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Recensione : Jack White – Lazaretto

Ennesimo capolavoro del sempre più geniale Jack White.

Il talento di John Anthony Gillis, in arte Jack White, polistrumentista e songwriter di Detroit, è qualcosa che sfugge a tutte le regole del fare musica negli ultimi quindici anni, andando oltre i gusti personali o il genere proposto ed elevandosi ormai a divinita’ del rock’n’roll, alla pari con quella decina di musicisti che hanno camminato sulla Terra dagli albori della nostra musica preferita ai giorni nostri.

Accantonata la gallina dalle uova d’oro White Stripes, Jack ha continuato a fare grande musica, prima con i progetti Raconteurs e Dead Weather e poi, non contento, è partito per raggiungere l’Olimpo, con il primo bellissimo album solista dal titolo “Blunderbuss” uscito un paio di anni fa.
Lazaretto raccoglie l’eredità di quella fantastica prova e, come non bastasse, la supera per intensità con una raccolta di brani che consacrano il musicista di Detroit come uno dei piu’ grandi rockman viventi.
Attenzione, rockman e non bluesman perché nella musica di White convivono talmente tante anime che questo è un appellativo più appropriato, inglobando nel suo nuovo album praticamente tutti i generi suonati in America negli ultimi sessant’anni.
Garage, blues, country, honky tonk, suoni roots e divagazioni gospel per un rock dove, questa volta, a parte la bellissima titletrack e pochi altri momenti (High Ball Stepper), il suo chitarrismo secco, scarno e colmo di geniali distorsioni, lascia spazio a molteplici varianti strumentali regalando una quarantina di minuti di meraviglie come la bellissima Just One Drink, un brano che gli Stones non scrivono ormai da trent’anni e andando a stracciarli sul loro terreno.
Temporary Ground, cantata insieme a Lillie Mae Rische, è una country song che ci porta negli stati del Sud, con il naso che si riempie degli odori di fieno ed erba bruciata dal sole, ed i vecchi bluesman del passato sorridono da lassù nell’ascoltare il drammatico incedere di Would You Fight For My Love?, blues moderno ed intenso ed uno dei brani top dell’album.
Ancora grande country con Entitlement, impreziosita da una prestazione tutta cuore dal buon Jack, prima che il funky imbastardito di That Black But Licorice stravolga le poche certezze sul sound di questo lavoro, portando il musicista di Detroit su vette che, sinceramente, oggi nel rock non vedo chi possa raggiungere.
Ma il talento di White esce allo scoperto nel riuscire ad inglobare tanti generi senza perdere mai il filo di un discorso musicale che, ogni anno, si fa sempre più coinvolgente, mantenendo una coerenza di fondo che ha del miracoloso.
Lasciatevi coinvolgere dalla musica di questo stupefacente musicista, consci d’essere al cospetto di un autentico genio.

Tracklist:
1. Three Women
2. Lazaretto
3. Temporary Ground
4. Would You Fight For My Love?
5. High Ball Stepper
6. Just One Drink
7. Alone In My Home
8. Entitlement
9. That Black Bat Licorice
10. I Think I Found The Culprit
11. Want And Able

Line-up:
Jack White – Guitars,Vocals, Piano, Percussion, Maracas

Guests:
Catherine Popper – Bass
Dean Fertita – Guitars
Maggie Bjoklund – Guitar
Fats Kaplin – Mandolin
Dominic Davis – Bass
Bryn Davis – Upright Bass
Ben Blackwell – Drums
Daru Jones – Drums
Carla Azar – Drums, Timpani
Patrick Keeler – Drums
Ruby Amanfu – Tamburine, B.Vocals
Lillie Mae Rische – Fiddle, Mandolin, Vocals
Timbre Cierpke – Harp
Ikey Owens – Hammond, Keyboards, Moog
Brooke Waggoner – Hammond, Piano, Moog
Cory Younts – Harmonica, Piano, Synth

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