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Recensione : L’ incubo ad aria condizionata di Henry Miller

Questo libro è il resoconto di questa sua odissea attraverso gli USA degli anni Quaranta, che agli occhi del grande scrittore appaiono come una nazione di grandi affari e piccoli uomini,....

Henry Miller

Nel 1939, dopo dieci anni di “esilio” in Francia, Henry Miller tornò negli Stati Uniti, desideroso di recuperare le radici della natura e della cultura americane.

Partì così per un viaggio destinato a durare tre anni durante i quali visitò moltissime zone del paese e strinse amicizia con gente d’ogni tipo.

Questo libro è il resoconto di questa sua odissea attraverso gli USA degli anni Quaranta, che agli occhi del grande scrittore appaiono come una nazione di grandi affari e piccoli uomini, di mass media a un tempo soporiferi e violenti, di industrie giganti che uccidono i lavoratori e inquinano l’ambiente, di disinformazione e pregiudizi diffusi.

Potrete leggere passaggi come questi:

• (…) mi aspetto sempre che gli angeli vengano a pisciarmi nella birra.

• Che cosa abbiamo da offrire al mondo oltre al sovrabbondante bottino che rubiamo senza posa alla terra nella folle illusione che quest’insana attività rappresenti progresso e illuminismo? Il paese delle occasioni è diventato la terra del sudore e della lotta insensata. La meta di tutti i nostri sforzi è da tempo dimenticata. Non vogliamo più soccorrere gli oppressi e i senzatetto; non c’è posto in questa grande terra vuota per coloro che, come i nostri antenati prima di noi, cercano ora un rifugio.

• Non è un mondo in cui voglia vivere. E’ un mondo adatto ai monomaniaci ossessionati dall’idea del progresso, ma di un falso progresso, un progresso che puzza. E’ un mondo ingombro di oggetti inutili che uomini e donne, per farsi sfruttare e avvilire, imparano a considerare utili. Per il sognatore i cui sogni non hanno un’utilità pratica non c’è posto in questo mondo. Qualsiasi cosa non si presti a essere acquistata e venduta (…) è interdetta. In questo mondo il poeta è un anatema, il pensatore uno sciocco, l’artista un evasore, il profeta un criminale.

• Gli indiani (…) avevano verso la terra un atteggiamento riverente. Le foreste erano intatte, il suolo fertile e ricco. Essi vivevano, in comunione con la natura, a quello che possiamo chiamare un basso livello di vita. Pur non possedendo una lingua scritta erano d’animo poetico e profondamente religiosi. Quando giunsero i nostri antenati, cercando scampo dai loro oppressori, cominciarono ad avvelenare gli indiani con l’alcol e le malattie veneree, a violentare le loro donne e ad assassinare i loro figli. Si fecero beffe e scorno dell’antica saggezza che ispirava la vita degli indiani. Quand’ebbero finalmente portato a termine la loro opera di conquista e di sterminio, ammucchiarono in campi di concentramento i miseri resti di una grande razza e si accinsero a fiaccare quel po’ di spirito che restava loro.

• La religione non è fatta per chi ha la pancia vuota.

• Il prete è sempre in combutta con il demonio.

• (una guardia) Aveva un fucile in mano, una pistola nella fondina e probabilmente un paio di bombe a mano nelle tasche dei calzoni. Armato fino ai denti. Dietro di lui era la Legge, la legge che dice: prima spara e poi indaga.

• (…) aveva rubacchiato qua e là, ma niente di paragonabile alle operazioni dei nostri illustri magnati industriali, dei nostri banchieri, uomini politici e sfruttatori coloniali. (…) non era che un comune ladro, un ladro onesto, per così dire.

• Per un delitto che si espia in prigione se ne commettono spensieratamente diecimila da parte di coloro che condannano.

• (…) il vero nemico non è l’uomo che sta sopra di loro, al quale devono leccare i piedi, ma il ribelle che espone in parole o in dipinti il marciume dell’edificio che essi, lo smidollato ceto medio, sono costretti a sostenere.
• Il sistema americano è questo: sedurre un uomo con la corruzione e trasformarlo in una prostituta. Oppure ignorarlo, affamarlo fino a sottometterlo e fare di lui un mercenario. Non sono gli oceani a tagliarci fuori dal mondo, è il modo americano di vedere le cose. Nulla viene a frutto, qui, tranne i progetti utilitari.

• L’istruzione che abbiamo ricevuto ci ha talmente affinato – o rovinato – il gusto da renderci incapaci di apprezzare qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso, prima che ci venga spiegato di che si tratta. Non ci fidiamo dei nostri cinque sensi; ci rimettiamo ai critici e agli educatori, che nel regno della creazione sono tutti dei falliti.

• Tornerà la pace, quando non ci saremo più, basta con le orride fabbriche e acciaierie, basta con gli altiforni, basta con le ciminiere e i fumaioli. Gli uomini torneranno a essere chiaroveggenti e telepatici. I nostri strumenti non sono che stampelle che ci hanno paralizzato. Non siamo diventati più umani, grazie alle nostre scoperte e invenzioni, ma più inumani.

• I nuovi modelli mi sfioravano con un sibilo a centoquaranta e centocinquanta chilometri l’ora. Ad aria condizionata, molto probabilmente. Per loro attraversare il deserto era una cosa da nulla – questione di un paio d’ore – con la radio che diffondeva la voce di Bing Crosby o la musica di Count Basie.

Volete sapere qualcosa di più di questo libro? Questo viaggio di Henry Miller che voleva essere un ritorno d’amore, è invece una lotta corpo a corpo, una requisitoria continua, a testa bassa, contro la civiltà meccanica e merceologica che gli Stati Uniti simboleggiano.

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