L’autore britannico di origini nipponiche ha mantenuto la promessa, confermata in varie interviste, di voler creare un prodotto letterario differente, audace, atipico.
“Gli inconsolabili” è l’architettura di un sogno.
In una città senza nome arriva un pianista, il signor Ryder, ad attenderlo giornalisti, curiosi e personaggi inquietanti.
Tutti conoscono il pianista e tutti si aspettano qualcosa da lui. Ma Ryder non ricorda nulla, neppure la ragione per la quale si trova in quella città, né perché le facce dei presenti gli suonino familiari; da qui si dipana la ricerca di notizie, significati, verità.
La trama scorre anche se gli eventi vengono continuamente interrotti, sviati, in un labirinto di luoghi e situazioni improbabili, senza spazio né tempo.
535 pagine rette sul nulla, alla conclusione di ogni capitolo la tentazione di lasciar perdere la lettura è forte.
Perché allora il libro finisce per avvincere?
Per un solo motivo: è scritto bene.
L’autore descrive con tanta arte le singole situazioni, stati d’animo, dialoghi e ambienti che non solo ogni sezione ma perfino ogni mutare di prospettiva risulta una vicenda a sé stante che si vuole a tutti i costi conoscere.
All’inizio di ogni capitolo ci si aspetta sempre che il protagonista si svegli, tanto è surreale ciò che accade, ma non è così, si continua a leggere lasciandosi indietro dubbi e perplessità, in attesa di un chiarimento che non arriverà mai.
Poi, quando finalmente appare evidente che tutto il racconto è avvolto da una atmosfera rarefatta, si apprezza la capacità dell’autore che con una scrittura fluente e tante rocambolesche invenzioni, rende godibile l’avvenuta del signor Ryder, che è misteriosamente chiamato a risolvere le angosce di tanti, gli inconsolabili appunto.
EDIZIONI : Einaudi