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Mustard Rock’n’Roll “Sentirsi Inutile”, 2022-Face Melter Records,Spya Sola Records b/w
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T.L. Beat Movement “Janky Pot”, 2022 Beat Movement Tapes
L’importante è saturare, sia nel bene che nel male, senza mai farsi capire
Questo è ciò che penso, mutuando uno Jannacci d’epoca, mentre ascolto due dischi di fila, diversi fra loro nello stile e nell’approccio, ma accomunati da due cose:
Una, come già detto, è la saturazione del suono; distorsioni passate da microfoni rotti, processate da App concepite per l’autodistruzione e captate da antenne rotte che ricevono ad intermittenza.
L’altra è la natura artigianale di entrambi i progetti: roba fatta in casa tipo il pane, una torta, un mobiletto fatto per sfizio, la paranoia, la depressione e le piante di Maria coltivata sul bancone e prontamente denunciate agli sbirri da una vecchia di merda amica delle guardie e nemica della libertà.
Due dischi Punk, quando per Punk si intende immediatezza, mettere insieme grandiose conquiste con pochi mezzi ma tanto ingegno e nessun compromesso:
saturo ha da essere e saturo sarà, poco importa se ciò non piacerà alle orde ingiacchettate, incravattate e ben stirate della critica manieristica che vorrebbe il Rock per sempre intrappolato dietro a una teca a uso e consumo di un pubblico pagante che, spende i quattrini per sentire la solita solfa e non capire niente, per sentirsi al sicuro, riparato, per sempre rifugiato nella campana di vetro di Pascoli.
A Mustard Rock n’Roll e T.L.Beat Movement (il primo da Roma, Lazio-Italia, e il secondo da Portland, Oregon-U.S.A.) di proteggere e tutelare chi ascolta, incantare e garantirsi i favori della critica ben stirata, frega assai poco.
Loro è la casa, loro le regole, loro l’ottimo risultato. Risultato ottimo e saturo. Risultato ottimo poiché saturo.
Mustard Rock’n’Roll fa, come nome suggerisce, Rock ‘n’Roll di marca, garantito dai Little Richard, i Chuck Berry come dai Wavves e i Jay Reatard, senza scordarsi mai di essere italiano: da notare come sfonda a colpi di martello Rita Pavone nel suo rifacimento di “Datemi un martello” (appunto); forse la miglior versione mai esistita di tale pezzo, finalmente restituito, come di diritto, ad un’esecuzione ferina ed un’atmosfera da rissa in una bettola.
Volano coltelli, volano martelli e Mustard accompagna: i suoi pezzi originali sono di pari livello e non intaccano il clima: Rock sfigato e SisemeN, che aprono il disco, sono un mezzo miracolo tra rock anni ’50/60 e furia Punk Hardcore.
Una violenza spontanea e ballabile; inni buoni per tutte le stagioni.
Il vero inno, quello universale, al di là dei generi, dei riferimenti e delle convinzioni personali, arriva subito dopo, a ruota: Farsi del Male è una delle canzoni più belle e rappresentative del 2022; Punk Rock da spiaggia con andamento anthemico e un’atmosfera da svacco che stride pesantemente con la disperazione del testo.
Anche la commistione tra parole e musica, quindi, conduce verso la saturazione.
Esagerata mantiene l’atmosfera da spiaggia, coi suoi coretti i alla Beach Boys e la sua chitarra riverberata. Prova MT-400 merita un discorso a parte perché è una prova
“che si fa una prova su di un disco ufficiale?”
Ufficiale? Che vuol dire ufficiale? Questo è Rock n’Roll e ci si butta a capofitto senza sapere come andrà a finire!
Ecco che quindi Prova MT-400, per quanto possa essere una prova, in realtà riesce a rilassare l’ascolto e la furia fin’ora accumulata durante l’ascolto: un esercizio tra Drum machine, fraseggi psichedelici di chitarra e finale, breve, conciso ma, credetemi stupefacenti.
Ragionare è un po’ da fessi, meglio buttarsi in fin dei conti. E ci si ri ributta di brutto nel miasma caotico tutto distorsione, cassa dritta e voce affogata nel riverbero: Degradoli, Samurai e la già citata cover di Datemi un Martello riaccendono il disco proiettandoci sulla luna con Elvis Presley e il vero capo dei capi: Hasil Adkins, magari non il primo a formare una One Man Band ma sicuramente il primo a dargli la definizione che è giunta fino ai giorni nostri e che Mustard Rock’n’Roll sa sicuramente a mena dito e che ripropone, in tutto il suo senso compiuto, anche nella conclusiva, definitiva, vitale, disperata e SATURA, Sentirsi Inutile:
un pezzo sparato e che riassume tutto il disco e forse anche il senso di una vita che di senso forse non ne ha, come quella di chiunque;
non ci spinge dunque la vita, ogni giorno di più, verso una percezione di noi stessi in quanto sempre più inutili? Questo Mustard ce lo dice, com’è anche giusto che sia, col tatto di una trebbiatrice: senza mezzi termini, ritmo deciso, veloce, non una pausa, se non in un finale “a crollo”:
crolla il pezzo, crolla il disco, crolla il mondo, tutti allo sprofondo!
T.L. Beat Movement è un po’ più d’esperienza: pubblica cassette autoprodotte dal 2019 (anche se il suo primo EP coi Joy Toys viene datato, sul suo Bandcamp, nel 1983-cosa assai improbabile, ma vabbè) e la sua natura musicale è riconducibile al fenomeno Egg-Punk o Chain Punk o Weird Punk o come vorranno chiamarlo prossimamente i suoi protagonisti nel sincero tentativo di allontanarlo dal rischio della categorizzazione;
certo è che, T.L. Beat Movement, da un grosso contributo nel dare al genere una spinta verso altri lidi, sfruttarne le possibilità offerte per dirigerlo altrove e farne una macedonia gustosa ed eterogenea:
parte con due classiconi come JANK e Saul Got Stinky Face, veri inni Egg-Punk, insolenti, parodistici e violenti; qui la saturazione, oltre che nel livello domestico e DIY della qualità di registrazione, è acuita dal suono della drum machine, dall’effetto applicato alla voce:
un tornado che ti esplode in faccia, un suono che ti minaccia; anche comodamente seduti in casa, con lo stereo acceso e con davanti un libro, si rischia di essere aggrediti da suoni rugginosi e urticanti.
Ma il vero colpo di genio qui è come la distorsione venga utilizzata come collante universale a fronte di sortite che depistano e conducono in reami per il momento sconosciuti all’Egg-Punk: si mantiene un legame con il Post Punk chitarristico, geometrico-matematico, dei Devo ma ci si spinge anche verso l’Hip Hop;
Screen Door è un Funky bianco, prosciugato di bassi, dove la chitarra si divide tra fraseggi Post Punk e pennate di Funky minimali, mentre la voce si butta in un Rap ossessivo ed allucinante.
Stesso discorso per The Jank Beat Flo: la drum machine contribuisce a essiccare l’insieme mentre tutto si basa solo sul basso e l’onnipresente flow della voce; una dissertazione verbosa e violenta.
Due pezzi atipici nell’insieme del disco ma che non interrompono mai il flusso distorto e veloce del disco e anche quando violente bordate hardcore si frappongono (It’s 2K22 and Yall Still Call the Cops, Another Song about Narks, Stacey Is a Nark…) non si avverte mai quel senso come di “e questo cosa c’entra adesso?” ma si rimane piacevolmente sorpresi perché si guadagna la semplice consapevolezza che si sta ascoltando un disco intelligente, ben scritto e stimolante.
Una testimonianza di come l’intero movimento stia maturando e stia estendo la sua cerchia di interesse anche ad altri settori dell’underground, magari riuscendo a creare nuovi contesti e nuovi immaginari, rompendo tutti i possibili confini di genere.
Felice di sapere che si stia facendo questo semplicemente utilizzando pochi e poveri mezzi e partendo da scenari e canali prettamente autogestiti e autodeterminati.
Ho voluto parlare di questi due dischi nel solito articolo perché sono una conferma, almeno per quello che mi riguarda, di come l’underground sia riuscito a convivere coi vari stravolgimenti di Covid, Crisi economiche e diplomatiche e a creare qualcosa di nuovo ed entusiasmante; ciò dimostrerebbe, in teoria, come per sua natura, l’ambiente dell’autoproduzione riesca a sopravvivere ai pasticci umani e magari, chissà, riesca anche a creare davvero una comunità altra rispetto a quella vigente:
se ci riesce da un punto artistico perché non dovrebbe riuscirci in quello amministrativo-economico?
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