Esce per Marsilio la prosecuzione temporale di “Milano Criminale” e dal 1972 al 1984 vengono nuovamente narrate le vicende dei malavitosi che regnano nel capoluogo lombardo.
Si riparte da dove ci si era lasciati, con alcuni protagonisti del precedente romanzo e altri nuovi, dato che è cambiato il business e il modo di arricchirsi da parte dei criminali: non più dure, rapine in banca, a porta valori o a supermercati, ma bische clandestine, sfruttamento della prostituzione, sequestri e, soprattutto, spaccio di cocaina. Antonio Santi è rimasto, commissario tenace e costantemente in lotta contro il crimine, così come Roberto Vandelli, anche se praticamente sempre in galera.
“Solo il tempo di morire” racconta la storia di due gruppi malavitosi che si contendono il controllo e la supremazia degli affari illeciti a Milano: Franco Tarantino, re del gioco d’azzardo conosciuto anche come faccia d’angelo, e Agostino Ebale, il catanese, supremo padrone dello spaccio della polvere bianca. E dietro di loro, a tessere le fila dei loschi traffici, Mafia e Camorra, con i loro scagnozzi pronti ad estrarre il ferro e a uccidere brutalmente chi non si allinea o prova a fare il furbo.
Come nel precedente romanzo, il libro intreccia il racconto romanzato con episodi di vita realmente accaduta: tragici,come l’omicidio Moro e l’attentato a Giovanni Paolo II, più ludici, come il trionfo ai mondiali di Spagna 82. Tuttavia, il risultato finale non convince come romanzo e non soddisfa come racconto storico.
Cambiano gli anni e cambiano i protagonisti, ma anche questa volta libro scorre via veloce, senza entusiasmare mai fino in fondo.
Troppi personaggi marginali dei quali non vi è molta descrizione, se non il nome e alcune battute pessime che non vorresti trovare nemmeno nel peggior film, e una serie di episodi ripetitivi e non sempre collegati tra loro, alla fine ne fanno un libro mediocre.