Di questi Osoka si sa francamente poco o nulla, salvo che provengono dalla Russia e che sono autori di uno sludge-doom-postmetal caliginoso e intenso come da copione.
La scarna biografia in mio possesso li colloca sulla scia di act più affermati quali Jesu, Khanate, Nadja e Halo e, sicuramente, sono rinvenibili tali affinità anche se la sensazione di fondo è che gli Osoka siano più sbilanciati verso il versante sludge e molto meno su quello drone o industrial.
Questo aspetto, non posso negarlo, me li rende sicuramente più appetibili e l’oretta scarsa di questo secondo disco autointitolato si rivela un’esperienza piacevole sia pure tutt’altro che di facile lettura.
Per nulla disposti a fare prigionieri, i ragazzi russi si presentano con una doppietta iniziale che non lascia alcun dubbio sulle loro intenzioni; venti minuti complessivi capaci di annientare qualsiasi resistenza psico-fisica, in particolare 13000 si rivela una bordata impressionate, resa ancora più ostica dalla litania vocale che si protrae per tutta la sua durata.
Ripetitivi e forse un po’ derivativi ? Vero, ma gruppi come gli Osoka, che hanno alle spalle uno substrato musicale ben diverso rispetto a quello delle band occidentali, hanno dalla loro quella marcia in più derivante dall’urgenza espressiva che si trova agli antipodi rispetto al manierismo nel quale cade, spesso, chi ha già vissuto i momenti migliori della propria carriera.
In Otec e in Mantra fa capolino qualche accenno di apertura melodica, ma nel complesso l’intero lavoro si regge su un’atmosfera straniante, accentuata dall’uso ricorrente di una voce salmodiante che è un’originale alternativa al più consueto impiego dello screaming o di altre soluzioni dall’impatto disturbante più immediato.
A conti fatti non si può che essere soddisfatti della proposta degli Osoka e non resta, quindi, da augurarsi che questo loro album sia solo una tappa di un percorso musicale dalle interessanti prospettive.
Tracklist:
1. Illjuzija Mertva
2. 13000
3. Klassiki
4. Otec
5. Osvobozhdenie
6. Mantra
7. Reka