Iyezine è stata a Desio alla prima edizione del Kernel, un festival che si inserisce già tra quelli che contano, il cui principale intento è instaurare un dialogo tra varie espressioni dell’arte digitale contemporanea in una location storica.
Iyezine è stata a Desio alla prima edizione del Kernel (1 / 2 / 3 Luglio 2011), nome che, solo per curiosità, indica in informatica il nucleo di un sistema operativo. Il Kernel è un festival tutto nuovo, ma che si inserisce già prepotentemente nel numero di quelli che contano dalle nostre parti, grazie a un’ottima organizzazione, a una proposta artistica molto valida, e a grandi nomi sul palco.
Il festival ha avuto una cornice d’eccezione, cioè la villa settecentesca Tittoni-Traversi, in stile neoclassico, con il suo parco dove il pubblico ha ballato guardando le proiezioni video sulla facciata del palazzo. Una location davvero particolare, per la magnifica idea di portarvi giovani, musica, spettacolo, arte contemporanea.
Già da queste premesse si capisce il principale intento della manifestazione nel suo complesso, quello cioè di instaurare un dialogo tra varie espressioni dell’arte digitale contemporanea, introducendo la modernità in una location storica.
Si può dire che le esperienze che si vivono al Kernel inducono sensazioni multisensoriali, coinvolgendo varie forme di percezione: lo spettatore è a contatto con musica, arte digitale e interattiva, audiovisual mapping e architettura effimera.
In particolare ho piacere di parlare dell’audiovisual mapping, che ha sempre accompagnato i dj set ma non solo, perchè in alternanza alle performance dei musicisti si sono susseguite quelle di grandi nomi delle proiezioni audio-video, che hanno trasformato le architetture settecentesche della villa ridisegnandone gli spazi, unendo l’aspetto visivo e quello uditivo. Ho avuto il piacere di assistere ad alcune di queste esibizioni e sono rimasto veramente sbalordito dalle loro capacità espressive.
Interessante anche la possibilità di partecipare ad attività quali conferenze e workshop con gli artisti, uno spazio d’incontro e coinvolgimento attivo per l’accrescimento reciproco e lo scambio d’idee.
Altra iniziativa davvero degna di nota sono le “Open Calls”, un modo di selezionare gli artisti che può dare ottime opportunità di visibilità agli emergenti. Si tratta infatti di una sorta di bando di concorso per esibirsi al festival: i giovani artisti emergenti hanno potuto proporsi volontariamente, ed una giuria specializzata in ciascuna delle aree di interesse ha selezionato i più meritevoli tra le 250 proposte ricevute da 39 paesi diversi. Le open calls hanno riguardato sia la sezione della musica elettronica, che quella dell’audiovisual mapping, dell’arte digitale e dell’architettura temporanea.
Ma veniamo alle esibizioni:
Siamo stati alla prima serata, dove a farla da padroni sono stati dubstep e drum’n’bass, generi ai quali ci stiamo affacciando con grande curiosità, ma che ancora il nostro pubblico non è così abituato ad ascoltare, al contrario di quello inglese; un limite questo ma anche una potenzialità e opportunità di sviluppo per il nostro panorama (finalmente si vede qualcos’altro rispetto ai soliti nomi dietro la consolle!!!), perchè il Kernel cerca di diffondere il suono della modernità, e quindi le evoluzioni e sperimentazioni nella musica elettronica: dove si poteva guardare dunque se non al fenomeno dubstep?
Prima sul palco sono saliti i Lab Frequency, da Parma, con la loro fusione di dub ed elettronica: facciamo attenzione a ciò che abbiamo in casa, perchè questi ragazzi la meritano!
In seguito hanno avuto luogo le performance audio-video di Julien Noyer e Deltaprocess, che hanno davvero impressionato per la loro resa sulla facciata della villa. Personalmente ho trovato bellissime tutte le performance di audiovisual mapping tenutesi nel corso della serata, le guardavo a bocca aperta e con la meraviglia negli occhi, affascinato dalle possibilità che offre questa forma espressiva, disciplina artistica o come la volete chiamare…ah, la tecnologia!!!!
Quindi, è stata la volta del grande Kode9, il fondatore della Hyperdub records e “leader”, se così si può dire almeno per la sua esperienza, del movimento dubstep inglese!!! Il tanto atteso (almeno da me) dj inglese ha proposto un set con suoni profondi, linee di basso toste e passaggi complicati, ben accompagnato dal mapping di Federica Mason. Obiettivamente credo che la sua musica sia risultata abbastanza difficile da seguire per chi non è abituato a sentire questo tipo di suono (che oltremanica impazza e fa impazzire), e qualche commento che ogni tanto arrivava all’orecchio me lo ha confermato; in fin dei conti ero un tantino dispiaciuto dal fatto che guardandomi attorno vedevo facce un pò spaesate.
Dunque le altre performance audiovisive, tenendo fede all’alternanza con quelle musicali, hanno nuovamente affascinato gli astanti i quali, seduti a mò di cinema sul prato davanti alla facciata della villa, applaudivano e si lasciavano sfuggire degli “oooooooo” nei momenti di maggior effetto. Quella del gruppo AreaOdeon aveva un tema storico: i vari passaggi dalla costruzione della villa ad oggi, i tempi che cambiano intorno ad essa. Quindi Telenoika, il collettivo catalano che si è già distinto con le sue esibizioni su piazze davvero importanti (il Sonar vi dice niente?), a mio avviso artefice della migliore performance della serata.
In seguito viene DJ Spooky, anche artista e scrittore, molto affermato negli U.S.A, e che si è esibito persino alla Tate Modern, al Guggenheim, al teatro dell’Acropoli. Il suo stile come DJ combina influenze da vari generi, una sorta di collage musicale che risulta imprevedibile per l’ascoltatore, che si ritrova catapultato un attimo prima nel nuovo singolo dei Beastie Boys, un attimo dopo viene scosso da un basso assassino di quella corrente dubstep che non mi piace tanto, ma che muove un po’ di più rispetto a quella mentale di Kode9 & friends, e poi ancora butta lì un pezzo house come “Show me love”, per poi ripassare alla dubstep e ai Daft Punk.
Questo patchwork variegato riesce da una parte a coinvolgere un pubblico molto eterogeneo, dall’altra può anche far storcere un po’ il naso, questione di gusti: un attimo prima salti e un attimo dopo ti chiedi “e ora cosa fa?” per poi riprendere a saltare. Se non fosse risaputo che questo è lo stile con cui Spooky è diventato famoso e che lo ha sempre contraddistinto, verrebbe quasi da chiedersi “non è che siccome è famoso ora pensa di poter fare quello che vuole e buttar lì dischi come se fosse al compleanno di suo fratello minore?”; in realtà questo è dj Spooky, che vi piaccia o no!
Per chiudere la serata il collettivo Mother Inc., quasi i “residents” della serata che, con la loro dubstep e soprattutto la loro drum’n’bass, hanno fatto a dir poco scatenare il pubblico. Sono rimasto piacevolmente impressionato da questi ragazzi (che si esibiranno anche alla Magnolia Parade di Milano a brevissimo), perciò voglio spendere due parole su di loro: un progetto nato da più di 10 anni, di tre ragazzi che si sono sempre ispirati alla cultura underground inglese, cercando di promuovere generi poco conosciuti al pubblico italiano, quali d’n’b, big beat e trip hop (SANTI SUBITO!!!). Loro stessi spiegano che il progetto è la Mother, che accoglie le proposte dei suoi partecipanti come un’industria Inc.; il gruppo si è allargato diventando una crew che ora promuove d’n’b, breakbeat, dubstep, ce n’è per tutti i gusti. [nota personale, messaggio a reti unificate: Anche in Italia c’è movimento, non siamo del tutto fossilizzati, dunque aiutiamo i nostri validi prodotti a venir fuori!!!!] Un po’ di pioggia ha causato qualche problema perchè si è dovuto limitare il volume spegnendo le casse esposte all’acqua, ma ha dato un ulteriore tocco di particolarità alla serata 🙂
La seconda serata è stata invece all’insegna della techno: anche qui una lineup di spicco, con Tonylight, Moritz Von Oswald Trio, il talento Shed che in questi anni ha prodotto due ottimi album e ha impressionato nella sua Berlino, e infine Troy Pierce.
La manifestazione si è chiusa domenica sera, con le ultime performance di artisti selezionati e la mostra “Unframed”, esposizione di arte digitale e interattiva di artisti (Alex Posada, Angelo Plessas, Quayola) che studiano le molteplici visioni di una realtà extrasensoriale, e l’installazione sonora “Oscilla” (Andrea Santini), mentre nel parco le installazioni di architettura temporanea di Michiko Yamada (alimentata dall’energia pulita di celle fotovoltaiche), di Edi Sulga e Gianluca Milesi, testimoniano l’evoluzione del linguaggio architettonico con l’utilizzo di nuove tipologie di materiali sostenibili e la modifica delle tecniche costruttive.
Gli organizzatori al termine del festival si sono detti molto soddisfatti della riusita dello stesso, affermando che “la prima edizione del Kernel è stata un successo […] La manifestazione segna l’inizio di un cammino innovativo nell’avanguardia digitale”.