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Recensione : Miles. L’autobiografia di Miles Davis con Quincy Troupe, edito da Minimum Fax

Miles. L’ autobiografia di Miles Davis con Quincy Troupe, edito da Minimum Fax

Fitto di aneddoti e animato dal calore di una personalità battagliera che odia i compromessi, questo libro autobiografico del 1989 è anche un ritratto “militante” di mezzo secolo di cultura nera americana.

Potrete leggere passaggi come questi:

• La conoscenza è libertà e l’ignoranza è schiavitù.

• Era la prima volta che mi pizzicavano per qualche motivo, la prima volta che mi ritrovavo in galera e, cazzo, non mi piacque per niente. Fanno di tutto per toglierti la tua umanità e ti senti totalmente impotente dietro quelle sbarre di ferro, mentre la tua vita è nella mani di qualcuno a cui non gliene frega un cazzo di te. Alcuni di quegli sbirri bianchi erano razzisti fino al midollo e ti avrebbero preso a calci come nulla fosse o ti avrebbero ucciso come si fa con una mosca o uno scarafaggio. In questo senso il tempo che passai in galera servì ad aprirmi gli occhi, fu una vera rivelazione.

• Nel periodo in cui registravamo (agosto ’55), accadde una cosa terribile: nel Mississippi un quattordicenne nero di Chicago che si chiamava Emmett Till fu linciato da una banda di bianchi perché aveva parlato con una bianca. Gettarono il corpo nel fiume. Quando lo ritrovarono e lo tirarono fuori era tutto gonfio. Fecero delle foto e le sbatterono sui giornali. Cazzo, quella roba era orribile e colpì chiunque a New York. Mi fece quasi dare di stomaco. Ma fece capire ancora una volta ai neri quello che molti bianchi pensavano di loro in questo Paese. Non dimenticherò mai le foto di quel ragazzo, per tutta la vita.

• Alzai gli occhi e sul muro vidi un annuncio che pubblicizzava viaggi in Germania per gli ufficiali di polizia, tipo gite turistiche. E questo quattordici anni dopo la guerra. E loro se ne andavano laggiù per imparare stronzate da poliziotti. Stava tutto scritto su un volantino. Probabilmente gli insegnavano a essere ancora più cattivi e a fare ai neri quello che avevano fatto i nazisti agli ebrei, laggiù. Non potevo crederci, in teoria era questa la gente che doveva proteggerci.

• (…) la vita è veramente stronza qualche volta, specialmente se sei nero.

• Mio padre era stato investito da un treno mentre era in macchina, (…) credo che fosse stato nel 1960, attraversando uno di quei passaggi a livello incustoditi in mezzo alla campagna. Si era fatto parecchio male perché, visto che le ambulanze dei bianchi non prendevano a bordo i neri lì dov’era successo l’incidente, aveva dovuto aspettare che arrivasse un’ambulanza nera a prenderlo per portarlo all’ospedale.

• (…) uccisero Martin Luther King, a Memphis. Era l’inizio di aprile. La violenza esplose di nuovo in tutto il Paese. King aveva vinto il premio Nobel per la pace ed era davvero un grande leader e una persona magnifica, ma la sua filosofia non violenta del “porgi l’altra guancia” non era fatta per me. Comunque fu una vera vergogna che fosse stato ucciso in quel modo così violento, come Gandhi. Era il santo dell’America e i bianchi l’avevano ucciso lo stesso, perché si erano spaventati quando aveva cambiato messaggio, smettendo di parlare semplicemente di neri, iniziando invece a parlare della guerra del Vietnam, dei diritti dei lavoratori e così via. Quando morì, parlava già a tutti quanti e sicuramente a chi aveva il potere questo non piaceva. Se avesse continuato a parlare soltanto ai neri, sarebbe andato tutto liscio, ma aveva fatto la stessa cosa che fece Malcolm dopo essere rientrato dalla Mecca. E questa è la ragione per la quale hanno ucciso anche lui, ne sono certo.

• La morte di Jimi (Hendrix) mi fece davvero incazzare perché era così giovane e aveva così tanto tempo davanti a sé. Decisi di andare al funerale a Seattle, anche se avevo sempre odiato andare ai funerali. Il funerale fu così brutto che dissi a me stesso che sarebbe stato l’ultimo a cui andavo, e così è stato. Il prete bianco non conosceva nemmeno il nome di Jimi e continuava a pronunciarlo male chiamandolo una volta così, una volta cosà. Era imbarazzante. In più non sapeva nemmeno chi fosse Jimi, niente di quello che aveva fatto.

• (…) mi ero appena trasferito nella casa lì sulla Settantasettesima e avevo chiamato un bianco per fare alcuni lavori. Quando arrivò e io aprii la porta il tipo mi chiese: “Dov’è il proprietario?” Insomma, io ero lì in piedi tutto bello pulito e a posto e lui mi stava domandando se poteva vedere il proprietario. Rifiutava di credere che un nero potesse possedere una casa come quella in quel quartiere. Se sei un nero ti tocca passarne di tutti i colori.

• (…) stanno mandando tutto a puttane soltanto perché sono così maledettamente ingordi. Sto parlando dei bianchi che fanno queste cose, e le stanno facendo in tutto il mondo. Stanno distruggendo l’ozono, minacciano di buttare bombe su tutti quanti, cercano sempre di rubare la roba degli altri, e quando qualcuno non l’accetta, mandano l’esercito. È pietoso, vergognoso, pericoloso quello che stanno facendo e quello che hanno fatto in tutti questi anni, perché stanno mandando a puttane la vita di tutti.

• (…) io ho un’ottima memoria per quello che è successo in questo Paese. Gli ebrei continuano a ricordare al mondo quello che gli è successo in Germania. E allora noi neri dobbiamo ricordare al mondo quello che è successo negli Stati Uniti, o meglio (…) “negli Stati che ancora non sono Uniti”.

• Non mi va di tirar fuori Dio e non mi va che me lo sbattano in faccia. Se dovessi esprimere una preferenza religiosa direi che è l’islamismo e che sarei un musulmano. Ma non so niente di questa roba, né di nessuna religione organizzata. È una cosa che non mi è mai piaciuta, usare la religione come un paio di stampelle. Perché personalmente molto di quello che accade nelle religioni organizzate non mi piace. Non mi sembrano tanto spirituali: mi pare che abbiano più a che fare con i soldi, con il potere, e non posso accettarlo.

Chiudo con una frase del nerissimo ex campione di pugilato, Larry Holmes: “Anch’io una volta sono stato negro, quando ero povero”.

 

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