Della coppia artistica Forzani-Cattet ero fermo al solo “Amer”, debutto sulla lunga distanza datato 2009, visto, tra l’altro, in un momento piuttosto confuso della mia vita, e quindi apprezzato meno del suo effettivo valore. Nei giorni scorsi, soffocato dalla canicola estiva, ho pensato che potessero essere maturi i tempi per una seconda possibilità, e mi sono scaricato “Lacrime di sangue”, il loro secondo lungometraggio.
Sta di fatto che, nell’entusiasmo per un’inattesa scoperta, mi sono riguardato subito dopo anche “Amer”, ma non solo, ho finito per comprare il cofanetto con entrambi i DVD, in cui tra l’altro è compreso anche un booklet a cura di Manlio Gomarasca e Davide Pulici di Nocturno, oltre a una buona serie di extra, con cui approfondire la conoscenza del duo francese.
Costruito sulla falsa riga del precedente, e cioè del giallo gotico italiano degli anni sessanta/settanta, “Lacrime di sangue” racconta un incubo ad occhi aperti. Della trama c’è pochissimo da dire. Una donna scompare dal suo appartamento. Il marito inizia a indagare sulla sua dipartita, inconsapevole di ritrovarsi a breve a doversi districare in un labirinto spazio temporale che lo lascerà annichilito, mentalmente e fisicamente. Il palazzo nel quale risiede sembra prendere vita, attraverso condomini oscuri e misteriosi, che contribuiscono a confonderlo ulteriormente. Grazie anche all’ Art Nouveau secondo cui è stato edificato, che lo rende ancor più ipnotico.
Rispetto a “Amer”, di cui possiamo considerarlo un sequel solo a livello concettuale, e non narrativo, c’è un’ulteriore discesa negli inferi. Grazie soprattutto alla forza dirompente delle immagini, che riescono a far perdere ogni linearità della trama, portandoci in uno spazio parallelo dove tutto è possibile e non esistono limiti sensoriali.
“Lacrime di sangue” (traduzione che anche questa volta non mi soddisfa per nulla, e che banalizza il titolo originale) è un film che lascia spaesati, disarma e lascia aperta ogni interpretazione. Ma è proprio questo suo non volerci spingere verso una strada ben definita il punto di forza della pellicola, che non fatichiamo a sintetizzare come un cortocircuito multisensoriale, che strizza l’occhio al primissimo Lynch. Grazie soprattutto al suo voler andare oltre la linearità. Ma c’è anche, forte, il richiamo al miglior Argento, degli anni che furono. Quello di “Profondo Rosso”, “Suspiria”, “Inferno” e “Tenebre” e Quello che non scorderemo mai, lontanissimo parente dell’imbarazzante deriva contemporanea.
Un film morboso, che coniuga perfettamente il binomio eros/thanatos attraverso una visione naif satura sia cromaticamente (bellissima la loro ossessione per i colori primari), che a livello di dettagli, di silenzi e di montaggio. Un film in cui i dialoghi, pochissimi, lasciano spazio all’eleganza delle immagini, in cui a visione conclusa non sappiamo dove inizia la realtà e dove il sogno, oppure se ci troviamo in una terza, in cui le due dimensioni si sovrappongono creandone una terza, che ci avvolge.
Al netto di qualche ridondante ed eccessivo esercizio di stile, è comunque un film che fa del delirante viaggio nella mente umana il suo fondamento. È quindi di conseguenza gratuito, e fuori contesto, fermarsi all’analisi insistendo sull’aspetto della trama, indicandola come poco reale e disorientante. “Lacrime di sangue” è un film visionario e come tale deve essere approcciato. La razionalità cerchiamola altrove.