L’una tra i soli è un libriccino composto da sette racconti brevi, che insieme costituiscono verosimilmente un quadro della giornata tipo di uno stesso protagonista. Lo scenario è un poco claustrofobico ma mai angosciante: tutto, nell’appartamento del protagonista, possiede un suo perché, una sua promessa di confortevole solidità.
Ogni oggetto ha un valore; sia per il protagonista, immerso in un mondo che necessita di cose superflue, sia, soprattutto, per lo scrittore, che prova un gusto quasi feticistico nel nominare ogni oggetto che finisce nell’inquadratura. L’oggetto esiste perché occupa uno spazio e perché possiede un nome. Questa filosofia del linguaggio mi ha ricordato da una parte Gadda e il suo grasso mondo di parole, dall’altra alcuni autori decadenti innamorati delle cose (qualcuno ha detto Huysmans?). Ma quella di Ciafardone è una scrittura che né scade in un inutile autocompiacimento né si riduce a un mero gioco d’elencazione; è una scrittura pacata che scorre lenta come le giornate del protagonista.
Dall’appartamento si passa al supermercato, ma non cambia nulla: l’uomo, invece che interagire con le persone, si lascia trascinare dai ricordi e dal confronto-scontro tra i sensi; la conclusiva passeggiata notturna ribadisce ulteriormente questo ripiegamento in sé stesso.
Il desiderio di un contatto umano non è sparito del tutto, ma è appunto un desiderio, un’ombra. La compagnia si cerca nelle chat-room perché nel mondo digitale l’uomo non ha più valore degli oggetti che lo circondano.
Tutto bello, a parte il promovideo del libro su Youtube: ma lo si perdona.
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