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Recensione : MELT-BANANA – 3 + 5

Che cazzo è ‘sta roba?!?!?!?” si chiese meravigliato chi vi scrive, quando ha scoperto dell’esistenza, anni fa, dei giapponesi Melt-Banana, dal 1992 tra i principali agitatori della scena/movimento concettuale “Japanoise”, vale a dire degli autentici terroristi sonori, da Tokyo con furore, fautori di uno schizofrenico sound a base di hardcore ipercinetico, noise rock e frattaglie di musica elettronica ispirata da videogames, anime e fumetti manga. Una delle realtà più originali della scena musicale giapponese, capace di crearsi, attraverso convulsivi live set, una solida fanbase trasversale soprattutto in Gran Bretagna e Stati Uniti (aprendo per band come Melvins, Tool, Mr. Bungle e Napalm Death, prendendo parte ad alcune delle note session per John Peel e conoscendo Steve Albini) attirando appassionati grazie alla loro micidiale miscela ultraveloce che va dal punk all’avanguardia, passando per il noise e l’hardcore/grindcore. Il tutto reso ancora più bizzarro dal fatto che i nostri (da un decennio ridotti a una line up a due membri, senza bassista né batterista, composta dalla fondatrice del progetto e frontwoman Yasuko Onuki in tandem con Ichiro Agata alle chitarre e agli effects) avessero inciso, in passato, anche una bizzarra cover di “Tintarella di luna” della totem della canzone italiana Mina, ovviamente nel loro stile, stravolgendo e brutalizzando il classico della “tigre di Cremona”. L’intento di base è quello di divertirsi e sperimentare destrutturando la forma-canzone “pop”, affidandosi all’istinto e al rifiuto assoluto di fossilizzarsi su uno stile e un genere predefiniti.

L’intensità e la lucida follia eclettica dei Melt-Banana, col passare dei decenni, non si è smarrita, anzi, quest’anno ha trovato linfa vitale con l’uscita di un nuovo full length, “3 + 5“, nono lavoro sulla lunga distanza del progetto (arrivato a undici anni di distanza dal precedente long playing, “Fetch“) pubblicato sulla loro label A-zap records. Nove brani in cui i nostri rinnovano la loro formula incendiaria improntata su un approccio di folle “caos ordinato”, in cui le vocals frenetiche della Onuki e le chitarre cyberpunk di Agata (affogate in un’elettronica psicotica) scandiscono un’energia caotica da cui lasciarsi trasportare, un magmatico monolite sonico che trascende le analisi track-by-track.

Se non siete avvezzi a sonorità estreme per timpani “resilienti”, questo album non fa per voi, passate oltre. In caso contrario, madness is only a state of mind, e quindi “3 + 5” sarà ben lieto di continuare a farvi andare fuori di cervello.

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