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Recensione : Penya – Super Liminal

Afro-latin elettronico da Londra. I Penya sono ensemble che si distingue significatamente per le percussioni, i ritmi ballabili, e certa propulsione sonica che interroga tradizione e suoni futuristi, interessati dal filo della liminalità, ossia dallo smarrimento che si verifica durante le pratiche rituali.

Penya – Super Liminal

Una pagina differente viene ad aprirsi muovendo all’ascolto della musica dei Penya, band londinese di recente formazione, ed esattamente del loro ultimo sforzo di lunga durata intitolato “Super Liminal”, il quale comprende circa 35 minuti di musica afro-latin che fonda le proprie ricerche sulla sintesi di elementi riguardanti le percussioni, il canto, le impro del trombone di Viva Msimang e le varie interazioni con l’elettronica, trascendendo in un genere sperimentale e colto, raggiunto da variopinte suggestioni che si intersecano felicemente ponendo di volta in volta in rilievo le parti melodiche d’insieme.
Le canzoni non sono immediate da recepire, grazie agli ipnotici groovescapes della band, ma appena si prende confidenza con esse si viene ad accrescere il personale gusto, consapevoli di aver interiorizzato qualcosa di nuovo.

1) “Search It Out (Reboot)”. La baldoria di percussioni è tappeto sonoro incisivo nell’afflato corale emesso dalla bellissima voce che concede un punto di vista melodico vertice della track; gli aggiuntivi campi elettronici amplificati sono lunghe folate splendenti.

 

2) “Iyesa”. La sottile melodia evade dalla ‘mbira’ magica precedendo il canto in veste afro, il tamburellare non lascia statico l’ascolto e l’intreccio di voci animano e donano generosamente. Si propaga una fusione di elementi sonori sorretti da piani crescenti di toni elettronici e cori, su cui trasparirà il fascinoso assolo di trombone. Spettacolare musica, ci trattiene attoniti sino all’avvenuto tramonto tropicale.

3) “Why So Angry (feat Daisho)”. La circolarità dei timbri fa rizzare le orecchie, siamo vigili nella savana, l’ipnotico pungola lo sbattimento; prende piede una sorta di beat lounge che proietta immagini avant-afro: le voci e gli incalzi degli elementi a percussione creano due pattern veloci. Straniante l’effettistica elettronica; dal marasma sonico nascono danze sublimi.

4) “Karachi (what could of been)”. Indomabile, riflessiva, inusuale track zeppa di tribalismi; l’esperienza elettronica nuova e naturale per la band fluisce sorprendente, il trand ritmato dei tamburi e l’inserimento della tastiera sintetizzata condiscono il lavoro presso cui si affastellano cori potenti e dolci.

5) “Cham Bomb” è caratterizzato dalla stupefacente schiettezza della sezione vocale, dal ritmo che richiama al ballo e dai cambi di esso, nuovi, vividi, africani. Nella song il tempo è segnato dal battere delle mani sulle superfici da percuotere, tastando variazioni di confine prossime alla psichedelia. Seducenti le voci che marcatamente nella gazzarra del minuto finale crogiolano, peccato per così limitato tempo.

6) “Beat Your Demon” è pezzo complesso che unisce corporeità ad un uso della componente vocale in maniera vagamente sperimentale, avvolto in tropicalità cubo-africane: a tratti funk oscuro e song da world music. Armonizzato dalle melodie risultanti dal battito disegnato delle figure ritmiche, dal basso e dalle seducenti vocals latine y anglofone. Il trombone si fa immortalare tra maracas e congas, finendo in un rimando di percussioni artificiali ed acustiche attraversate dalla voce che strania.

7) “Tribes” concentra un’afro psichedelia DUB mantenendo costante la scansione ritmica per il primo minuto; intorno al 2° minuto si entra in trance evocativa; dance and pop up si aprono sul corridoio del ritmo ammaliante riportando alla memoria la “Electrica Salsa” degli Off del DJ Sven Väth…

8) Si chiude con il trombone di “Rootless (pt. 2)” che valente pensa un’alba nascente; la percussione seguente richiama la scena musicata conclusiva del film “Il pianeta delle scimmie” poco prima che Heston/Taylor incontri la statua della libertà insabbiata a mezzo busto; scatta poi un orologio che scandisce il tempo e Lilli, sdoppiata in una Miriam Makeba stile PATA PATA, allieta notevolmente. Siamo circondati da strumenti merlettati di martelletti sonanti, più basso e congas, creando un’illusione latin che rinsalda il Golfo di Guinea al Nordeste brasiliano

Magnus PI: percussionista di mestiere i cui viaggi in terre lontane (Cuba, Turchia, Marocco, Perù, Tanzania e India) sono stati funzionali alla formazione professionale. Nei concerti dal vivo gestisce l’elettronica tramite un rig di Abelton, suona una Nord Drum e un Arturia Microbrute, oltre ad una Telecaster provvista di effetti ed è voce di supporto. E’ il produttore di “Superliminal”.
Jim le M: batterista di Bata nella band, suona di regola tamburi di origine nigeriana utilizzati a Cuba per le cerimonie religiose; le sue in particolare sono fatte di legno – senza pelli di animali – conferendo un suono secco come quello del Cajon. Invece i tamburi sono provvisti di trigger elettronici all’interno, modifiche capaci di farli suonare con sonorità miste. Anche lui partecipa ai cori.
Lilli Elina: canta, suona il basso e le percussioni. In un certo senso vi si è imbattuta in queste specifiche, poiché di base suona solo tastiere e percussioni.
Viva Msimang: da fiato al trombone e ai cori, ma con i Penya suona anche il Bendir, lo Shekere e il Caxixi.
Il trombone suonato tramite effetti analogici è diventato una caratteristica del Penya sound e lei sta approntando una personale pedaliera in cui sguazzare tra una miriade di sfumature di timbri, dedita soprattutto all’esplorazione di paesaggi sonori improvvisati.

I membri del gruppo hanno prevalentemente una formazione scolastica ma ovviamente si sono affinati frequentando la scena locale. Jim in particolare è legato al proficuo periodo dei nineties, dove suonare uno a fianco dell’altro ti permetteva di imparare e rubare molto con gli occhi, tirando fuori il meglio di te stesso, tanto era fertile e stimolante lo scambio tra musicisti.

Suonando esclusivamente strumenti acustici, i Penya si sono avvicinati all’esperienza elettronica avendo a che fare con i primi produttori dei loro lavori su cassetta; specialmente Magnus è rimasto coinvolto in quello che era suo desiderio, battezzare una propria band elettronica, misurandosi direttamente con i primi semplici synth e poi ampliando le competenze che si sono estese agli altri membri della band: essi hanno implementato i loro strumenti con componenti elettronici, non solo, ma collettivamente rivestono nella band altri ruoli, trovando terreno ideale per alimentare una propulsiva inventiva.
Ed infatti il loro entusiasmo è spinto alle stelle e non vedono l’ora di contagiarci suonando dal vivo nelle nostre città. Io me li sono persi a Roma. Sob!

 

ETICHETTA: On The Corner Records

TRACKLIST
1. Search It Out (Reboot) 04:44
2. Iyesa 05:05
3. Why So Angry (feat Daisho) 04:11
4. Karachi (what could of been) 03:26
5. Cham Bomb 04:19
6. Beat Your Demon 04:19
7. Tribes 04:14
8. Rootless (part 2) 04:20

LINE-UP
Magnus PI – percussions, synth
Lilli Elina – vocal, bass, percussions
Jim le M – drums, percussions
Viva Msimang – trombone

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