A poco più di due anni da un album riuscito come Closer to God ritornano i Pantheïst di Kostas Panagiotou con un ep contenente una canzone inedita, oltre ad altre tre tracce registrate nel corso dell’Organic Doom Vol.1, evento tenutosi ad Huddersfield lo scorso anno. Il nuovo brano, che dà il titolo all’opera, si intitola Kings Must Die e, come si può intuire, affronta per la prima volta tematiche politiche e sociali, differentemente rispetto a quanto fatto in passato non solo dai Pantheïst bensì da gran parte delle band funeral e death doom, normalmente più orientate a scavare la sfera intima dell’individuo.
Nonostante un titolo apparentemente molto diretto, ovviamente Kostas non invoca la decapitazione di re e regine ma semplicemente ci induce a riflettere sull’anacronismo di un’istituzione che ha per lo più un carattere esclusivamente rappresentativo e questo, a maggior ragione, fa balzare all’occhio la dicotomia tra l’ostentazione dello sfarzo dei regnanti e la povertà e la disperazione che affliggono ormai buona parte degli abitanti del pianeta. Questa presa di posizione appare tanto più importante in quanto proviene da un musicista che, pur non essendo di origine britannica, vive ormai da moltissimi anni nel Regno Unito, paese in cui più che in altri le figure appartenenti alla casa reale godono di un’attenzione quasi maniacale in nome di una radicata tradizione.
Al di là di tutto questo il brano è davvero splendido ed evocativo, dall’incedere vario e arricchito dal ricorso alle voci di Jake Harding e Linda Dumitru e alla chitarra solista di Jeremy Lewis; oltre ad essere un piacere per le orecchie è possibile anche abbinare all’ascolto il bel video a cui si può accedere dal link in calce all’articolo. Benché ovviamente sia la canzone inedita il fulcro del lavoro, ciò che resta non è certo di secondo piano: infatti, i tre brani registrati dal vivo sono altrettanto avvincenti e consentono di fotografare l’attività e l’evoluzione stilistica dei Pantheïst nel corso di una storia ultraventennale; la breve intro 1000 Years rappresenta cronologicamente la prima testimonianza discografica della band, trattandosi dell’opener del demo omonimo pubblicato nel 2001, la successiva O Solitude è la formidabile title track del seminale full lenght risalente al 2003 e Strange Times equivale di fatto alla prima metà del più recente Closer To God.
Con questa uscita Kostas Panagiotou riporta all’attenzione degli appassionati la sua band principale in cui fa confluire tutto il talento e la versatilità che lo rendono uno dei musicisti più stimati della scena doom mondiale, come testimonia anche la sua frequente partecipazione a progetti altrui con ruoli tutt’altro che marginali (Aphonic Threnody, Clouds, Arð, Mesmur, solo per citarne alcuni); ciò che fa la differenza anche stavolta è la voglia di progredire e ricercare soluzioni nuove e stimolanti, senza soggiacere ai vincoli e agli stilemi dei diversi generi musicali.
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