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Recensione : ONEIDA – EXPENSIVE AIR

E’ giunto a sfiorare quasi i tre decenni il percorso musicale degli Oneida, combo newyorkese attivo dal 1997 e influenzato dalla psichedelia, dal minimalismo, dal noise rock, dall’elettronica e dal krautrock, tutti elementi miscelati insieme per forgiare un sound ibrido che si potrebbe definire “prog-punk”, caratterizzato da improvvisazione, ritmi reiterati, tanto amore per l’universo analogico, collaborazioni prestigiose (Mike Watt, Flaming Lips, Lou Barlow, Portishead, Yo La Tengo, Godspeed You! Black Emperor) e il gusto per lo sperimentare performance offerte in spazi insoliti per un concerto R’N’R come i depositi di magazzino, i lofts, teatri vuoti, barche, parcheggi, musei e impianti industriali.

L’eclettico quintetto di Brooklyn (“Kid Millions” alla batteria e voce; “Bobby Matador” all’organo, chitarra, basso e voce; “Hanoi Jane” alla chitarra e al basso; Barry London ai synths e all’organo; ShahinShowtimeMotia alla chitarra) ha pubblicato, quest’anno, il suo diciassettesimo studio album ufficiale, “Expensive air“, uscito il mese scorso su Joyful noise recordings, e arrivato due anni dopo la precedente prova sulla lunga distanza “Success“.

Il disco è stato registrato nel 2023 e, a detta del gruppo, rappresenta una controparte più oscura e rumorosa rispetto al succitato “Success“, rifinendo e arrangiando gli otto brani della nuova opera con un approccio più veloce, diretto e fracassone, che fa da contraltare alla naturale consuetidine della band nel dilatare la struttura dei brani più lunghi ed elaborati (che in questo nuovo long playing lambiscono il prologo, con l’iniziale “Reason to hide“, sette minuti e mezzo di cavalcata cinematica, e l’epilogo, con gli otto minuti drone-noise atmosferico della conclusiva “Gunboats“). E così i nostri sfornano un pezzo punk rock come “La plage“, una “Stranger” che sembra ricalcare la furia ragionata degli Hüsker Dü di “Zen Arcade“, una “Here it comes” che riprende il muro di suono dei Dinosaur Jr., una “Spill” dall’incedere quasi Melvinsiano, poi fa spuntare una title track dal mood più introspettivo, che flirta con lidi jazz, e una sarabanda rock ‘n’ roll imbastardita da synth e tastiere cacofoniche in “Salt“.

I monoliti hanno lasciato (maggiore) spazio a un’urgenza compositiva più vicina al noise/punk che all’art-rock, e “Expensive air” è un altro tassello che gli Oneida – ormai un’istituzione dell’underground – vanno ad aggiungere a un prolifico mosaico, all’insegna della libertà esperessiva, che da sempre promuove un’unione multisfaccettata tra vari mondi sonori in cui convivono pacificamente velleità artistiche/artistoidi, suggestioni krautrock, jam, improvvisazioni strumentali, psichedelia, rumorismo, punk rock in-your-face, dissonanze indie/alternative rock ed echi post-hardcore. Se vi è venuto mal di testa immaginando di far incastrare in maniera sensata tutti gli elementi di questo puzzle sonico, ascoltare questo album e la musica dei nostri potrà essere d’aiuto nel farvi schiarire le idee, e il naufragar vi sarà dolce in questo caos controllato.

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