenus, con cui è difficile condividere spazio vitale senza creare un rapporto emotivo di qualsiasi sorta.

Attivi sul territorio ligure dall’età della pietra, il loro debutto di un paio di anni fa, Tanz!, sapeva ancora molto di ‘fatto in casa’, ma conteneva già una quantità notevole di singoli irresistibili, che li aveva sbalzati in un tour biennale in cui si sono trovati a condividere il palco con alcuni dei nomi più altisonanti della scena italica. Piacioni, spettinatori ammiccanti e volutamente poco raffinati (anzi, piuttosto tendenti al trash) volano intorno a quel pop più teatrale e rumoroso, supportato però, più di quanto lascino intendere, da un ABC implicito di quanto successo in Italia negli ultimi anni in ambito musicale, dal baby building al che cos’hai tu da brillare tanto e l’occhio nero con la matita blu.

Per chi già li conosce, Dasvidanija non cambia troppo le carte in tavola rispetto al passato: si parla sempre di un assetto strumentale dei più classicamente rock, arricchito da una tastiera effettata, pestata con foga, che prende spesso il sopravvento su tutto, lasciandosi piegare solo dai capricci vocali del frontman Cash nella Pelliccia. Tanti riverberi, tanti synth, tanto pop, tanto casino: il rischio di suonare come un vecchio incubo anni ’80 è sempre dietro l’angolo, ma tutto sembra fatto per far muovere e ballare o quanto meno battere un po’ il piedino. I testi, sorprendentemente arguti, abbozzano ritratti agrodolci di gioie passate o auspicate, disagi e disastri emotivi con picchi di menefottismo notevoli, misantropia e amore globale condividono lo stesso letto.

Se un elemento di costanza c’è, è sicuramente la ricerca dell’orecchiabilità più immediata e coinvolgente (una sola eccezione: la title-track, ballata lenta e docile nei suoni, ma non nel testo). Ci sono dei momenti in cui il gruppo ci riesce discretamente bene (la blasfema The great capitombolo, il tripudio di synth di scuola i Cani Settembre, il Fiumani & Dylan Dog di Mangianastri), altri in cui qualche perplessità può essere più che lecita (C’est la vie mon amie, in cui la musica leggera tende a diventare troppo leggera, e Ventricoli, mancante quel qualcosa in più che mantenga viva l’attenzione). Spicca sul resto, scandendo il ritmo generale del disco, l’irresistibile trittico P.O.P, Grazielle e Rembrandt: giocate su ritmi martellanti e ciclici, tutte e tre si scagliano in faccia all’ascoltatore, avvinghiandolo in una presa ermetica da cui è difficile sottrarsi.

Per capire del tutto iVenus, probabilmente, bisogna andarli a cercare in qualche concerto, quando ci si trova davanti a orde in delirio, crowd-surfing ad ogni ritornello, bassisti che si contorcono a piedi nudi e caramelle gettate a grappoli contro gli aficionados in prima fila. Questo, però, si rivela sempre un’arma a doppio taglio, raramente impugnata dalla parte del manico in un mondo in cui la carta che canta resta pur sempre il disco. Se immerso nel contesto nazionale e spogliato di tutte le associazioni visive e sonore raccolte nei live, Dasvidanija rischia di fare la figura del Davide: ha ancora le spalle strette e le gambe deboli, avrebbe forse bisogno di un po’ di esercizio mirato per rinforzarsi qua e là, ma potrebbe lo stesso battere il suo Golia se decidesse di giocare d’astuzia.

Tracklist:
01. P.O.P.
02. The great capitombolo
03. Settembre
04. C’est la vie mon amie
05. Mangianastri
06. Grazielle
07. Ventricoli
08. Rembrandt
09. Dasvidanija

IVENUS – pagina Facebook

Spotify

Get The Latest Updates

Subscribe To Our Weekly Newsletter

No spam, notifications only about new products, updates.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE

Se Una Notte D’estate Al Berghain

Alla tenera età di 21 anni mi sono ritrovato, dopo varie vicissitudini legate al mio percorso di studi, a poter frequentare un corso di lingua a Berlino per tre settimane. Il Muro, i club techno, il divertimento, la birra che costa meno dell’acqua, le droghe leggere tollerate. Esatto, tutte queste cose e anche qualcosa di più. Se avete degli amici festaioli, vi sarete sicuramente accorti già da tempo che la nuova capitale tedesca ha soppiantato, piuttosto prepotentemente, la altre capitali europee, soprattutto per quanto riguarda scena musicale e vita notturna.

Cosmo – Disordine

Tutti gli addii fanno male. Per fortuna in questo caso ci si trova davanti a una rara eccezione: il disco di Cosmo, ovvero quel Marco Jacopo Bianchi caposaldo degli stessi Drink To Me che, dopo tre dischi in cui non mancava certo di cui entusiasmarsi, hanno deciso di mettersi in pausa. Dalle loro ceneri nasce appunto Disordine, spin-off solista della voce del gruppo, che si cimenta in una formula sicuramente non nuova, ma ancora poco sentita sul suolo nazionale.

Spotify

È passato poco più di un mese da quando il colosso londinese ha deciso di sbarcare anche in Italia con il suo programma tipo-iTunes-ma-in-streaming-e-gratis-ma-se-paghi-hai-roba-in-più. Chiunque abbia provato a installarlo e collegarlo al proprio profilo Facebook mi capirà, se dico che non è difficile entusiasmarsi. Gli adepti sono infatti cresciuti stabilmente giorno dopo giorno, andando a pescare da un pubblico piuttosto eterogeneo e non solo dai soliti hipster nerdeggianti che non si fanno scappare l’ultima supposta rivoluzione post-MySpace (di prima generazione).

Lava Lava Love – Au Printemps

Era l’estate del 2011 quando i Lava Lava Love uscirono con il loro spensieratissimo esordio a tinte calde e brillanti, A Bunch Of Love Songs And Zombies. Nati dall’idea di un paio di musicisti con parecchia esperienza alle spalle (Massimo e Vittorio) e qualche nuovo amico conquistato (Andrea, Florencia) o ritrovato (Oliviero), per la loro seconda fatica restano in casa con la genovesissima The Prisoner Records, con il benestare di Mezzala, capoccia dell’etichetta, e in compagnia di, tra gli altri, Iacampo, Kramers e Tarick1.