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Klim Kutsevskyy

Klim è Ucraino ma abita a Roma, è molto giovane, classe ’94, e fa foto, se poi volete insultarlo basta che li diciate che a voi piacciono le foto di nudo soprattutto quelle in bianco e nero.

Siccome le interviste che gli hanno già fatto rispondono esaustivamente alle domande “chi, cosa, come, dove e perché” Klim Kutsevskyy faccia quello che fa, oggi parto a bomba direttamente con delle domande abbastanza importanti senza passare dal via, a voi basti sapere, giusto per collocarlo temporalmente e geograficamente, che Klim è Ucraino ma abita a Roma, è molto giovane, classe ’94, e fa foto, se poi volete insultarlo basta che li diciate che a voi piacciono le foto di nudo soprattutto quelle in bianco e nero.
Detto questo attaccate il brano che gli ho chiesto di mandarmi da usare come colonna sonora dell’intervista:
Polvo – Tilebreaker

Ci vediamo il prossimo mese.
Cheers!
Az: Klim, cos’è per te la fotografia?
K: Difficile per essere la prima domanda.
Ok, ci provo.
Probabilmente in questo momento mi trovo in una fase più che mai emblematica di questo stato di transizione.
Transizione da ciò che è stata la fotografia per me come individuo, come artista, fino a qualche momento fa, a ciò che possibilmente sarà.
Senza dar nulla per passato e niente per concreto futuro, senza entrare troppo in dettaglio, la fotografia fino a poco fa è stata fondamentalmente un sinonimo di estetica, di una ricerca del bello imperfetto nascosto sia nei corpi che in ogni altro soggetto fotografato.
Tutto doveva essere fluido e coerente, rigoroso e ordinato.
Ciò ha sviluppato man mano in me una fobia per l’imperfezione e la disorganizzazione, questo mi ha portato prima ad accettare e poi ad amare questi due elementi che ora sono il punto focale della mia ricerca. L’atto di fotografare non è più un architettar lo scatto, ricercare un bello forzatamente e maniacalmente bensì è un semplice documentare soggettivo del bello che viene proposto, il bello spesso nascosto se non impercettibile.
Il bello che può essere scambiato per brutto, da un occhio diverso da quello mio. 
Az: Cosa ne pensi della fotografia di nudo? Ultimamente è molto macinata, permettetemi il francesismo: la fanno cani e porci. Credi che abbia ancora senso farla, o ci stiamo arenando in un baratro di big like a tette e culi meglio esposti? 
K: Il fatto che un qualsiasi fotografo senta l’esigenza di aggiungere al proprio portfolio una sezione Nude accanto a Fashion,
Urban, Reportage, Sport e Portrait mi fa teneramente sorridere.
Mi fa sorridere in quanto è una semplice moda da seguire, non una reale necessità comunicativa.
Mi fa lo stesso effetto di quando “un non grande esperto di fotografia” vede le mie foto e dice: “Ah! Ma fai foto di nudo artistico in bianco e nero? Che belle! Adoro le foto di nudo artistico in bianco e nero”. Mi sento costretto a rispondere con un secco “Si, grazie” cosciente del fatto di essere impossibilitato di intraprendere alcun tipo di discorso sul tema, a meno che poi l’individuo non mi dia altri input più o meno provocatori.
La fotografia di nudo fatta da cani e porci serve, serve e come. 
Sono convinto del fatto che senza la mediocrità non saremmo capaci di apprezzare del contenuto seriamente valido. 
 
AZ: Domanda critica: la famosa mano del fotografo addosso alla modella (bocca, seno, sedere). Se scorriamo le foto sul tuo sito ce ne sono un paio di questa tipologia: ci sei te che tocchi la ragazza ritratta, un toccare però che io percepisco come contatto. Queste foto pongono allo spettatore qualcosa di più che il solo materiale per masturbarsi nella propria camera, le trovo molto belle, per nulla scontate. La linea però tra il comunicare un qualsiasi tipo di contatto inteso come scambio che ci può essere tra due persone e il semplice fare una foto dove palpi una tizia x, è labile, come la sottile linea che separa erotismo e pornografia spicciola. Sono davvero necessarie? Il fotografare modelle nude giustifica la mano sulla tetta? 
K: La mano sulla tetta di una modella nuda da parte di un fotografo non è mai giustificata finchè non è esplicato il livello di intimità tra le due parti. Fortunatamente le dinamiche intime e sentimentali sono spesso molto più esplicite a livello visivo di quel che crediamo. Una foto dove si palpa una tizia per il solo piacere personale di farlo non può che finire nella cartella delle seghe di colui che l’ha fatta (oppure nella cartella di entrambe le parti).
Non ho alcun problema nel dire che io stesso ho una ricca “collezione” di tale materiale.
Il problema arriva quando ciò viene spacciato per materiale abbastanza creativo e valido, fino a renderlo pubblico. Nelle mie foto l’elemento del contatto fisico mira a raccontare il rapporto con una ragazza (non una modella) che evidentemente va oltre ad una mano sulla tetta. Non credo che si debba necessariamente intravederci dietro un vero e proprio “messaggio” ma una semplice e sincera documentazione della intimità psico-fisica che non sempre necessita qualche tipo di retorica.
Sempre rimanendo nei limiti della sobrietà e del buon gusto.
Az: Da quel che ho capito leggendo una tua intervista, hai iniziato il tuo percorso con la pittura, proseguendo,  affermi di essere contro le accademie ma per motivi di divagazione non hai argomentato, mi piacerebbe sapere cosa intendessi e a questo punto come vedi il mondo dell’arte e la figura dell’artista in generale.
K: Si, da piccolo (8-11 anni) ho frequentato una scuola pomeridiana d’arte disegnando e dipingendo tutto sommato con una buona tecnica. Tecnica che mi è stata imposta dalla mia insegnante e una volta privato della sua presenza non sono più riuscito ad andare avanti.
Mi sono ritrovato anni e anni dopo grazie alla fotografia, a cui mi sono approcciato in modo totalmente autonomo questa volta.
Non sono contro le accademie ma ritengo semplicemente che sono una deviazione e alienazione, se preso un individuo creativo in quanto tale. Ho moltissimi amici che frequentano accademie sia pubbliche che private. Soprattutto private. Ogni volta che li sento parlare, sento sempre e solo lamenti della pesantezza e inutilità dei compiti che vengono assegnati dai loro docenti.
Estetiche e visioni che non appartengono e non apparterranno mai a quella persona, fondamentalmente perchè imposti forzatamente.
Un conto è dare degli input, un altro è assegnare ad una intera classe la realizzazione di un set identico ad altri mille e la metà di queste sarà talmente orgogliosa del proprio risultato che riterrà opportuno inserirlo nel proprio portfolio behance, menzionando lo stylist e la modella pagati grazie alla propria rata annuale da 20.000 euro.
Az: Rispondi ad una domanda che non ti è stata posta ma a cui avresti voluto rispondere
K: In genere di persona mi viene spesso posta una domanda (dopo aver appurato che le foto di nudo artistico in bianco e nero piacciono tantissimo), che (per fortuna) nessun intervistatore ha mai avuto il coraggio di partorire.
Come mai non lavori per nessuna agenzia di moda? 
Di solito rispondo con del silenzio. 
Altre interviste interessanti:

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