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Recensione : LORDS OF ALTAMONT – TO HELL WITH TOMORROW THE LORDS ARE NOW!

Altamont è un (non) luogo che, nell’immaginario popolare collettivo (e, in particolare, per gli appassionati di rock ‘n’ roll) rappresenta la fine del sogno hippie dei figli dei fiori dei Sixties, quello di un mondo fondato sugli ideali fondamentali della pace e dell’amore universali, dell’assenza di guerre e di altre nobili istanze che, allora come oggi, sono di fatto rimaste utopie (rese tali dall’avidità e dall’ingordigia di denaro e potere da parte dell’essere umano) difficili da raggiungere in un tempo ragionevolmente breve, perché più passano gli anni e più il mondo sta regredendo in una spirale autodistruttiva di odio irrazionale, antropocene, diseguaglianze sociali e cieca violenza, invece di progredire.

In quelle cittadine californiane, nel dicembre 1969 (ma anche nell’agosto dello stesso anno, con l’eccidio losangelino di Cielo Drive messo in atto dalla setta guidata dal “guru” deviato Charles Manson, genio del male col cervello bruciato dall’LSD) si sono consumati, a livello temporale e non, gli anni Sessanta, dopo il megafestival gratuito in un autodromo, (male) patrocinato dai Rolling Stones che, insieme agli altri organizzatori, affidarono infelicemente la gestione del “servizio d’ordine” agli Hell’s Angels strafatti e ubriachi molesti, con tutti i disagi che ne seguirono, causando incidenti e accoltellando a morte un ragazzo afroamericano. Se da un lato, però, il nome della rassegna statunitense resterà sempre legato a questo fattaccio (che in totale registrò quattro decessi) visto come uno degli eventi spartiacque che hanno segnato il tramonto del movimento degli hippies come fenomeno di massa, dall’altro lato l’aura negativa e il fascino malvagio legato a quel macabro festival ha ispirato diverso rock ‘n’ roll sporco e abrasivo, e un esempio di questa influenza si può ritrovare, senza dubbio, nel garage/psych rock proposto dai Lords of Altamont che, manco a dirlo, si sono formati a Los Angeles e già dal moniker si ricollegano a uno degli avvenimenti più discussi che ha contraddistinto la storia della “musica del diavolo” e che rappresentò il rovescio della medaglia di Woodstock, il flower power represso nel sangue delle proprie illusioni.

Quest’anno i quattro ragazzacci (Jake Cavaliere alla voce e organo, Robert Zimmermann al basso e voce, Barry Van Esbroek alla batteria/voce e l’italiano Daniele Sindaco alla chitarra e voce) hanno pubblicato, attraverso la label romana Heavy Psych Sounds, un disco dal vivo, intitolato “To Hell With Tomorrow The Lords Are Now!“, che in realtà sarebbe un album live in studio, suonato dal vivo non in un concerto vero e proprio, ma in uno studio di registrazione olandese (precisamente i Moskou studios di Utrecht) le cui incisioni dei pezzi sono avvenute nell’aprile 2022, dopo due anni di pausa pandemica forzata. A due anni di distanza dall’ultima fatica discografica, il long playing “Turn on, Tune in, electrify!“, i seguaci del caos di Altamont tornano con un full length suonato in maniera feroce e impeccabile, con la solita ottima qualità (merito anche di Guyom Pavesi in cabina di regia) e maestria con cui nostri sanno maneggiare il garage rock di matrice Stooges, MC5, Cramps, Fuzztones, Sonics, Dwarves (e altra compagnia brutta, sporca e cattiva) producendosi in una sorta di greatest (s)hits del loro materiale (escluso l’ultimo Lp, ancora troppo fresco d’uscita l’anno scorso) reso in maniera così potente, precisa e compatta che non sembra neanche di trovarsi di fronte a un live record, tanta è la perizia con cui i quattro sciorinano le tredici canzoni (di cui una cover di “Slow death” dei Flamin’ Groovies come bonus track e due brevi intermezzi, uno in apertura e l’altro a metà dell’opera, che si dividono il titolo della stessa) presenti in scaletta senza le sbavature tipiche di un concerto con tutti i crismi (e ultimamente l’ensemble è anche passato dall’Italia, con una data a Torino e una a Marina di Ravenna). Con un lettering in copertina che richiama il logo degli Stooges (e durante il disco rievocati soprattutto nel brano “Going downtown“, quasi un omaggio a “Raw Power”) “To Hell…” corre dritto e spedito come un treno, travolgendo qualsiasi cosa gli si piazzi davanti, per poco più di mezz’ora che, ai timpani già allenati a determinate sonorità raw ‘n’ wild, procurerà sicuro godimento.

Sorry, no stickers, no fake tattoos, and no autographs, just raw live rock ’n’ rollè la frase scelta dal gruppo per descrivere il contenuto di “To Hell…”, ma può benissimo essere applicata all’essenza di tutta la natura dei Lords of Altamont da ventitré anni a questa parte, una band che non ha bisogno di (iper)produzioni milionarie per esprimersi in dischi e concerti infuocati, prova ne sia questo primo live album, coi volumi sparati al massimo, registrato in un solo giorno e senza l’ausilio di trucchi da studio né altre correzioni da post-produzione. They walk it like they talk it, e restano una delle migliori band in circolazione nel panorama del rock ‘n’ roll tutto, ancora capaci di incendiare i palchi di tutto il mondo con la loro miscela dinamitarda di garage rock, proto-punk, blues and glam. Come dite? E’ tutta roba vecchia? Ecchissenefotte, la modernità ha rotto il cazzo, e ci servono anche dischi come questo per rinverdire una formula che rielabora il buono (e cioè il marcio) della musica degli ultimi sessant’anni per poi shakerarlo e servirlo in un cocktail esplosivo da bere contro il logorio della quotidianità e lo squallore dell’attualità. Preservare i frutti migliori del passato come antidoto alla morte (fisica, cerebrale e spirituale) propinata dal nulla odierno.

TRACKLIST

1. To Hell With Tomorrow 00:17
2. I Said Hey
3. Going Downtown
4. Going Nowhere Fast
5. Ivory
6. Like A Bird
7. The Lords Are Now! 00:23
8. The 7th Day
9. Velvet
10. Action
11. 4.95
12. F.F.T.S.
13. Slow Death (BONUS TRACK, Flamin’ Groovies cover)

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