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Recensione : Marco Boba – Io Non Sono Come Voi

Forse questo libro, tra le altre cose, ci invita a non aver paura, a percorrere la nostra strada, qualunque sia, impervia come una scalata in montagna o diversa dalle strade comuni contrassegnate da segnali sui sentieri.

Io non sono come voi racconta la storia di Ciccio, del suo antagonismo viscerale per la cosiddetta vita ordinaria, del suo peregrinare insoddisfatto, cruento e pieno di vita, pensieroso, malinconico e rabbioso, lungo le strade della sua città, tra i Murazzi e i parchi di Torino, e poi lungo la penisola, a Roma e in Sicilia, nell’isola lontana di Filicudi, e poi di nuovo sulle Alpi piemontesi, cercando uno spettro insolito e libertario dell’esistenza tra i crinali e le cime solitarie e illuminanti del Monviso.
Protagonista del mondo antagonista torinese, Ciccio non riesce a vivere una vita ordinaria, dettata dalle cadenze annichilenti di una società che pare costringere ogni uomo ad adattarsi allo schema risucchiante lavoro/casa/famiglia, per cui Ciccio occupa case, vive molteplici e sofferti rapporti con innumerevoli donne, abita i centri sociali, partecipa a manifestazioni tra cui quella drammatica di Genova del 2001, ed è attivo in scontri e violenze che considera doverose, odia gli sbirri, i fascisti, il potere democratico, chiunque pretenda di asservirlo a un modello di vita che non sente suo.

Io non sono come voi è un romanzo anomalo per il suo semplice e scorrevole impianto narrativo unito però a temi duri, crudi, esistenziali, che si infilano nervosi tra le pieghe di quel che ognuno di noi, in qualche modo, patisce nel vivere una vita che spesso sente obbligata. Immergendosi nella storia di Ciccio il lettore non può non immedesimarsi in lui, nella sua impazienza di vita vera, nel suo ribellismo genuino ma sofferto, non si può non immedesimarsi soprattutto chi certe lotte sociali e alcuni accadimenti di piazza e di strada o tra il tessuto periferico di certe città non le ha vissute in egual modo o similarmente.

La sofferenza passionale del protagonista fa da perno ad ogni rabbia e violenza, questo suo non essere mai mansueto fa sì che viva in perenne stato di tormento, di dubbio, di incompiutezza, forse libero, certo, libero dalle costrizioni comuni, ma la libertà probabilmente ha il suo prezzo.

Questo romanzo accattivante, da interiorizzare, assaporare, capire, ma anche solo da godere come un flusso di emozioni mai banali è stato scritto da un personaggio non di primo pelo nella militanza del Movimento torinese, Marco “Boba”, tra i primi occupanti del centro sociale El Paso e redattore di Radio Black Out. Le cose che narra le ha, come asserisce egli stesso, in parte vissute, di autobiografico c’è molto, certe esperienze di vita e di lotta e di non/ammaestramento sono parti integranti della sua persona, e quindi ce le può riferire dietro la lente deformante ma non troppo della narrativa. Insieme alle sue parole scritte, il libro si arricchisce delle illustrazioni di Rocco Lombardi, altro punto fermo di un certo tipo di controcultura italica, fondatore di Lamette Comics e autore, tra gli altri, del volume “Campana” insieme a Simone Lucciola per Giuda Edizioni, altra opera che consiglio caldamente.

La quarta di copertina recita, proponendo un estratto del libro: “Io odio. Dentro di me c’è solo voglia di distruggere, le mie sono pulsioni nichiliste. Per la società, per il sistema, sono un violento, ma ti assicuro che per indole sono una persona tranquilla, la mia violenza è un centesimo rispetto alla violenza quotidiana che subisco, che subisci tu o gli altri miliardi di persone su questo pianeta.

Che la violenza sia l’unico modo per distaccarci da un apparato di condizionamenti sociali che subiamo incessantemente? L’unico modo per regalarci una rivincita dalla violenza che subiamo quotidianamente da media, potere, informazione, agenti dell’ordine/disordine, la violenza dell’incomprensione, dell’isolamento a cui pare questo mondo dominante ci porta, con rabbia e fascistica determinazione? Quando si forma un punto di rottura? E quando arriviamo al punto di non-ritorno? Cosa è più indecente, una molotov o una vita cadenzata dai dogmi di un potere qualsiasi? Meglio un tafferuglio o l’asservimento ai Tg di Stato?

Forse questo libro, tra le altre cose, ci invita a non aver paura, a percorrere la nostra strada, qualunque sia, impervia come una scalata in montagna o diversa dalle strade comuni contrassegnate da segnali sui sentieri. Perché solo viaggiando si percepiscono le differenze, si allontanano le resistenze, ci si innoltra nei luoghi più impervi, quelli più tremendi ma anche incantevoli: quelli che abbiamo dentro.

Eris Edizioni sforna sempre prodotti letterari degni di nota, fuori da un certo tipo di cultura dogmatica, racconti e romanzi che parlano densamente della vita che non deve armarsi di compromessi. Casa editrice di Torino, in alcuni casi i suoi libri hanno come ambientazione principale il capoluogo piemontese, ma le storie di Torino non sono dissimili da quelle che si possono vivere a Milano, Roma, Palermo. Il minimo comune denominatore è: letteratura che si slega dai concetti dominanti, che ci regala un lasciapassare per un mondo che vorremmo migliore, per un mondo che non è solo quello raccontato da certe storie da casta culturale.
Io non sono come voi si colloca esattamente in questo complesso di romanzi che fa perno in una realtà che può essere alternativa, in una lotta contro l’omologazione, respirando col respiro di una città (Torino, Milano, Roma, Palermo o Tokyo che sia) che vogliamo ancora viva, pulsante, in qualche modo giusta, onesta con se stessa e con chi la vive.

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2 risposte

  1. Questo libro istifa a delinquere e incita all odio e violenza vs le fdo. D altrobde a voi piace odiare glisbirri solo per moda.

    1. Riteniamo che confrontarci con opinioni contrarie alle nostre rappresenti una rara opportunità di confronto e crescita. Per questo motivo, non possiamo fare a meno di vedere il tuo commento come, ahimè, un’occasione sprecata.

      Prima di tutto, lo scopo di IYE non è diffondere l’odio verso nessuno, né tantomeno fornire opinioni standardizzate trincerandosi dietro una modalità unica di pensare. Tantomeno ci riguarda il fattore “moda”, altrimenti non saremmo a scrivere qui dal 1999. Al contrario, nostro obiettivo è discutere, far conoscere, genere dibattito su forme di espressione lontane dal mainstream, mettere in luce l’esistenza di realtà lontane dai riflettori e/o rappresentate nei media tradizionali in modo superificiale o distorto (ti invitiamo, ad esempio, a dare un’occhiata agli articoli nella sezione “La Nostra Africa”). Detto questo, ci interessa l’intero spettro dei fattori che riguardano l’esistenza umana, tra i quali ovviamente rientra la sfera sentimentale, anche (e forse soprattutto) nei suoi aspetti meno nobili. Anzichè giudicare e liquidare questi ultimi superficialmente con poche distratte parole, preferiamo cercare di capirli, analizzarli, sforzarci di arrivarne alla radice. Questo non comporta necessariamente condividerli o giustificarli, sarà il lettore a trarre le sue conclusioni sulla base delle proprie riflessioni. Del resto, su IYE scriviamo in molti, è difficile che esista un singolo post i cui contenuti siano condivisi in toto da tutti i redattori, questo è il bello delle comunità che ammettono un certo livello di pluralismo vocale. Le riflessioni innescate dalla lettura di questo libro sono state espresse da Alessandro in forma di domanda: non è stata imposta nessuna verità assoluta. Il nostro recensore avrà magari un’opinione in materia abbastanza convergente con quella del protagonista del libro, ma questo sarà probabilmente determinato dalla sua esperienza personale e quest’ultima sarà differente per ciascuno di noi.

      Ci congediamo rammaricandoci di nuovo della tua scelta di limitarti a buttare quattro parole lapidarie basate su un partito preso, da cui si intuisce che secondo te avremmo dovuto censurare il libro a causa dei suoi contenuti. Avevi l’occasione di apportare le tue riserve in maniera costruttiva e dare un contributo al dibattito, invece hai preferito esprimere un punto di vista che pare proprio basarsi sull’odio, esattamente il sentimento che hai accusato noi di fomentare.

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