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Marco Travaglio – Viva Il Re!

Marco Travaglio, saggista e vicedirettore del Fatto Quotidiano, scrive questo libro pungente e polemico nei confronti del nostro beneamato presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Travaglio, che non si può di certo considerare un fenomeno di simpatia (almeno da quanto traspare dalla TV) , cresce giornalisticamente accanto a Montanelli a Il Giornale, diventando uno dei giornalisti d’inchiesta più brillanti del nostro paese, oltre che presenza fissa nella trasmissione Anno Zero di Michele Santoro. Proprio quell’aria un po’ spocchiosa da saputello lo rende molto adatto alle inchieste anti corruzione e anti mafia, dove spesso sbugiarda platealmente i soliti politicanti e pennivendoli di ambo gli schieramenti, molti dei quali non nascondono aperta antipatia nei suoi confronti. Memorabile fu la figuraccia che fece fare a Vittorio Feltri in diretta da Santoro, sulla lite tra Berlusconi e Montanelli, con telefonata di quest’ultimo a ringraziare il collega Travaglio per essere stato l’unico a dire la verità sulla vicenda. Devo dire che leggendo queste pagine, le sorprese sono tante, infatti da come ce lo hanno sempre rappresentato, l’uomo del colle (così lo chiama l’autore) è sempre stato simbolo di grande autorevolezza, incarnando il ruolo di arbitro con assoluto garbo e discrezione. Pertini e Ciampi, che rimangono due figure popolarissime, principalmente perché di specchiata onestà e di strettissima vicinanza alla gente, (nel caso del primo soprattutto), furono esempi di enorme rispetto e deferenza nei confronti delle istituzioni. Nel caso di Napolitano, non si può dire lo stesso, se non altro per l’arbitrarietà con cui ha adoperato i suoi poteri, spesso imponendo la propria volontà piuttosto che consigliando e proponendo i suoi suggerimenti. Se qualcuno pensa che nei confronti di Berlusconi, Napolitano abbia sempre usato la mano ferma, sbaglia di grosso. Le leggi firmate dal presidente nei confronti del caimano sono tante, tantissime e sono a suo esclusivo vantaggio. Il non firmare una legge incostituzionale non è una facoltà, è un dovere da parte di un capo dello stato, che non deve guardare in faccia a nessuno, per senso di responsabilità verso la nazione (vedi Ciampi e Scalfaro). Solo nel primo mandato al colle verranno trasformate in legge: indulto, decreto Telecom, ordinamento giudiziario Mastella-Castelli, lodo Alfano, raddoppio dell’Iva a Sky a favore di Mediaset, scudo fiscale, decreto salva liste e dulcis in fundo, il legittimo impedimento. Se poi qualcun altro pensa che Napolitano abbia il merito di non aver impedito la condanna a Berlusconi, anche qui commette un errore di valutazione grossolano, perché se finalmente il nano si è levato di torno, almeno per un po’, è grazie al voto palese in parlamento, fortemente voluto dai grillini, che ha evitato i soliti giochetti sporchi e inciuci. Ma non c’è da preoccuparsi, infatti, proprio in questi giorni si comincia a parlare di decreto svuotacarceri, già sponsorizzato a più riprese dal nostro illustre presidente e dal ministro Cancellieri, sempre solerti a intervenire in difesa di politici e mafiosi in difficoltà, ma mai dei poveri cristi che in galera ci vivono e spesso ci muoiono come cani. Quando, prima o poi, Napolitano toglierà il disturbo, c’è da scommettere che l’intera classe politica e i media si scappelleranno in omaggi al nostro ex presidente, che ha dato prova di sacrificio per il bene del paese, nonostante l’età avanzata e gli acciacchi. In realtà, dovrebbe essere il contrario, dovrebbe essere lo stesso Napolitano a ringraziare gli italiani, che gli hanno permesso di difendere interessi e compromessi più o meno occulti, dimenticandosi totalmente dei veri problemi del paese. Alla faccia del rinnovamento, Re Giorgio, entra in politica, nel cinquantatre, cioè sessantun anni fa, nelle file del PCI, dimostrando sempre abilità e destrezza nel mettersi dalla parte giusta. In un paese normale, uno così starebbe a casa a occuparsi dell’orto e dei nipoti già da una trentina d’anni e l’accanimento e la nevrosi che lo spingono a non mollare il suo posto sono chiari indizi della sua reale azione politica. Pochissimo si è parlato delle famose intercettazioni con Mancino, sulla trattativa stato e mafia, per le quali Napolitano farà carte false pur di eliminarle dalla circolazione, arrivando a ostacolare a muso duro la procura di Palermo (Ingroia e Messineo). Non parliamo di ladri di polli, ma di trattative tra i Ros e Riina e Provenzano tramite Vito Ciancimino, avvenute nel novantadue, dopo Capaci e prima di Via d’Amelio. Sia Riina che Massimo Ciancimino parlano del coinvolgimento di personaggi politici e vengono fatti i nomi di Rognoni e Mancino, ai tempi alla difesa e agli interni. Alla luce di queste confessioni gravissime, Napolitano si è sempre dimostrato insofferente e scostante, bollando tutto come sensazionalismo mediatico. Oggi Mancino è il vice di Napolitano al CSM (consiglio superiore della magistratura) ed è inaudito che invece di affrontare serenamente un’indagine, il presidente della repubblica, se la prenda con i magistrati inquirenti per insabbiare le telefonate del sottoposto che gli chiedeva disperatamente di non essere sbugiardato pubblicamente. Quella di Napolitano, è l’ennesima storia di ambiguità politica e di arroganza istituzionale, dove fatti gravi, come il sequestro Shalabayeva e l’affaire Ligresti /Cancellieri, passano come piccoli incidenti di percorso mentre il paese è sempre più in ginocchio.

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