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Museo Dell’altro E Dell’altrove Di Metropoliz_citta’ Meticcia

Museo Dell'altro E Dell'altrove Di Metropoliz_citta' Meticcia: MUSEO DELL'ALTRO E DELL'ALTROVE DI METROPOLIZ_CITTA' METICCIA "Una stori...

Museo Dell’altro E Dell’altrove Di Metropoliz_citta’ Meticcia

MUSEO DELL’ALTRO E DELL’ALTROVE

DI METROPOLIZ_CITTA’ METICCIA

“Una storia diversa da tutte le altre”

Intervista a Giorgio de Finis di Fabio Rosso

SAMSUNG CSC

In questa prima intervista della neonata rubrica “Fuori dalle Mappe”, cercheremo di farvi conoscere un luogo incredibile in cui arte e persone con “alle spalle” storie di guerre e emarginazione convivono influenzandosi a vicenda, dando vita a un museo, a una città come non avete mai visto. Questo luogo è il MAAM, il Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz_città meticcia.

Ma facciamo un passo indietro. Prima del MAAM c’era il salumificio Fiorucci; lo stabilimento dove migliaia di animali venivano macellati come in una “catena di montaggio della morte”, per essere poi trasformati in salumi destinati al palato di milioni di consumatori italiani. Quando la fabbrica chiude i battenti (circa 26 anni fa) viene acquistata dal costruttore Salini: la sua famiglia costruisce da 110 anni dighe, impianti idroelettrici, ferrovie, metropolitane, aeroporti, autostrade; recentemente e noto per aver costruito la diga Gibe III sul fiume Omo in Etiopia, essere partner di maggioranza nel consorzio di aziende impegnate nella costruzione del terzo valico, ha realizzato l’ampliamento del canale di Panama, ha l’incarico per la costruzione dell’ipotetico ponte sullo stretto.

Il 27 marzo 2009 la fabbrica viene occupata da un gruppo di attivisti di diversi movimenti guidati dai Blocchi Precari Metropolitani. Questa azione permette di dare una casa a 200 persone provenienti dall’Africa, dall’Europa dell’Est, dall’America Latina e dall’Italia: nasce Metropoliz.

 

VIDEO

Ciao Giorgio inizierei l’intervista chiedendoti di presentarti ai lettori di In Your Eyes…

Sono un antropologo che ha fatto il ricercatore, il giornalista, il regista, il fotografo, l’editore, e da qualche anno si occupa di arte contemporanea, costruendo dispositivi relazionali e “situazionisti”.

Cosa significa Museo dell’Altro e dell’Altrove?

L’altrove è la Luna che Metropoliz ha raggiunto; l’altro, invece, è ciascuno di noi rispetto a tutti gli altri e rispetto anche a se stesso.

Cosa è successo dopo l’occupazione del 2009?

Nel 2011, io e il mio collega Fabrizio Boni, abbiamo bussato al cancello del 913 di via Prenestina proponendo agli abitanti di Metropoliz e ai Blocchi precari metropolitani, il movimento politico di lotta per il diritto all’abitare che ha occupato lo stabilimento della Fioucci, di costruire insieme un razzo per andare sulla Luna.

Come è nata l’idea di Space Metropoliz? Nella realizzazione del film hanno contribuito anche gli abitanti di Metropoliz?

L’idea di costruire un razzo per andare sulla Luna avviando l’era delle migrazioni esoplanetarie, è nata al Casilino 900, dopo che il progetto di Stalker (Savorengo Ker, la Casa di Tutti) è andato (letteralmente!) in fumo. Volevamo raccontare dell’emergenza abitativa che si fa sempre più grave nelle nostre città inospitali con una favola edificante. Naturalmente il cinema era anche il cavallo di Troia per entrare a Metropoliz e far succedere delle cose. C’è voluto un anno di lavoro per costruire il razzo, ma alla fine gli abitanti di Metropoliz ce l’hanno fatta a partire… e a giocare al gioco dell’arte.

LA COSTRUZIONE DEL RAZZO

TRAILER SPACE METROPOLIZ

SPACE METROPOLIZ – TUTTE LE PUNTATE

https://www.spacemetropoliz.com/

Che fine ha fatto il razzo?

Il razzo è stato smontato, perché con il vento e la pioggia le lamiere con cui era stato costruito si stavano staccando e erano diventate pericolose. Gli abitanti si sono sempre detti disposti a ricostruirlo. Non so se lo faranno mai, né se avrebbe senso. Anche se sono convinto che il razzo e la Luna alla fine sono diventati per tutti, grandi e piccoli, il simbolo di un riscatto possibile. Oggi forse questo desiderio di riscatto è veicolato dal MAAM.

Hogre, Lucamaleonte, Gian Maria Tosatti realizzano per il film le prime opere… immagino che dopo il film, il passaparola abbia fatto il resto…

“Space Metropoliz” era un gioco tutto mentale. Non voleva trasformare gli spazi ma mettere l’accento sui sogni oltre che sui bisogni. Le opere, i relitti spaziali che poi hanno dato origine alla collezione del MAAM, erano funzionali al gioco della Luna. Il MAAM inizia invece a costruire, a intervenire sugli spazi. I primi artisti hanno faticato a vedere il “museo” attraversando gli ambienti fatiscenti della fabbrica abbandonata… poi piano piano tutto è diventato più facile.

 Cosa deve fare un artista per realizzare un sua opera al MAAM?

Condividere il progetto e la battaglia per i diritti che il museo porta avanti, venire, fare un progetto e presentarlo all’assemblea settimanale dove artisti, abitanti, militanti si incontrano, un passaggio necessario soprattutto al rispetto delle buone maniere, che permette all’artista di presentarsi e presentare il proprio lavoro, e ricevere il grazie di tutti e il nostro caloroso benvenuto. Poi insieme cerchiamo il posto migliore per collocare l’opera…

In che modo delle opere d’arte possono difendere gli abitanti di Metropoliz?

Le opere portano valore sui muri di Metropoliz, un relitto urbano destinato alle ruspe. Se si cacciano 200 persone, di cui 70 minori, dalle loro case, al massimo esce un trafiletto sul giornale che recita: “Bonificata l’area dell’ex-Fiorucci”. Se distruggi 500 opere d’arte diventi come i Talebani che cannoneggiano i Buddha in Afganistan.

Quali sono le tematiche che racchiudono la maggior parte delle opere del Maam?

Il MAAM è un museo politico. Quindi non c’è bisogno di fare opere “a tema”. Ciascuno può esprimersi liberamente, sapendo che con il proprio intervento sta comunque sottoscrivendo una petizione a favore di Metropoliz e dei suoi abitanti.

Certe opere d’arte sono entrate anche negli spazi abitativi?

Esiste una Pinacoteca Domestica Diffusa che dovrebbe permettere di varcare la soglia delle abitazioni, conoscersi e magari anche prendersi un caffè insieme. Poi ci sono anche i lavori che in qualche modo alcune famiglie hanno “commissionato” agli artisti. Come i ritratti realizzati da Mauro Maugliani per la casa di una mamma rom che desiderava avere sul muro i volti dipinti dei suoi tre figli.

Quanti artisti hanno collaborato con voi?… e quante opere abitano il MAAM oggi?

Le opere sono oltre 500, ormai non le contiamo più.

Avete realizzato anche un catalogo delle opere?

Ne abbiamo realizzati due, entrambi per le edizioni Bordeaux. Il primo “La barricata dell’arte” è esaurito, il secondo lo abbiamo presentato ad aprile in occasione del quinto compleanno del MAAM, un volume di 992 pagine. Ma ci sono molte altre pubblicazioni… “Space Metropoliz”, “Exploit. Come rovesciare il mondo ad arte. D-istruzioni per l’’uso”, “Rome. Nome Plurale di città”… tutte in qualche modo nate all’interno del dibattito avviato dal MAAM.

Alla mensa ho notato un cartello in più lingue “ gli artisti pagano il doppio”… hai da raccontarci qualche aneddoto a riguardo?

Si tratta di un’opera di Mauro Cuppone, l’artista del FART e del NOT HERE. Tutto nasce da un pranzo non pagato. Mauro stava per perdere il treno e si è dimenticato di saldare il conto della cucina meticcia (5 euro), cosa che i metropoliziani gli hanno fatto notare e pesare la volta successiva! Al di là dell’aneddoto divertente, l’opera obbliga, in un certo senso, tutti a stare sullo stesso piano, artisti e non artisti (nessuno, sapendo di dover pagare doppio, si definirebbe tale, almeno in cucina).

Progetti futuri?

Parecchi… c’è il DIF, il museo diffuso di Formello, un progetto che raccoglie una collezione pubblica di di arte contemporanea che poi redistribuisce tra i cittadini, non importa se il lavoro viene custodito in casa, a scuola, in ufficio, a negozio… e altri esperimenti “corali”, come quello che realizzeremo nell’ex carcere mandamentale di Montefiascone ad Agosto, dal titolo “Face to Face. The maieutic machine”, oltre 70 artisti coinvolti in un rapporto uno a uno con i visitatori. Poi c’è l’ipotesi di un Macro gestito alla maniera del MAAM… ma di questo parleremo a suo tempo.

 

Conosci altre realtà in Italia e in Europa che potrebbero essere paragonate al MAAM? Siete in contatto?

Da quello che so non esistono altri “musei abitati” sul Pianeta Terra. Esistono molti luoghi abbandonati che sono rinati grazie alla presenza degli artisti che vi ci sono insediati con i loro studi, ma questa è una cosa differente. Il MAAM è un posto abitato da famiglie.

So che una parte dello stabilimento è stato demolito e che a una parte degli abitanti è stato proposto un programma di inserimento abitativo. Come è andata a finire?

Gli abitanti di Metropoliz sono tutti inseriti nelle liste dell’emergenza abitativa. Ma non mi pare ci sia alcuna politica pubblica al riguardo. C’è una guerra ai poveri, non alla povertà.

Come sono i rapporti con gli abitanti di Tor Sapienza?

Come sempre accade in questi casi la conoscenza dell’iniziativa è inversamente proporzionale alla distanza, per cui Tor Sapienza, fatte le dovute eccezioni (Tor Sapienza in arte e Morandi a colori, progetti ideati e curati da Carlo Gori), è arrivata dopo il New York Times, la tv franco-tedesca Arte, i Parioli…

… e con il comune di Roma?

Luca Bergamo è il primo assessore in carica che visita Metropoliz e il MAAM. Gli altri lo facevano una volta date le dimissioni o finito il mandato. Bergamo conosce bene l’esperienza del MAAM e vorrebbe farne tesoro considerandola un patrimonio per la crescita culturale della città. Cosa che è sempre stato nelle corde del MAAM, che nasce come dispositivo urbano.

La società proprietaria vi ha mai fatto delle proposte alternative?

Ho avuto un incontro informale con la proprietà a cui ho proposto di venire con noi sulla Luna, di condividere il progetto vestendo i panni del mecenate. Regalare un museo al pubblico nella periferia di Roma mi sembrava, tutto sommato, una cosa vantaggiosa e che giovasse all’immagine dell’azienda (forse più che ripulire il Colosseo). Ma credo che abbia temuto l’effetto domino di una scelta del genere.

Ad oggi quant’è il rischio di sgombero?

Lo stesso di sempre.

Ci sono dei modi per supportare il MAAM?

Venire, portarci gli amici, partecipare alle iniziative. Il MAAM funziona grazie al passaparola. Per gli artisti l’invito è quello di contribuire a costruire la barricata, che è anche una barriera corallina della biodiversità, una opera unica, una cattedrale laica del comune.

Grazie Giorgio per l’intervista che ci hai concesso. Spero che questa intervista possa contribuire in qualche modo a proteggere il MAAM e i suoi abitanti ed abbia convinto tutti coloro che si recheranno a Roma in futuro, a visitare questa splendida realtà.

A sinistra Giorgio De Finis

TUTTE LE FOTO CHE TROVATE IN QUESTA INTERVISTA SONO STATE SCATTATE DA:
Fabio Rosso (foto non firmate)
Monica Cerri

Paolo Vitale

 

Valentino Bonacquisti

http://www.fotografiaerrante.com/

 

Filippo Maria Gianfelice

http://www.filippomariagianfelice.it/

MAAM

Pagina facebook

https://www.facebook.com/museoMAAM/

@museoMAAM

Altri link

https://www.spacemetropoliz.com/

http://espaciopidgin.blogspot.it/

http://www.fotografiaerrante.com/monografie/maam-museo-dellaltro-e-dellaltrove-di-metropoliz_citta-meticcia/

 

Tour Virtuale

http://goo.gl/fIA1Ho.

Orari

Apertura al pubblico: solo il sabato.

Contatti

giorgiodefinis@gmail.com

http://www.museomaam.it

Trasporti pubblici

Da Stazione Termini prendere Metro B fino a Ponte Mammolo e poi linea 508 (14 fermate).

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