Qualcuno potrebbe asserire che, se non si fosse già addetti ai lavori, il rapportarsi al jazz significherebbe mettersi quasi in posizione di elitarismo rispetto al rock, tranne nel caso in cui tutto quanto il discorso non venga deflagrato da persone come James Chance, Zappa, o il Davis di In A SIlent Way, in un qualche modo pure Albert Ayler.
Nell’omonimo disco in oggetto, riedizione dell’LP “Verde Machu Picchu” registrato in italia nel 1987, i Perujazz proponevano un fusion concreto eppure a tratti sbavato, quasi psycho. jazz-rock dai ritmi regolari e però con un sax riverberato, anarchico come una zanzara equatoriale con le cosce di Jessica Rabbit che non ci molla nemmeno per un istante, che tortura con suoni avviluppanti, bollenti, insinuanti. Esser sospinti nel bel mezzo di una serata in un’osteria a Lima in compagnia d’un bel bicchiere è quel che ci si potrebbe aspettare da un disco di questo tipo, va bene, ma Salon De Baille in apertura scarica giù un jazz-dancehall propulso da un basso fretless fluido e volubile che ricorda Mick Karn piuttosto che La Vida Es Un Carnaval, ed il virtuosismo quadrato degli esecutori rende la suite d’apertura una cavalcata di samba piuttosto inusuale. La traccia Azimut suona slegata e sculettante come una serata al Coco Bongo, forse la più auspicabile; Chincha Saudita è un lamento d’ubriaco in spiaggia invocante la donna amata, dai ritmi pigri e serrati che più che ballabili sono crogiolanti, impastati, trascinati come un asciugamano fradicio per la spiaggia.
El Origen Del Huayno è il cupo traino del disco, colossale viaggio mentale per le rive del Rio sferzato dal sax urbano e sibillino, tanto ambivalente nel dipingere le foreste e i vicoli malfamati delle città come virtuosistico nel tesser trame a braccetto col basso, sempre elegantemente dinoccolato e spastico nei tentativi alternati d’imporsi piuttosto che seguire le percussioni.
Tutto quanto erompe quasi mai banalmente cromatico ma pittoresco ed evocativo, stolido fra le isterie di cassa, rullante e piatti pestati in crescendo repentino come in preda alla sindrome di Tourette (Ostinato).
Dall’LP si evince che i Perujazz, a loro tempo, bruciarono le tappe approdando in studio ben rodati, volando ogni istintivismo a favore di un fusion psichedelico più studiato che naif, ma consegnando un lavoro da professionisti che li fece addirittura arrivare in diretta Rai; considerando quest’ultimo elemento ci sarebbe da speculare sul salto di qualità rispetto al regime Alvarado, ma tant’è. Bravi ragazzi.
TRACKLIST
1.Salón de baile
2.Azimut
3.Chincha Saudita
4.El origen del huayno
5.Ostinato
LINE-UP
Manongo Mujica – batteria, percussioni
Jean Pierre Magnet – sax tenore
Julio “Chocolate” Algendones – percussioni
Enrique Luna – basso elettrico