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Recensione : Platinum Crack – Rankliving Ep – Autoproduzione, 2021

Sarà anche che no, ma a me pare che Platinum Crack sia un po’ espressione dei tempi che, amo pensare, saranno:

un punk confinato tra le mura domestiche che, anziché mummificarsi mentre inforna una pagnotta, si mette al computer e con un’elettronica che, più che i grandi nomi del genere, pare ricordare i commenti musicali a videogiochi compatibili con i vecchi Commodore 64, Amiga, Sega e Gameboy:

resti di modernità ridotti a fossili dimenticati sotto pile di immondizia, consumismo ormai consumato nella ricerca di un innovazione sempre più innovazione ma che si esaurisce nel tempo di un cerino o anche meno.

Platinum Crack attua una ricerca, riesuma, ricorda, rielabora e da vita a un’opera:

dall’immondizia del Capitale mette insieme un collage, ne fa artefatto, si cimenta, con le memorie di prodotti messi insieme da un lavoro a catena, alienante e nel culto del feticcio, in un’operazione che, come risultato ultimo, ha solo creatività.

Quello che è stato lavoro produttivo ora è creativo.

Si torna quindi indietro nel tempo? Che l’artigianato, svilito a livello di produzione a catena, ora torni viva materia plasmata con mani ed intelletto? Cambiano i materiali, cambiano gli obiettivi, ma non cambiano le procedure.

Platinum Crack si cimenta proprio con mano artigiana in questo EP:

Si inserisce il gettone, per riempire il tempo in una giornata di pioggia, in questo presente insulso, e sono i personaggi del videogame a scegliere te: tu non scegli più niente…

parte About To Flip e ti ritrovi, improvvisamente, in un ambiente bi-dimensionale, costretto ad affrontare mostri moderni col corpo di SARS Cov 2 e la testa di Bolsonaro.

L’atmosfera si fa pesante e, in un Castlevania post moderno, Not a Robot ti pone di fronte ad un quartiere punk retro-furistico.

Cosa succede? Cosa sono questi sussurri sinistri sotto sembianze di sogno-saetta?

Sono i fantasmi dei teppisti di Double Dragon a raccontarti, da un microfono rotto, una novella alla Burroughs, per poi sfracellarsi in un inferno di circuiti rotti: Robo Underground è questo, ne più ne meno.

Mario e Luigi, vestiti da chirurghi, ti corrono dietro nel nobile intento di vivisezionarti mentre sotto attacca Waste My Time, un pezzo dalla voce effettata e disordinata.

Introdotto da una drum machine distorta, ecco un synth naif: ultrasuoni disturbano le frequenze, si aggiunge un ostinato sempre di synth, poi si sottrae, riparte la voce, finisce il pezzo e finisce anche al mondo che ti circonda.

Dalle sue macerie risorgono suoni elettrici mandati in saturazione che introducono a Walking Disease (il virus, un omaggio del vecchio mondo ai sopravvissuti), 

la filastrocca che mette insieme Devo, Wolf Eyes, i Descendents di I Don’t Wanna Grow Up e un sentore da fine definitiva…

la respirazione si attenua, ti senti soffocare, ti accasci, la musica si spegne all’improvviso.

GAME OVER
INSERT COIN AND PRESS START TO CONTINUE

Platinum Crack fa quello che, appunto, facevano i vecchi artigiani:

ricodifica linguaggi comuni, appartenenti al passato prossimo o remoto, li dispone invertendone le sillabe a seconda di quello che intende rappresentare e agisce, non un tocco di più, non uno di meno, ispirazione, attuazione, ferma decisione, conclusione=Arte.

PLATiNUM CRACK-RANKLiViNG EP- Autoproduzione, 2021

 

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