Questo esplosivo terzetto di Verbania propone una sorta di noise rock strumentale potente e diretto: una bella mina metallosa dai suoni molto efficaci, chitarre compresse quanto basta e una batteria spacca mascelle secca e decisa.
Il disco si apre con Sicario, dal bell’incipit con la batteria che pesta sui fusti e la chitarra che incede incalzante. Il pezzo procede minaccioso, veloce e trascinante.
In Califfo, chitarra pulita e feedback si risolvono in un riffone grosso e massiccio, accompagnato da una seconda chitarra che insiste su un bel motivetto, una pioggia di note alte che dà al brano una sua certa qual cantabilità, nonostante l’assenza della voce. Si respira qui come un senso di oppressione psichica, le note pesano come macigni e ci tirano giù, nel loro ripetersi incessante.
Agata, dopo un inizio ossessivo, si evolve in una sezione davvero intensa, magniloquente quasi. La stessa sensazione, con qualche punta di malattia in più, pervade FFF, in cui fa la sua comparsa, unica occasione in tutto il disco, la voce, che conferisce al brano un’atmosfera davvero unica. Uno dei momenti più elevati e riusciti di questo lavoro, senza dubbio.
Dave Cocks rappresenta il lato più introspettivo e, al tempo stesso, più oscuro e minaccioso.
Si passa all’ossessivo incalzare ipnotico di Tramontana Scura, la cui apertura centrale è un po’ come quando i raggi del sole filtrano tra coltri di dense nubi nere.
Le incursioni ritmiche di Ohmega, ora incespicanti, ora dritte come un fuso, ricordano lo schizofrenico avanzare di un ragno ballerino, a tratti veloce a tratti lento, sempre e comunque imprevedibile.
Giungiamo così a Macelleria Messicana, che chiude il disco con una raffica di colpi di mannaia, tutti dritti sul collo.
Un disco violento, questo. Ma anche bello intenso, in grado di raggiungere le soglie del sublime in alcuni passaggi.
La potenza al servizio dell’espressività.