https://wearetheleeches.bandcamp.com/
Ho aspettato eoni prima che il primo LP, su americana FDH, di questi svedesacci potesse impreziosire la mia collezione di dischi personale.
Eoni sul serio: prima le ben note difficoltà per chi stampa vinili in edizione limitata (eh, sapete, passano avanti i dinosauri che ne stampano tipo un triliardo di copie in edizioni di super lusso, per poi finire a ingombrare per mesi gli scaffali e svenderle alla metà della metà, perché i loro fan, in fin dei conti, la musica la ascoltano distrattamente e senza passione soltanto su Spotify), poi le ben note difficoltà di circolazione da paese a paese (ah, la dogana, i confini, le frontiere, gli stati-nazione…tutte belle invenzioni…) e infine le difficoltà per farle arrivare a casa mia (ah, le poste italiane, bella invenzione anche quella).
L’altro giorno mi è arrivato, annunciato circa una decina di giorni prima da un trionfante messaggio da bandcamp, l’ho messo sul piatto e ho goduto come un riccio; circa mezz’ora dopo è uscito questo, a dispetto quasi, senza ritegno né rispetto.
Non c’è nulla di cui sorprendersi comunque: Exobirth, primo LP degli svedesi, è in realtà un’uscita del 2017, solo su cassetta ovviamente, e poi riedita dalla FDH (fatevi un giro sul loro bandcamp, oltre alle ristampe dei 4 LP dei Lost Sounds hanno anche un sacco di gruppetti nuovi niente male: Baby Tyler, Los Gueys, Dark Web e, naturalmente, i Leeches) in versione vinilica solo quest’anno.
Ovviamente, da quel 2017, ne è passata di acqua sotto i ponti, i Leeches hanno pubblicato ben 6 cassette autoprodotte e il loro suono si è evoluto, pur rimanendo fedele al Synth garage futuristico di Exobirth.
I suoni si son fatti sempre più nebbiosi, offuscati da una fuliggine a bassa risoluzione e da una ricerca armonica sempre più votata alla rappresentazione di una morbosità viziosa e sociopatica.
Questo nuovo EP (per adesso solo in formato digitale) spinge ancora più in là i confini del gruppo e ne aumenta la cifra in violenza: Serve the master è un synth punk mozzafiato urlato, veloce e spietato, dove la voce si fonde con un tappeto di confusione sintetica.
Dawn of ratkind è quello che i Rudimentary Peni avrebbero voluto fare nel loro altalenante “Pope Adrian 37th Psychristiatric”: una nenia vocale accompagna l’andamento sostenuto di un pezzo dalle armonie disperate: una messa psichiatrica per menti bruciate.
Cosmic Daze è dove vorrei trovarmi adesso: un attacco di chitarra garage preannuncia un synth pop malinconico, la voce declama, urla, si schianta al suolo.
Non rimane più niente, solo un vuoto cosmico: KBC Void parte con dei suoni distratti, vaghi, meccanici, per poi aprirsi ad un delirio lento, un salmodiare all’altare del nulla lovecraftiano.
I grandi antichi dormono mentre i Leeches riprendono la loro marcia con Moons of Saturn e si torna alle ritmiche ossessive qui dal rigore quasi militaresco: la voce è stanca, annoiata, ma non annoia: il synth tiene sul pezzo e chiude il brano conducendolo verso la catastrofe: Return to sludge, che da giustamente un titolo al tutto, perde di consistenza e si propone, e decompone, come un annuncio video ritrovato sull’astronave di “Punto di non Ritorno” (film fantascientifico horror di inizio ’90, vi consiglio la visione prima di cimentarvi con i Leeches oppure di spegnere l’audio della pellicola e accompagnarla solo ed esclusivamente con questo Ep a rotazione).
Fa piacere sapere che esistano gruppi come i Leeches.
Fa piacere sapere che il pessimismo, da cosmico, si sia fatto anche interdimensionale.