Se il mondo del cinema ed il rock hanno vissuto da sempre un rapporto di amore/odio, il grande schermo ha sempre visto il metal come una malattia fastidiosa, un virus da starne alla larga, o semplicemente uno stile di vita da ridicolizzare nei molti film per teenagers, dove il metallaro è sempre stato rappresentato o dal ragazzino sfigato, escluso dal gruppo e considerato strano, oppure il cattivo sessista con maglia dei Motorhead e grilletto facile.
Nel 1986, nel bel mezzo degli anni d’oro per qualità e popolarità della nostra musica preferita, il regista Charles Martin Smith, diresse questo horror, dove l’heavy metal fu protagonista incontrastato, non solo sotto forma di colonna sonora, come per esempio nei molti film che, all’inizio del nuovo millennio affiancavano l’horror movie con colonne sonore degli artisti nu metal che andavano per la maggiore (uno su tutti, La Regina Dei Dannati del 2002), ma dandogli lo spazio che il mercato all’epoca chiedeva di diritto.
Certo è che la trama, come sempre, vedeva il protagonista amante della musica heavy, alle prese con i soliti problemi nei rapporti umani, di fatto resi impossibili da una società bigotta ed un gruppo di bulli della scuola che mal sopportano la passione del protagonista.
Circondato solo dal suo compagno di classe, Roger Mockus e Leslie Graham che funge da angelo custode, togliendolo in varie occasioni dai guai, Eddie Weinbauer, soprannominato Ragman, avrà la sua rivincita, quando, alla morte del suo idolo, il musicista Sammi Curr, viene in possesso dell’ultimo disco scritto prima di morire dall’artista ed unica copia esistente.
Addormentatosi all’ascolto del disco, Eddie viene in contatto con l’anima di Curr che lo istiga a vendicarsi delle angherie subite, ma anche di uccidere il suo caro amico Leslie.
Inizia una lotta fra bene e male che porterà al solito lieto fine ed al ritorno dello spirito nell’oltretomba, non prima di averci deliziato con un po’ di trucide uccisioni.
Uscito nel mezzo della campagna contro le band heavy metal perpetrata dalla P.M.R.C. (Parental Music Resource Center) che in quegli anni scendeva in campo contro W.A.S.P, Judas Priest ed il Madman (tanto per citarne alcuni), il film senza far gridare al capolavoro, cita molte delle icone metalliche dell’epoca.
Lo stesso Ozzy prese parte alla pellicola, nella parte di un pazzoide bigotto e sorta di crociato contro la musica metal, e Gene Simmons che rivestì la parte di Nuke, un dj “colpevole” a sua insaputa del regalo maledetto al protagonista (il fantomatico ultimo disco di Curr).
Nessuna scena splatter, solo un omaggio alla musica dura che vede, in questo film, molte illustri citazioni: dai poster di artisti famosi della scena quali Dee Snider, Anthrax, Mötley Crüe, Ozzy Osbourne, Kiss e Judas Priest, all’inquadratura di album (in vinile) famosissimi come Killing Is My Business… And Business Is Good! dei Megadeth, Defenders Of The Faith dei Judas Priest e The Dungeons Are Calling dei Savatage.
Non meno importante la colonna sonora, scritta e suonata dai Fastway dell’ex Motorhead Fast Eddie Clarke, una raccolta di brani hard & heavy anni ottanta che la Columbia ristampò nel 1990.
Morte a 33 giri non è un film imperdibile per gli amanti dell’horror, ma una buona pellicola per i fans del metal, a cui non mancheranno di gasare le tantissime citazioni ai gruppi storici e le “perle” interpretative di ormai due vecchie volpi del genere come Osbourne e Simmons.
Regia: Charles Martin Smith
Attori principali:
Marc Price: Eddie Weinbauer
Tony Fields: Sammi Curr
Lisa Orgolini: Leslie Graham
Doug Savant: Tim Hainey
Glen Morgan: Roger Mockus
Gene Simmons: Nuke
Ozzy Osbourne: Aaron Gilstrom
USA 1986