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Recensione : Manca il gas, manca il pane, manca la speranza, ma non mancano gli EP in 7pollici, in digitale ed in cassetta

Manca il gas, manca il pane, manca la speranza, ma non mancano gli EP in 7", in digitale ed in cassetta: Degenereted, Jerks, Gee Tee, Wayne Pain and The Shit Stains, Zhoop!, Supersolo,Open Mike Knight, Ok Satán

Degenereted Jerks “Degenerated Jerks” 2022

 

Il rock n’roll marcio, sporco, senza filtro, da consumarsi con un whiskey senza ghiaccio. Tendenze che portano ad un’esecuzione cervellicida a velocità Hardcore: nessuna pietà, nessuna coscienza, nessuna morale.

Qui la materia prima rimane intatta, per niente lavorata al fine di mantenerla abrasiva e pericolosa nel maneggiarla; chi ascolta si deve ferire, deve sanguinare.

Si invia con infiniti fischi di chitarra che paiono creare armonie aliene e poi ci si attacca ad un treno Rock n’Roll fatto di riti suburbani, tribalismi nelle percussioni: una danza sacrificale metropolitana, tra urla, schiamazzi e sfrontati attacchi alle forze dell’ordine.

Durata breve ma effetto brutale, il Rawk ‘n’Roll sgrammaticato dei Demented Jerks non si nega alle tentazioni Noise, ai rientri di microfono, al Chaos e ai fruscii dell’ambiente circostante: tutto l’insieme suona nel disco, per rendere il tutto ancora più fatale, permeare i muri di casa vostra, distruggere la mobilia come un esercito di tarli affamati. Un EP che scorre come una pugnalata in pieno sterno: fa un male cane ma scivola lacerando ogni resistenza.

Perderete ogni inibizione perdendovi a vostra volta nella perdizione dei Degenerated Jerks. Un viaggio che vale ben al di là del prezzo del biglietto: le droghe, quelle buone, hanno sempre un prezzo inferiore rispetto al godimento offerto. Un disco che è vita, morte e tutto quello che sta nel mezzo; se vi pare violento è solo perché vi arriva sparato in faccia con scorrimento veloce senza darvi un attimo di tregua.

 

 

Drella “4-Track Tape”, 2022


Si presentano Garage Rock, questi Drella da Rimini, ma mi dicono qualcosa di più. Certo, chitarra tormentata da un fuzz e fraseggi in odore di anni 60 che diventano ’70 (quel passaggio da Garage a Hard Rock, generato da quei teppisti dei Litter e reso ufficiale dai Blue Cheer), ma in fondo credo si possa dire molto di più:

incredibile come la marcia psichedelica e ossessiva che apre l’EP (From Outer Space) riesca a tenerti inchiodato all’ascolto: senti che sta per succedere qualcosa di grosso ma non succede mai; quando arrivi in fondo ti rendi conto che, di questo avvenimento che tanto attendevi, non te ne frega più nulla: i Drella ti hanno distratto tra suggestioni psichedeliche, un che di Stoner parecchio asciutto e una sorta di pop tra le righe che rende piacevole l’insieme.

È proprio la capacità Pop che sposta il tutto da una semplicistica etichetta “Garage” a un qualcosa di più complesso, una complessità fatta di arrangiamenti semplici e spontanei ma ben mirati e sei canzoni che, per quanto si muovano tutte su due riff e un percussionismo fermo ed ossessivo, riescono a piazzartisi in testa e a non abbandonarti più.

C’è anche un che di quella bestia strana chiamata Grunge (la sento nel cantato che resta continuamente sospeso tra l’ annoiato ed il represso), qualche suggestione alla Misfits (li sento molto nel ritornello di Say No More) e una rigidità nella struttura di ogni singola canzone (lo dico? Dai, si, lo dico: una sorta di Neu! senza la pretesa di sembrare i Neu! Che, già di per sé, è un merito notevole):

un disco semplice, anche senza tante pretese a dire il vero, ma che in realtà parte da un punto preciso e guarda sempre altrove.

Una bella testimonianza di quanto in Italia si sappia fare bene e, nel saper fare bene, si riesca anche a fare di meglio

 

 


Fertilized Eggs “Egg Life” 2022

Ci si può stupire e gioire nello stesso istante, totalmente presi da una roba che, si e no, ti piazza quattro pezzi in tre minuti e rotti secondi?

Si è questo EP è la dimostrazione empirica di questa teoria. Un dato di fatto che riesce, a velocità folli, cantato ossessivo compulsivo, chitarre come grandine e un synth a rendere il tutto ancora più strambo nella sua compattezza e coerenza incoerente.

Punk Rock si direbbe, certo, perché la velocità, come già detto, è sopra i livelli di guardia e la voce sembra quella di un ubriaco in vena di dispetti spregevoli (un piccolo appunto: qui non si urla, si delira e basta), ma quella che si evince come risultato finale è quello dell’eterogeneità dell’insieme, la capacità, cioè, di somigliare sempre a se stessi cambiando continuamente d’abito, di forma, di sostanza, di registro. Non risultano mai eccessivi i Fertilized Eggs pur cercando continuamente l’eccesso; è così che anche quando si beffano dei Nirvana, demolendo Something in the Way, quello che ne esce fuori non è una parodia ma un pezzo stupendo, un Anthem senza tempo molto più di quanto potesse essere l’originale.

Così l’unica cover, così anche per gli altri tre pezzi a firma del gruppo: canzoni brevi ma che nell’altro brevità non si dimenticano neanche per idea:

non è un gara dei 100 metri, non è un esercizio di stile. A questo punto è vera arte!

 

 

 


Gee Tee “Rock Phone” 7”, 2022-Goner Records

 

La cosa che mi esalta è che, se li ascolti, la prima cosa che ti viene in mente è “Son così semplici, così armonicamente naif che, Cristo, lo posso fare anch’io!” Poi ti metti, lì, ci provi e ci riprovi, ma , oh, l’unica cosa che riesci a portare in fondo è il teorema che

Per fare il Garage -Synth-Punk dei Gee Tee bisogna essere i Gee Tee e basta” nessuna possibilità di clonazione, di lavoro vagamente ispirato a…i Gee Tee sono i Gee Tee e nessuno potrà mai arrivare ad una sintesi così perfetta, così dolcemente naif, a meno che non sia un membro dei Gee Tee, anzi: forse questa perfetta ricetta si ottiene solo con la perfetta dose di ogni singolo elemento del gruppo; sottraine uno e crolla tutto il castello.

Una sorta di Punk Rock, mi verrebbe quasi da dire, intimista, tanto è fumettistico, con un bel cantato beffardo, e mai urlato, e composto di melodie semplici e contagiose che, a onor del vero, sono imputabili solo all’estro del gruppo australiano.

Vorrei scrivere che è un bel 7”, ma oramai coi Gee Tee questa è una cosa che va da sé e non c’è bisogno di spingere un bel niente, a parte il fatto che, se non li avete ancora presenti, dovete approcciarvi all’ascolto per forza di cose!

 

 


Gonk “Oh My Gonk!”, 2022


E lasciati andare ogni tanto che siamo d’estate e l’essere sbracati, indolenti e insolenti si nasconde bene in mezzo alle masse che provano a essere così solo d’estate. Dico provano perché in realtà non ci riescono, ma tu no, tu non hai bisogno di provarci:

tu sei così al di là delle temperature e del clima di disimpegno generale. Nessun bisogno di trattenerti quindi, pensare a cosa penserà di te la gente non è un esercizio per te arrivati a questo punto; poi se pensi che i Gonk, direttamente dall’Australia, ti hanno cucito un EP addosso che praticamente ti calza a pennello, non puoi proprio esimerti.

Sei tracce brevi, canzonatorie, ironiche, con accentuatissime venature insolenti e spaccone (il piglio Punk che non si estingue con una chitarra elettrica pulita), un po’ sullo stile di quei geniacci dei D.L.I.M.C. ; roba fatta in casa, strofa-ritornello-strofa-ritornello e chiusa lì, soluzioni semplici che richiedono poco sforzo ma che nel risultato si rivelano sempre al di là di ogni più felice aspettativa. Hardcore Punk spoglio ma deciso (Runaway Dog) e sortitone cadenzate e melanconicamente anthemiche come Wishing Well contribuiscono a fare affezionare e legare indissolubilmente chi ascolta ad un singoletto la cui natura artigianale e quasi improvvisata rende irresistibile.

 

 


Lizard Brain “Lizard Brain”, 2022-Goodbye Boozy Records


Avete presente quel musical con John Travolta e Olivia Newton John? Grease?

Ecco, svuotatelo di tutta la melassa e la consistenza mielosa, aggiungeteci dei testi da serial killer, una colonna sonora di Rock n’Roll marcio e spaccone e avrete come esaltante risultato questa prima cassetta dei Lizard Brain (gruppo dai componenti altisonanti: gente dei Black Time e dei Cavemen).

Non so ma mentre lo ascolto, e sento urlare di figli di Sam, sacchi da morto e vittime della droga, mi viene a mente una versione corrotta di quel musical:

ballerini professionisti che si suicidano, Olivia Newton John che si lascia trascinare da John Travolta dall’incubo dell’eroina, Stockard Channing che spaccia, sfregia e non conosce redenzione, il tutto condito da malati di mente che ballettano mentre fanno a pezzi dei liceali sulle note di Walking Down the Psychopath.

Forse sono io che son nato storto, forse è il Rock a bassa risoluzione che mi rende una persona molto brutta, forse è solo questa cassetta che mi ricorda che il gusto della vita sta tutto nel pervertire il candore.

Il Rock n’Roll è un po’ questo ed è tutto immagazzinato qui dentro; non fatevelo scappare.

 


Maria en Drogas “La Escena esta Muertá”, 2022

https://mariaendrogas.bandcamp.com/


Un gradito ritorno: il gruppo che mi aveva reso sopportabile l’estate del 2021 torna adesso con due pezzi per rendermi sopportabile anche quella del 2022.

Sempre tornadi di polvere ed astio, i Sonic Youth che reinterpretano i Ventures e i Trashmen, il Surf Rock estremizzato e violento che diventa tormento ma anche godimento. Il Punk Rock che si fa da spiaggia e, in questo passaggio, rende l’intero litorale un avamposto Post-Atomico.

L’anno scorso furono più generosi e ci donarono 8 pezzi, quest’anno solo due; ma una volta iniettata la sostanza basta poco a risvegliarla e renderla ancora attiva nel sistema sanguineo fino a farla traboccare da ogni poro.

I Maria en Drogas, da Hermosillo-Mexico, sanno come farti ballare fino a farti del male e sputare nera bile accumulata per tutto l’anno. Un uno-duo senza pietà né rimorsi, l’ennesima riprova che anche il Messico non è immune al virus Punk e sa maneggiarlo con metodo e capacità.

 

 


Ok Satán “Master of Neglect”, 2022


Ci tenevo parecchio a recensire questo disco perché la mia avventura su In Your Eyes Ezine è cominciata proprio con l’EP in cassetta “Fatal Insomniac” degli Ok Satán dell’anno scorso.

Questo Master of Neglect è il suo seguito ed esce sulla Goodbye Boozy Records di Teramo che, manco a dirlo, è una delle mie etichette preferite di sempre e le cui uscite, sempre manco a dirlo, recensisco sovente e con un certo entusiasmo.

Mi pare quasi una quadratura del cerchio, un riconoscimento involontario di quello che faccio per IYE e di quello che è uno dei miei principali obiettivi qui: mettere in contatto varie realtà distanti fra loro migliaia di km, farle collaborare e creare o ampliare la rete dell’underground.

Vabbè, al di là delle mie tronfie auto indulgenze, vi parlo del disco in questione:

non perdono un’oncia di piglio malvagio e lascivo gli Ok Satán e ci donano un altro disco da mandare a memoria; certo, un po’ ci aiutano riprendendo tre pezzi del vecchio EP e aggiungendone due nuovi (Malibu e It Is A Matter Of Time) ma va detto che il duo si è tramutato in un trio: rinunciano alla drum machine e aggiungono un batterista guadagnandone in sentimento e delirio ferino:

le vecchie tracce e la nuova Malibu rinascono di un sentire bastardo e dai contorni prossimi alla devastazione:

dei bluesmen dell’apocalisse e del male, pieni di sbornie violente e vandalismo gratuito; si aprono a soluzioni Noise Rock e frammenti suonati con il Chaos primigenio in testa.

Il picco si raggiunge nel secondo lato, occupato interamente da It Is A Matter Of Time, numero alla Stooges del primo omonimo: vetri rotti, urla disgraziate, batteria che, più che ripetitiva, si fa paranoica e tanto Noise gratuito per quanto misurato e ben dosato:

una marcia dove i partecipanti perdono i pezzi lungo la via, una via crucis senza pentimento e redenzione, dove non si offre il proprio sacrificio al prossimo ma ci si esibisce in uno spettacolo grandguignolesco di arti spezzati a sangue a litri.

La volontà è quella di infastidire, ma con me non ci riescono: ascolto e sogno un intero disco che si alterni tra fucilate improvvise e mantra ostici e infiniti mentre il mondo va a rotoli e l’umanità impazzisce durante l’ora dell’aperitivo.

I ragazzi hanno talento e lo sviluppano a quintali per ogni uscita. Da avere.

 

 


Open Mike Knight “Open Mike Knight”, miniLp 2022

 

Quando si può dire che un disco è un capolavoro? Personalmente uso i seguenti parametri:

senso della misura, suono a bassa risoluzione e, soprattutto, la sensazione tangibile che chi in quel disco ha suonato non aveva in mente, nemmeno lontanamente, di fare un capolavoro: solo volontà di esprimersi e pochi mezzi a disposizione. In virtù di questo, vi presento la demo del 2001 di questo gruppo, interamente al femminile, proveniente da Oakland.

Concepita e pensata per una demo, quindi l’idea di base non era certo registrare un “capolavoro”, questa registrazione trova oggi un’opportuna ristampa in vinile.

Perfettamente sospesa a metà tra il punk rock minimale di Bratmobile e Peechees degli anni ’90 e tutto quel post punk ostico dei 2000 (prendere Erase Errata, Numbers e Les Georges Leningrad come riferimento) questa demo è uno dei migliori dischi usciti negli anni ’00.

Peccato che all’epoca non se ne sia accorto nessuno. Fortuna che qualcuno ne abbia, a venti anni di distanza, apprezzato la proposta e abbia pensato di rimettere questo breve, ma significativo, nastro a disposizione del globo terracqueo.

Cavalcate sghembe e storte gestite con un tiro ai limiti dell’hardcore e della follia e un’esigenza continua di creare commistione (geniale il finale-lentaccio posto a chiosa della brutale aridità sonora di Squeezin’it) pur rimanendo salde su un’idea di suono scarno e secco.

Nel complesso, davvero, un disco da sudare, da respirare ed imparare.

 

 

 

Supersolo “Single On the Way” Ep 2022

Di questo supersolo so dirvi poco. Non so chi sia, non so da dove venga, non so la sua storia; so solo dirvi che, per essere, è un buon compositore, per venire, viene da un’ottima tradizione autoriale e che la sua storia, se lo ha portato a scrivere così bene, è sicuramente da sapere! Un’ottima commistione tra Glam Rock anni ’70 (la sua voce mi ricorda tantissimo il Bowie senza sopracciglia e coi capelli rosso fiamma) e Creedence Clearwater Revival (un country rock vivace e per niente noioso, anzi…) in un’atmosfera del tutto estiva.

Soluzioni in fase di arrangiamento che deliziano non poco, poiché il nostro, pur attingendo da lontano, è poco incline alla riproposizione scolastica (godetevi il finale imperioso della conclusiva Only Humans, vera perla dell’intero singolo) , rintonacando il tutto con vistose pennellate di brio, sapienza compositiva e armonie in maggiore che rinvigoriscono il tutto facendolo suonare attuale e più che credibile.

Viene da lontano, l’amico, e spero vivamente che vada da lontano.

Tre pezzi che cascano a fagiolo con spiagge, spirito festaiolo e sbornie allegre e senza pensieri. Se proverete ad accostarvi a questi brani, vi si appiccicheranno addosso e non vi si staccheranno di dosso fino alla fine della bella stagione regalandovi delle ferie indimenticabili e fornendovi una colonna sonora adattissima.
Davvero una bella sorpresa.

 

 


Zhoop! “Devil’s Lettuce”, 2022-Goodbye Boozy Records

 


Jeff sbarca in Europa con la sua prima uscita fisica ed io sono orgoglioso. Ne ebbi a scrivere qui su IYE in un Sottoscala Pandemico e, adesso, finalmente, il talentuoso, e iperproduttivo, ragazzo di Hammond ora conta la sua prima cassetta ufficiale nel vecchio continente.

Per fare questo si affida alla Goodbye Boozy e ci propone dei suoi classiconi riregistrati per l’occasione! Le sue cassette autoprodotte da noi sono irreperibili e questa notizia ci apre il cuore e gli orecchi!

Il disco è bello, poco da fare: il solito Garage Crust, chitarra pulita, voce cavernosa e ritmiche serrate; a cesellare il tutto quell’atmosfera di improvvisato e artigianale che contraddistingue ogni singolo lavoro del nostro Jeff (partendo da Zhoop, passando per Feed e Djinn e arrivando a Brundle) e che lascia sempre più stupefatti per la quantità e qualità dell’intero suo lavoro musicale. Era l’ora!

 

 


Wayne Pain and The Shit Stains “Leather Maniac” 2022

 

Quando ascolto Wayne Pain e i suoi Shit Stains, mi viene da ridere, e non per il nome del gruppo, ma solo perché penso a quella gente che prima di andare a registrare si fa mille seghe mentali, delirando su “perfette sfere sonore”, “delicati ricami” “registrazione traccia traccia per una perfetta comprensione dell’insieme in ogni sua singola componente”…

e poi metti su questo Leather Maniac che è un disco che se ne sbatte apertamente di quanto citato fin’ora : presa diretta, urla che mandano in saturazione i microfoni, sporcizia, rientri, qualcosa scompare sommerso dal resto per poi riapparire all’improvviso come un serial killer da dietro l’angolo; dietro a tutto questo il Rock n’Roll , quello demente, rozzo, spietato, ironico, che nella sua efferatezza di avvicina più ai Fiori del Male di Baudelaire di quanto possa mai riuscire uno dei soggetti fanatici citati in apertura.

Il secondo EP, uscito subito poco tempo il primo, che segnala definitivamente questo gruppo come una delle promesse più brillanti del Punk Rock a bassa risoluzione. Anzi, più che una promessa, direi che oramai siamo già alle certezze:

hanno estro, capacità, volontà di rimanere coerenti nel suono pur variando di registro e un talento naturale per la sortita stramba e fuori dai canoni.

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