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Recensione : Julie’s Haircut

Il progetto gira molto bene sulle felici corde di certa sperimentazione che è ormai quasi attitudine distintiva del gruppo, il disco suona in maniera iperpiacevole ed interessante; l'avventura psichedelica si avvale di un velato spirito modulare che fa la felicità delle invenzioni strumentali, si gode di tante ambientazioni e curiosità sonore, sembra di leggere quasi un libro. Tutte le tracce sono felici momenti espansi su cui oltrepassare la porta del pop, che aleggia comunque sul lavoro, sebbene il meno evidente è il più seducente mistero.

L’angolazione, la prospettiva, il punto d’osservazione, la base di partenza; la sedia, cioè, una comoda poltroncina, avviluppa la sagoma nella morbida e comoda stoffa imbottita in cui si abbandona slusciante, i monitor intorno a coprire la visuale interfacciandolo col reale, ciò che guarda innanzi è se stesso filtrato; i sensori e i rilevatori sono accesi, le leve di comando sotto le mani e i piedi rispondono agli impulsi. Ben insonorizzato dalle potenti cuffie a cristalli liquidi, che fanno giungere ogni tipo di onda sonora alle orecchie captata dalla parabolica esterna, scopre il segnale, l’acido bip bip bip… del segnale vitale….
E’ appena partito con la sua astronave di giga, decompresso nel vuoto di ciò che è detto spazio, a caccia della MISSIONE: salvare Julie dal barbiere di Siviglia.

Ora i Julie’s Haircut sono diventati davvero il mio gruppo preferito. Translucenti in questa veste sonora che profuma di classe, anche se gli scappa la mano sulla bocca per coprire quella breve emissione, quel suono che è elaborazione pura, compendio energetico ed estetica essenza del pantagruelico che nasconde il mistero, ugualmente restano aggraziati. Curioso ed eccitante il loro segnale sprigionato dall’al-di-là, seguendolo ci si allontana sempre più dal brusio terrestre che impediva la partenza verso l’abbandono, verso la cerebralità di suoni captati anni luce distanti, verso il diverso approccio, quindi esulto alla loro chiamata, sono felice che Julie’s Haircut cerchino “l’altro” congetturando collegamenti mentali catartici.
Il segnale, quel raro segnale, ancora pulsa flebile sotto le coltri del tempo che fu, oggi il tempo corre e sublima ogni cosa, ormai quasi non si ha più il tempo, e con esso la voglia…. e quando non si ha voglia, tempo e denaro, il segnale diventa sempre più debole e gelido, difficile essere ricettivi; ci vogliono quindi i forti, gente che sappia generare un segnale talmente generoso e potente da toccare i corpi di più individui; e finalmente eccolo presente tra noi!

Terra bruciata il vecchio ordinamento terrestre, la gravità, le catene, le logiche papali, il circadiano roboante scoreggio del fanatismo, l’illogica della squola, il tempo delle pere + mele = contadino dalle scarpe fini e dal cervello geneticamente mummificato. Il volgo volge all’ora nuova. Noi, i pionieri della missione, disorbitiamo nello spazio siderale per raccogliere i semi della fatata Julie dal taglio di capelli che questa volta non saranno tagliati dal furbo sivigliano, semplicemente perché Julie si libra e osserva: overdrive impazziti, frequenze illimitate di pattern evasivi, rilevatori di emozioni bulbose operosamente drizzati, saxcosmici danzanti su onde equalizzate da diffusori radioambientali direzionali; handle with care, si perde facilmente il senno tra le malinconie estatiche al sorgere di sconosciuti mondi, e si va incontro a selezioni tribali innescate dal percussivo percolante, divincolante maglio che non si smaglia sotto gli arpeggi-vate irraggianti della guitar, mentre la bass guitar Bhagavadgītā controlla il cieco cuocere della prelibata musica affinché non bruci, e il gate del processore è aperto: annuiscono le accensioni delle keyboards spirituali abbracciando vibrati echi, raffiche mistiche di sbuffi improvvisi manifestano creazioni free, urgono stridori magici. Dov’è possibile il segnale extracognitivo, il processore wha-wha è amplificato; sì, siamo amplificati, we get amplifier! Riceviamo nella sospensione placentare la sintonia, il corpo risponde alle emozioni della mente, occultamente inscritti all’ascolto luteo spaziale, ipnotizzati sull’amaca volante, intrappolati dall’uso specifico di invocazioni e danze rituali del doppio demone dionisiaco evocato, incrociamo persino la teiera volante, che rivelazione cosmica!

Il sembiante-apparente, gemello che da fuoco alle polveri, turbina nelle volute del Zukunft ermafrodito, segno di conoscenza, scardinando la pelle dell’orso pezzato che ci ricopriva, pezzo dopo pezzo viene disgregata ed espulsa dal veicolo astrale, leggerezza in moto angelico, arrivano dal gate nuovi discepoli. Il propulsore postatomico è drogato, è carburante infinito proveniente da centurie preveggenti. Ci siamo, ci siamo! Il cuore ritma la poesia siderale accrescendo le virtù trasversali che sfrecciano attorno a noi… il vento solare spira sulle vette delle facciate dei pianeti oscuri, ogni tanto un serpente nel freddo del deserto rompe il guscio ovale ed è la pioggia ad inondarlo di bontà salutare, pioggia di latte della milky way.
In copertina salutiamo l’avvento dell’essere bidimensionale, l’uovo di colombo s’è rotto, la Pasqua tombale è nella resurrezione dell’immagine apocrifa.

TRACKLIST
1 Zukunft
2 The Fire Sermon
3 Orpheus Rising
4 Deluge
5 Salting Traces
6 Cycles
7 Gathering Light
8 Koan

LINE-UP
Nicola Caleffi: chitarre, voci

Luca Giovanardi: chitarre, tastiere, basso, voci

Andrea Rovacchi: tastiere, percussioni

Andrea Scarfone: basso, chitarre

Ulisse Tramalloni: batteria, percussioni

Laura Agnusdei: sassofono tenore, sassofono alto

https://www.facebook.com/julieshaircut/?fref=ts

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