Ancora una volta Agenzia X si conferma come una delle realtà più intimamente connesse con il tessuto sociale. “Mastica ‘zine, Ero una fanzine” ne è l’ennesima riprova. Il volume, dato alle stampe nell’estate dello scorso anno, ribadisce ulteriormente come la necessità di confrontarsi e analizzare quelle zone “meno nobili” della società italiana, debba essere vista come azione prioritaria. Non fosse altro che per provare a capire il mondo che ci circonda, anziché viverlo passivamente, o ancor peggio giudicarlo da lontano, per sentito dire. Anziché unirsi al coro dei (finti) indignati, le ragazze di Mastica ‘zine scelgono di andare a fondo nell’analisi di un problema più che mai vivo, anche se poco considerato dai media mainstream.
“Ero una fanzine” è il primo libro realizzato dal collettivo di fanzinare Mastica ‘zine, nato nel duemiladiciannove a cavallo tra Milano e Berlino, e deve essere visto come la risposta alla visione contemporanea che guarda all’eroina come a un fenomeno sociale da collocare nel nostro passato. Purtroppo per noi, però, le cose stanno diversamente, le morti per overdose negli ultimi anni sono tornate a salire, ma non ce ne siamo minimamente accorti, troppo presi a pensare all’eroina come un fenomeno relegato ad un contesto sociale di grande emarginazione. In realtà, come sottolineano i dati, l’eroina non è mai scomparsa dai radar, è stata solamente messa da parte, a discapito di altre dinamiche reputate più “interessanti” dai media di regime.
Terza uscita della nuova collana “Fulmicotone” di Agenzia X, quella dedicata alle nuove voci contemporanee, quelle che oltre a tracciare solchi nel tessuto sociale attuale, guarda alla necessità di raccontare il presente, analizzandolo sotto tutti i suoi aspetti. Con occhio critico e con la consapevolezza che per raccontare una società violenta occorra inevitabilmente una scrittura carica di rabbia e furore, al fulmicotone appunto.
Il tentativo del libro è quello di adeguare il linguaggio ai tempi correnti, liberando il problema da una narrazione tanto datata quanto retorica, dando voce direttamente a tutti coloro che si ritrovano a vivere, o ad aver vissuto in tempi recenti, esistenze scandite dall’eroina. Nei contributi di cui si compone “Ero una fanzine” possiamo (ri)trovare termini desueti come spaccio, consumo, dipendenza, astinenza, overdose, morte, esclusione sociale, pregiudizi e paure. Ma non solo, è anche ben presente tutto quel campionario sociale che si muove e che muove il consumo. Quella di far raccontare tutto questo, in prima persona, a chi come detto le ha vissute, o ancora, magari solo marginalmente, le vive, si rivela assolutamente vincente, proprio per il fatto che così facendo si elimina quell’approccio retoricamente moralista e perbenista di tutti coloro che hanno spesso sentenziato sull’argomento senza averlo mai realmente toccato da vicino.
“Ero una fanzine” ci mostra gli abissi reali da cui non tutti riescono a tornare indietro, con testimonianze che non entrano mai nel merito delle scelte, ma sradicano i pregiudizi parlando in modo libero e diretto, con un linguaggio giustamente crudo, e con la forza di chi ha dato del tu all’abisso. Stanchi di improvvisati trattati di sociologia che tutto fanno tranne iniziare un dialogo costruttivo volto ad analizzare il problema, non possiamo quindi che accoglierlo come un testo di riferimento per approcciare quella fetta di società che vive all’ombra e nell’ombra. Se è vero che il passato non è mai stato così presente e ingombrante come ora, siamo ancora una volta con le spalle al muro, obbligati a rivedere quella che è la nostra idea di socialità.