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Recensione : Jordaan – Season of redemption

Jordaan - Season of redemption: I sette pezzi del disco riflettono l'immagine sonora di un gruppo che ha raggiunto un livello compositivo molto alto.

Jordaan – Season of redemption

I sette pezzi del disco riflettono l’immagine sonora di un gruppo che ha raggiunto un livello compositivo molto alto, la perfetta fusione di luce e tenebre, di vita e morte, di cosmo e terra, contrari che si girano su loro stessi.

Ritorno discografico per i torinesi Jordaan dal titolo “Season of redemption”.

Il gruppo è in ballo dall’ormai lontano 2009, e questo è il loro terzo disco. Sono passati otto anni dal precedente e ottimo “Theoretic” su Argonauta Records, il loro secondo disco, che li aveva portati prepotentemente all’attenzione di chi ama la musica pesante fatta con il cervello e con il cuore. Ora il gruppo torinese è un trio, e ha mutato pelle musicale, compiendo un’ulteriore evoluzione che ha arricchito una struttura musicale già importante. In “Season of redemption”, titolo che è importante nell’economia della svolta operata, possiamo ascoltare post metal, post rock, post doom, generi e sottogeneri che servono giusto per dare un’indicazione di massima, perché solo l’ascolto fatto preferibilmente con cuffie e occhi chiusi.

I Jordaan creano un universo sonoro rigoglioso ed in continuo mutamento, giri di chitarra che sono rivoluzioni di pianeti nello spazio, una ritmica che preme sui confini, immagini musicali di nostri sentimenti, ma soprattutto fughe in luoghi ancora inesplorati, e quel grande piacere di un pendolo musicale che oscilla in diverse posizioni musicali, non fermandosi mai, suono perpetuo. I Jordaan appartengono decisamente alla scena post, post perché è una creazione musicale che è passata attraverso varie centrifughe musicali, partendo dai Neurosis per arrivare all’underground post metal nostrano, di cui i Jordaan sono un’ottimo esempio. Non a caso sono di Torino, città speciali per la musica e non solo, che ha forse qualcosa di diverso rispetto al resto della penisola, qualcosa che si percepisce nettamente quando la si visita.

I sette pezzi del disco riflettono l’immagine sonora di un gruppo che ha raggiunto un livello compositivo molto alto, la perfetta fusione di luce e tenebre, di vita e morte, di cosmo e terra, contrari che si girano su loro stessi, frattali nel caos ordinato.

Le trame sonore di “Season of redemption” ti entrano dentro, emozionandoti e ricoprendoti come fossero un’armatura che serve per andare nello spazio, la loro musica è l’universo là fuori, temuto ma agognato, voluto eppure terribile. Un ottimo ritorno, uno fra i dischi più interessanti dello spazio post di quest’anno.  Musica che va oltre noi con lei.

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