I Pamplemousse sono in due – Nicolas Magi alla chitarra e voce e Sarah Lenormand alla batteria e ai cori – e vengono da La Réunion, un’isoletta situata a sud-ovest dell’Oceano Indiano, al largo del Madagascar per intenderci, in pieno territorio francese (è uno dei cinque «dipartimenti e regioni d’oltremare», eredità coloniale). La band nasce nel 2017 e giunge oggi al traguardo del terzo disco, pubblicato – così come gli altri due – dalla benemerita etichetta francese A Tant Rêver du Roi, casa accogliente per band alternative, post hardcore, garage, noise e sperimentali (Blacklisters, Ulan Bator, Die! Die! Die!, Dewaere, giusto per citare i nomi che conosco) che raramente guadagnano il fascio di luce dei riflettori. I Pamplemousse entrano di diritto e a buon titolo in questo filone dai decisi sapori anni novanta, scalfendolo con la grazia di uno scalpellino ubriaco e senza accampare grandi pretese futuristiche.
Provando a schivare i paragoni che ci vengono forniti dalla cartella stampa, possiamo dire che Think of It è un disco noise rock in bianco e nero, analogico fin dalla coperta, costruito su fondamenta di accordi in minore, riff fuzzosi che si avvolgono e si svolgono in continuazione come quelli di chi sapete voi, accompagnati da un battito preciso e minimale, che dà un solido contributo a sostenere l’architettura e dare groove alla materia. E tuttavia il disco non è uno spoglio e monotono paesaggio invernale, pur non mancando di inflessioni decisamente oscure (Mexican Boy). Le spennellate di colore si fanno spazio, richiedono attenzione: si presti l’orecchio all’indie rock irresistibile di One Million Doors, al punk rock grezzo, rumorista ma in fondo melodico di Vicious Mind, al rock svogliato di Cactus, ai riverberi psichedelici che rendono evanescente La Ballade de Steve.
Rispetto ai lavori precedenti ci sono differenze non grandissime ma comunque sensibili. Fino al 2021 i Pamplemousse erano un trio, avevano anche un bassista cioè, e la mancanza dello strumento si sente. High Strung, il disco precedente, è uno di quei dischi indie rock tipici della metà degli anni Novanta, che ti saltano subito al collo. Il basso era roccioso, sinuoso e tendente al dub come quello di chi sapete voi: l’inchino era evidente. Think of It è ancora graffiante ma è più rilassato. Quel che hanno perso in potenza, poi, l’hanno acquistato in freschezza e personalità. L’approccio alla materia, quale che sia quella prescelta, è quello di una garage band dei Pebbles, di chi ha voglia di suonare e registrare per il solo gusto e l’urgenza di farlo, o perché «finalmente i pezzi ce li abbiamo, dai, chiamiamo coso [Peter Deimel, ndr] e registriamo sto disco». È una nota positiva, spero che si senta.
Pamplemousse
Tracklist:
1. Mexican Boy
2. Empty Pool
3. Derry, Maine
4. One Million Doors
5. Fat Hollywood
6. Vicious Mind
7. Cactus
8. I’m Not Dietsch
9. La Ballade de Steve
Pamplemousse
ATRDR