C’è stato un periodo, iniziato nei mid 90’s e proseguito almeno fino a tutta la prima decade dei 2000, in cui l’ hardcore italiano ha avuto un filone “old school” davvero incazzato. Mentre nascevano e prolificavano decine di sottogeneri e declinazioni, una parte della scena prendeva lezione dai gruppi americani (Sick Of It All, CroMags, Judge tra i vecchi, ma anche roba più recente Champion, Down To Nothing, Verse, Comback Kid degli esordi) per ciò che riguarda i chitarroni pesanti, fill di batteria potenti e ritmiche granitiche. Nel contempo la voce e le liriche mantenevano la disperazione e il linguaggio classici del migliore hardcore italiano di matrice Indigesti-Negazione.
Inutile dire che i capostipiti di questo stile siano stati i Sottopressione, autori di un album omonimo che ha cambiato per sempre le carte in tavola, oltre che le vite musicali di molti di noi.
I Lyon Estates sono tra le band figlie di quel suono, e dopo un periodo di inattività (il disco precedente risale al 2012), ritornano alla grande con “La Nuova Storia”. Dieci tracce che riprendono il discorso da dove era stato interrotto 12 anni prima. Questo è hardcore puro, quello che forse manca oggi, senza declinazioni ulteriori. Testi incazzati ma ricercati, ben oltre lo sloganismo facile o la malinconia cosmica che ha preso piede ultimamente, urlati dalla voce sofferta di Claudio, sopra un muro di riff massicci supportati da una base ritmica che non concede tregua. Gli ingredienti sono quelli che vogliamo sentire, parti veloci, breakdown, rallentamenti e mid tempo, e il risultato funziona benissimo.
Già dalla opener “Questo è il tempo” è chiaro che l’intento è quello di rimettere le cose al loro posto, con un pezzo da anthem. Il disco scorre via in un attimo come è giusto che sia. La tiltle track è di monito al clima di reducismo e nostalgismo che ha investito la nostra scena, “Di quelle grida di ribellione ne hai fatto insegne da esibizione. Esci dal tuo rifugio nella memoria; oggi c’è da tracciare la nuova storia.” “Resti di noi” rallenta la corsa con un groove di basso e batteria per poi dare lo schiaffo finale.
“Nulla niente” riparte in quarta per dare spazio poi a “Domani sarà tardi” e così via fino a “Finito tutto” che chiude il disco in maniera magistrale, con un altro possibile anthem che mi ricorda lontanamente i La Crisi di “Tutti a Pezzi”, forse mio pezzo preferito dell’album. Al momento in cui scrivo il disco non credo sia ancora uscito, ero rimasto che i ragazzi erano ancora in cerca di coproduzioni ed etichette interessate a collaborare, ma sulle piattaforme potete ascoltare i singoli “Questo è il tempo” e “La nuova storia”, e nel caso…fatevi avanti!
Menzione speciale per la bellissima copertina di Dartworks, omaggio all’ olocausto che si sta perpetrando a Gaza sotto il silenzio e il benestare del resto del mondo.
“Questo è il tempo dell’hardcore, se non l’hai ancora capito”, dopotutto è sempre il tempo dell’hardcore.